In nome del volto umano della tecnologia: robot e umani

In Giappone i robot saranno presto a disposizione di disabili con gravi difficoltà motorie, dando loro la possibilità di lavorare.  Un bar nipponico assumerà persone con difficoltà nei movimenti che in remoto, con tablet o computer, attraverso la connessione Internet trasmetteranno i comandi ai camerieri-robot  dotati  di input di tracciamento oculare che li rendono adatti anche alle persone affette da SLA (sclerosi laterale amiotrofica)  in stato avanzato.

Il bar sarà inaugurato, nella fase sperimentale, dal 26 novembre al 7 dicembre 2018, con l’obiettivo di farne un impiego permanente entro il 2019.

La caffetteria rientra nel vasto progetto d’inclusione organizzato, tra gli altri, da Masatane Muto, affetto da una grave forma di atrofia muscolare, e dall’azienda sviluppatrice e produttrice di robot Ory Laboratory.

Quando Muto affermò che “tutti dovrebbero avere la libertà di lavorare nel modo che preferiscono” prontamente gli rispose Kentaro Yoshifuji, amministratore delegato della Ory, con l’intenzione di “creare un mondo in cui persone che non possono spostare i loro corpi, hanno la possibilità di lavorare”.

Ed ecco la produzione dei robot camerieri, alti quanto un bambino (superano di poco il metro) pronti a servire i clienti secondo le istruzioni che riceveranno dagli umani.  Altri robot ancora più piccoli (22,5 centimetri, 600 grammi di peso) sono stati introdotti in  aziende e istituzioni per permettere di svolgere da casa attività d’ufficio e, in campo formativo, per aiutare studenti che non possono frequentare l’università per motivi gravi.

In Italia

Nel costante dilemma se lo sviluppo robotico rappresenti per il lavoro umano una minaccia o un’opportunità, il progetto giapponese si pone decisamente dalla parte dei vantaggi: della macchina al servizio dell’uomo.  E conferma l’opinione di Shannon Vallor, docente universitaria e presidente della Society for Philosophy and Technology (Usa), quando dice che “la vera minaccia per i lavoratori non è la tecnologia in sé, ma i poteri economici e chi realmente controlla il modo in cui tale tecnologia si usa”.

Essere capaci di costruire una macchina che lavora – sostiene Shannon Vallor – non significa saper costruire un robot che sappia lavorare e che sia quindi un vantaggio produttivo”.

Un concetto ripreso dal Festival Internazionale della Robotica, in corso a Pisa fino al 3 ottobre 2018.

Alla sua seconda edizione nella città che, per le sue istituzioni accademiche, vanta “una delle più alte concentrazioni al mondo di addetti e di attività per la ricerca, lo sviluppo e l’applicazione di sistemi robotici La manifestazione, articolata in convegni, spettacoli ed esposizioni, intende mostrare e dimostrare il volto “amichevole della tecnologia”: macchine che agevolano l’uomo  senza“ mai sostituirlo”, se non per evitargli “incarichi pesanti e pericolosi”.

Speriamo sia cosi! Il volto umano dell’industria 4.0 è un percorso auspicabile che dona a tutti noi un sollievo e una visione di un futuro sostenibile. L’Italia è all’ottavo posto nel mondo per numero di androidi installati (7.700), ma di robot che permettano ai disabili motori di lavorare, come accadrà presto nel bar nipponico, non ne abbiamo ancora sentito parlare.

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