Al Polo sud. Ricerca sulle intense precipitazioni nevose e il livello dei mari

In Antartide per studiare gli archivi climatici e stimare l’aumento del livello dei mari.

È già noto – e ampiamente comprovato dalla comunità scientifica – il rapido scioglimento della calotta polare soprattutto nelle zone costiere, un fenomeno che comporta una delle principali incognite del riscaldamento globale nella regione e, di conseguenza, nel resto del mondo.

Una delle ipotesi, formulata attraverso i modelli di circolazione atmosferica, ritiene che l’aumento della temperatura potrebbe causare nella regione precipitazioni nevose più intense. Se tale supposizione si rivelasse certa, lo scioglimento della calotta glaciale sarebbe minore e, di conseguenza, anche l’innalzamento del livello dei mari.

Per valutare tale ipotesi dal 5 dicembre 2019 al 25 gennaio 2020, la spedizione scientifica EAIIST – composta da scienziati italiani, francesi e australiani – esplora una delle parti più sconosciute e inospitali della terra, con temperature che scendono fino a -45° C., percorrendo in totale 1318 chilometri (ma 4000 se si considera lo spostamento dei mezzi dalla costa), con un ritmo di 8km/h.

Procedendo per  tappe, a ogni sosta gli scienziati prelevano campioni di neve e carote di ghiaccio – per studiarne la sovrapposizione dei vari strati di neve – e installano strumenti automatizzati per registrare l’andamento stagionali del ghiaccio e delle precipitazioni dei luoghi percorsi: una raccolta dati che va a integrarsi con quelli rilevati dal satellite ed elaborati dagli studi di laboratorio.

La regione che attraversano è a meta strada tra la stazione Concordia e il Polo Sud, dove, per le precipitazioni limitate, si trovano  singolari formazioni dette megadune, dal manto vetroso, invisibili a occhio nudo ma riscontrabili attraverso il satellite.  Sono zone con caratteristiche analoghe a quelle esistenti durante le epoche glaciali, quando le precipitazioni stentavano  rispetto alle epoche più calde: comprenderne la formazione e osservare come registrano la composizione dell’atmosfera è fondamentale per decifrare i dati delle carote di ghiaccio che formano gli archivi climatici.

L’equipaggio è composto da 10 persone; oltre gli scienziati sono circa 40 i ricercatori provenienti dai laboratori italiani, francesi ed australiani che lavorano sui dati raccolti. Il direttore del progetto è  Joël Savarino del CNRS (Centre national de la recherche scientifique) mentre il responsabile del progetto per l’Italia e Barbara Stenni, professoressa dell’Università Ca’ Foscari Venezia sul campo insieme ad Andrea Spolaor (CNR-ISP) e Graziano Larocca (INGV) e ai colleghi dell’Università Grenoble Alpes.

La spedizione è stata organizzata dall’Istituto Polare Francese (IPEV) con la collaborazione del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide (PNRA) e coordinato dal CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) per le attività scientifiche e dall’ENEA (Agenzia Nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) per l’attuazione operativa delle spedizioni.
I finanziamenti franco-italiani: dell’Agence nationale de la recherche,  Fondation BNP Paribas,  del PNRA, e del MIUR (Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca).

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