La COP non funziona più. Ecco la formula per cambiarla

L’OPEC, l’organizzazione che riunisce 13 Paesi produttori di petrolio, dopo aver letto la bozza della COP28 (il vertice sul clima delle Nazioni Unite in corso a Dubai) che parlava dell’eliminazione delle fonti fossili, ha scritto una lettera per chiedere agli Stati petroliferi di rifiutare qualsiasi accordo prefiguri l’uscita, se pur graduale, dal mercato energetico di petrolio, gas e carbone che sono i principali attori del surriscaldamento climatico e dei danni conseguenti, ormai verificabili in tutto il globo.

Non andiamo in silenzio verso le nostre tombe

Conosciamo la reazione dell’Unione Europea, attraverso il commento della sua rappresentante a Dubai, la ministra alla Transizione ecologica del governo spagnolo, Teresa Ribera Rodríguez, che non ha esitato a definire la richiesta dell’OPEC “disgustosa” precisando che “non andremo in silenzio nelle nostre tombe”.

Con i 27 Paesi dell’Unione i 79 membri dell’Organizzazione degli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (Oacps), nei giorni scorsi sono stati gli autori di una dichiarazione congiunta con la quale oltre a riaffermare “l’impegno ad attuare l’Accordo di Parigi”, hanno chiesto “un’azione accelerata per il clima e una transizione giusta che non lasci indietro nessuno”, riferendosi della realizzazione dell’Agenda 2030.

Secondo Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente nel governo Meloni, “sarebbe da stupirsi se l’Opec non tutelasse i propri interessi” spetta alla “valutazione complessiva del Vertice – conclude – dare un percorso che è quello della decarbonizzazione”.

Ma la situazione non è così ovvia come la giudica il nostro ministro. Intanto nella bozza odierna della COP  non appare più la parola “eliminazione” ma diminuzione dell’uso dei combustibili fossili (per la disperazione delle popolazioni del Pacifico che rischiano di essere inghiottite dall’innalzamento delle acque), ma soprattutto andrebbe preso atto della vanità attuale dell’organizzazione COP.

Futili i risultati delle ultime edizioni al contrasto del cambiamento climatico, nonostante sia principalmente il suo panel scientifico, l’ IPCC, ad aver iniziato il conto alla rovescia del surriscaldamento globale verso il punto di non ritorno per la sopravvivenza umana.

Il progresso letargico di un ente ossimoro

Dopo gli ormai famosi Accordi di Parigi del 2015 (faticosamente raggiungi), i 197 Paesi dell’ONU non riescono più a sancire un piano comune e condiviso. Uno stato di fatto che ha portato alla stesura di un’altra lettera, questa volta aperta, scritta dal Club di Roma sotto la presidenza di Sandrine Dixson-Declève, indirizzata al Vertice ormai afflitto dal “progresso letargico in contrasto con la scienza del clima” e che necessita, dunque, di una riforma affinché “si passi dai negoziati alla realizzazione”.

Un vertice trasformato in una “fiera” se non in un “circo”, ha dichiarato  Dixson-Declève in una intervista a Skytg24.

Con più lobbysti che scienziati  è un ente ossimoro che  deve recuperare la sua identità e colmare il “divario tra scienza e azione, evitando che le crisi attuali ritardino il progresso. e consentire il raggiungimento sicuro degli impegni climatici globali”.

“La struttura della COP basata sul consenso è predisposta a progressi incrementali: ci sono voluti 6 anni da Copenaghen/COP15 a Parigi/COP21, e poi altri 6 anni fino a Glasgow/COP26 per progressi sull’articolo 6, e 7 anni da Parigi/COP21 a Sharm El -Sheikh/COP27 per i progressi in materia di perdite e danni – si legge nella lettera-. Nel frattempo, le emissioni globali e le temperature continuano ad aumentare e gli estremi climatici si verificano più frequentemente e con maggiore gravità del previsto”.

Una COP a prova di futuro. Riformare l’organizzazione dei negoziati

“Il successo dell’attuazione richiede una riforma del processo COP, incentrata sulla trasformazione delle riunioni COP da negoziati chiusi di dichiarazioni annuali, documenti di “accordo” e testi legali, a piattaforme multilaterali per l’attuazione, la responsabilità, la finanza e lo scambio di esperienze/lezioni” riprendiamo dalla lettera che elenca i punti essenziali per rendere il Vertice efficiente nell’evitare “i pericolosi cambiamenti climatici attraverso la realizzazione dell’Accordo di Parigi. Per “accelerare e portare le trasformazioni verso una riduzione delle emissioni globali del 50% entro il 2030 e giungere a un mondo “libero” dai combustibili fossili entro il 2050.

L’attuale formula del consensus (l’accettazione delle iniziative soltanto per approvazione unanime dei Paesi partecipanti, il veto soltanto di uno può far saltare gli accordi), dovrebbe essere sostituita con una super – maggioranza  formata dal 75% degli Stati membri

Una riforma che implica vari passaggi (v. qui, il testo integrale tradotto in italiano) di trasformazione in riunioni COP annuali piccole, integrate da riunioni intersessionali più frequenti che si concentrino su risultati mirati, garantendo al tempo stesso un’ampia base di coinvolgimento di più parti interessate”.

Nella conclusione i redattori della lettera esortano “le Nazioni Unite a mettere i risultati al centro dei vertici COP e ci impegniamo ad aiutare e sostenere tale processo di riforma per garantire una Terra sostenibile, equa e sana per tutti”.

Discutibili (per alcuni) i modi, ma non i contenuti

Si può non essere d’accordo con le iniziative di protesta degli ecoattivisti, ma non con i loro contenuti, che da tempo denunciano il fallimento delle COP e l’inazione climatica dei politici: ultima volta lo scorso 9 dicembre.

Il testo definitivo della COP28

Il 13 dicembre 2023, dopo l’ultima notte di negoziati, i Paesi partecipanti alla COP28 hanno raggiunto il consenso sul testo preparato dagli Emirati Arabi Uniti che induce ad avviare una “transizione dai combustibili fossili” entro il 2050, al posto dell’iniziale “eliminazione graduale” dei fossili mai accettata, dicevamo, dai Paesi del petrolio.

Per Sultan Al Jaber, sono state “gettate le basi per realizzare un cambiamento”.  Effettivamente si è raggiunta l’intensa nella menzione di tutti i combustibili fossili: petrolio, gas e carbone. Ma la definizione finale ci appare vaga e di ampia (libera?) interpretazione nella suoi propositi reali e nella sua attuazione.

Quella parte dei 197 Stati sopra menzionati (esclusa l’Unione europea che si è dichiarata soddisfatta) e parte degli ambientalisti, si dichiarano ancora una volta delusi dalla Conferenza ONU. I Paesi del Pacifico molto preoccupati.

Rispetto all’obiettivo principale di mettere in pratica l’Accordo di Parigi del 2015  (mantenere l’aumento della temperatura globale entro un massimo di +1,5 gradi, idealmente entro il 2050), anche la COP28, come le precedenti (e come previsto) ha fallito.

 

 

Immagine: Sandrine Dixson-Declève, presidente del Club di Roma – by Linked in

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