La birra di pane. Le radici della modernità
Che cosa si fa con il pane avanzato? La birra. No, non è una risposta dispettosa. L’Associazione Panificatori di Bologna insieme ai Birrifici Vecchia Orsa, Petroniano di Sasso Marconi ed Hera (azienda multiservizi italiana nei settori idrico e ambientale), la birra con il pane, anzi le birre, le hanno fatte veramente, in amonia con i principi dell’economia circolare e gli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.
Così sono nate La Fornara e Rina, birre bionde, artigianali, che insieme agli ingredienti tipici della bevanda, come il luppolo, lievito, malto d’orzo, zucchero e l’acqua, contengono il pane. L’insolito mix conferisce al prodotto un “sapore di cereali con il sentore di pane”, un gusto nuovo e peculiare. Capostipite di questa produzione è La Fornara, una birra leggera fresca, ma corposa, con una gradazione alcolica del 5%, mentre Rina, frutto della collaborazione con il birrificio Petroniano di Sasso Marconi è realizzata con il pane tostato e raggiunge una gradazione del 5,4%.
La Fornara è stata presenta a Bologna l’8 luglio u.s. alla presenza, tra gli altri, del presidente dell’Associazione Panificatori di Bologna, Graziano Bottura che ha rimarcato gli obiettivi del prodotto che consistono sia “nell’impegno di contrastare lo spreco e innovare i prodotti” e sia nel voler “contribuire alla ripresa delle attività locali per uscire dalla crisi dovuta all’emergenza Covid-19”.
Sempre attenti a valorizzare “la qualità della nostra tradizione – ha proseguito Bottura – puntiamo ad essere panificatori con radici ben salde ma capaci di essere protagonisti della modernità”. Parole alle quali corrispondono i fatti: l’Associazione Panificatori di Bologna ha vinto il Premio Innovatori Responsabili 2019, promosso dalla Regione Emilia Romagna.
In Egitto 4000 anni fa
La tradizione di usare il pane per la realizzazione della birra ha origini lontane: proviene dall’antico Egitto, come dimostrano i ritrovamenti nelle loro tombe, risalenti a circa 4000 anni fa. Credendo nella vita dopo la morte, accanto al defunto venivano posti oggetti che si pensava sarebbero serviti all’anima del defnunto, nel lsuo ungo viaggio
Scrive l’egittologa Maria Cristina Guidotti su taccuinigastrofisici.it che il fatto che il pane e la birra fossero la base dell’alimentazione degli antichi egiziani è confermata dai corredi funerari: spesso costituiti da “modelli di servitori” caratteristici già del periodo predinastico (indicativamente dal 3900 al 3060 a. C.) che raffigurano donne in atto di macinare cereali o di preparare la birra per l’anima del defunto.
La coltivazione dei cereali era una delle attività di maggior importanza degli egiziani. Essi sfruttavano la fertilità della terra, dovuta al limo che vi si depositava dopo le inondazioni del Nilo e che consentiva anche due raccolte annue soprattutto di un antico frumento (probabilmente il triticum aestivum), farro e orzo. I pani d’orzo, agfferma Maria Cristina Guidotti “servivano soprattutto per la fabbricazione della birra. Prelevati dal forno prima della completa cottura, venivano imbevuti di liquore di datteri e lasciati a fermentare; quindi venivano pressati e filtrati attraverso un setaccio; la bevanda ottenuta consisteva in una birra non molto alcolica […]. L’aggiunta di altri ingredienti poteva variare il sapore e la gradazione della birra”.
Ancora una volta l’economia circolare si fa interprete di usanze del passato, coniugandole con le tecnologie del presente per preservare il futuro.
Immagini: 1) l’etichetta della birra fatta con il pane La Fornara; 2) parte del corredo funerario di una tomba egizia raffigurante ‘modelli servitori’ in atto di preparare la birra per il defunto tratta da taccuinigastrofisici.it