La verità nascosta nel ghiaccio antico ci rivelerà il passato per salvare il futuro
La ricerca compiuta dall’Università britannica di York, coordinata da Kelly Redeker (nella foto a lato), compiuta sui gas atmosferici rinchiusi negli strati di ghiaccio dell’Artico e dell’Antartide, ha scoperto l’esistenza di batteri finora sconosciuti.
La ricerca, pubblicata sulla rivista Journal of the Royal Society Interface, ha molta importanza anche perché permette di riconsiderare i criteri di giudizio del rapporto tra la vita e il clima sulla Terra e di prefigurare le condizioni di forme viventi su altri pianeti. Secondo professoressa Redeker “la scoperta permette di ampliare gli orizzonti quando pensiamo a quali pianeti potrebbero ospitare la vita”.
Lo studio britannico conferma che i ghiacci sono il vero archivio della storia del clima del passato perché contengono le bolle d’aria risalenti al momento della loro formazione: uno stato che consente di raccogliere le informazioni climatiche – ambientali del passato con le quali migliorare le previsioni sullo sviluppo del clima del futuro. Kelly Redeker afferma che “l’attività metabolica dei batteri potrebbe aver aumentato i livelli di anidride carbonica nelle sacche d’aria intrappolate nei ghiacci polari: un aspetto che indica che prima dell’attività umana i livelli di CO2 erano più bassi di quel che si pensava”. Per questo, termina la ricercatrice, l’impatto delle attività umane sul clima sembra essere stato maggiore di quel che gli esperti pensavano.
Ice Memory per le generazioni future
I ghiacci contengono, quindi, informazioni basilari per la nostra sopravvivenza. Uno studio fondamentale di conoscenza e prevenzione della nostra specie e del pianeta, che riguarderà anche le generazioni future. Per questo la scienza è all’opera per salvaguardare le carote estratte dai ghiacciai la cui esistenza è minacciata dal riscaldamento globale. Il progetto Ice Memory ,nato nel 2015, grazie ai paleo – climatologi Carlo Barbante e Jérome Chappellaz si occupa, infatti, della realizzazione sia di un’Arca di Noè di carote di ghiaccio (conservate nella grotta scavata nella base Concordia) sia di una banca dati (che dovrebbe essere pronta nel 2019) contenente tutte le informazioni acquisite, che saranno a disposizione della comunità scientifica.
Nel frattempo a Little DomeC si va alla ricerca del ghiaccio più antico
A Little DomeC in Antartide, il 19 dicembre 2017, è partita la seconda fase della missione Beyond Epica Oldest Ice: progetto triennale che vede coinvolti glaciologi e climatologi di 10 paesi europei, con un contribuito dell’UE di 2,2 milioni di euro.
Scopo della missione è individuare un sito di perforazione che permetta di raggiungere e analizzare le carote di ghiaccio di oltre un milione e mezzo di anni fa.
Il primo anno della ricerca è stato assorbito dalla ricognizione del sito ottimale, individuato in un’area dell’Antartide denominata Little DomeC, situata a circa 40 chilometri a sud ovest dalla stazione italo-francese Concordia.
La seconda fase, appena iniziata, vedrà gli scienziati impegnati nella ricerca del punto ottimale di carotaggio nell’area identificata. Un’indagine realizzata attraverso l’analisi del fondo roccioso sottostante la calotta di ghiaccio, realizzata, come si legge sul sito italianantartide.it “con indagini geofisiche, radar e GPS, che termineranno con una perforazione veloce (RAID) a 600 metri di profondità”. Perché, spiega Massimo Frezzotti dell’ENEA coordinatore dell’attività di ricognizione, “per lo studio la scelta del punto esatto di carotaggio è fondamentale, perché più si va in profondità più la stratificazione del ghiaccio diventa densa e sottile al punto da essere soggetta a deformazione causata dai processi di dinamica glaciale e risulta più difficile da studiare”. Ma, soprattutto, aggiunge il ricercatore italiano “andando in profondità l’arco temporale racchiuso in pochi centimetri di ghiaccio” si espande: si passa da “2 centimetri di ghiaccio per anno nello strato superficiale, fino ai 10 -15 mila anni per metro di ghiaccio alla profondità di 2500 metri”. Conclusa la fase preliminare, è prevista nel 2020 l’inizio della vera e propria perforazione che dovrebbe terminare nel 2025.
La missione rientra nel Programma Horizon 2020 Beyond EPICA Oldest Ice Project (BE-OI). Si avvale della sistemazione logistica della base permanente Concordia (Antartide), cogestiva dall’ENA (Ente per le Nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente) e dall’IPEV (Institut polaire français Paul Émile Victor). Il team europeo (nella foto a lato) è composto da Massimo Frezzotti e Saverio Panichi (ENEA), Michele Scalet (PNRA), Rob Mulvaney e Julius Rix (British Antarctic Survey), Catherine Ritz (Centre National de la Recherche Scientifique).
Il 19 dicembre 2017 Massimo Frezzotti e il britannico Rob Maulvaney, nel dare il via alla seconda fase della missione, hanno issato la bandiera della comunità europea a Little DomeC. Chissà se in quel momento Maulvaney esprimeva un’no’ sonoro alla Brexit, mentre pensava che prima della fine della missione il suo Paese, il Regno Unito, sarà fuori dall’Unione. Chissà… ma questa è un’altra storia.
Foto di copertina e terza dal basso: di Marco Buttu, elaborazione grafica di Pietro Angelo Cavoli. Da italiantartide.it