Agnese va a morire. Per la prima volta in Spagna

Il quotidiano el diario es. annuncia così la traduzione e la pubblicazione di un classico della nostra letteratura del Novecento: “Arriva in Spagna con 70 anni di ritardo L’Agnese va a morire”, il best seller che riconobbe le partigiane italiane”.

Il romanzo di Renata Viganò narra di tre donne partigiane, tra cui Agnese, pseudonimo di una combattente che lottò tra la provincia di Ravenna e quella di Ferrare, durante la Resistenza: il periodo che  va dal 1943 alla primavera del 1945.

Con L’Agnese va a morire, la scrittrice Viganò vinse il premio Viareggio 1949 e venne tradotto in 13 paesi. Dalla prefazione di Sebastiano Vassalli all’edizione del 1974, leggiamo: “L’Agnese va a morire è una delle opere letterarie più limpide e convincenti che siano uscite dall’esperienza storica e umana della Resistenza […] Ciò che la rende così interessante alla lettura, così resistente al tempo, è la purezza del dettato, la mancanza di ogni enfasi retorica” […].

Agnese si ritrova a fare da staffetta ai suoi compagni partigiani, per i quali, grazie al suo aspetto innocuo, riuscirà a trasportare messaggi ed esplosivi senza destare sospetti.

Con la firma dell’armistizio la sua vita ebbe una svolta esistenziale: assieme al marito Antonio Meluschi e il figlio, l’infermiera-scrittrice partecipò alla lotta partigiana come staffetta, infermiera e collaborando alla stampa clandestina. Questo forse aiutò Renata Viganò a ritrarre la Resistenza come fenomeno corale, non focalizzandosi su eroisimi individuali. Un quadro di insieme in cui in modo sommesso, profondo, umile, ma con una forza vigorosoa si muove Agnese, una donna incolta, ma tenace e al centro della storia, coraggiosa e pratica al tempo stesso.

….“Di giorno i partigiani dormivano, mangiavano, si distendevano al sole. Il sole era sempre su di loro, bruciava la schiena, anneriva le facce, pesava come un carico sulle spalle. La terra, le canne, la legna secca si riempivano di calore, tutto rimaneva caldo e arido anche dopo il tramonto, fino a quando cominciavano a svolgersi i veli sottili della nebbia di notte, sulla ferma umidità dei canali. Si sentiva a allora l’odore morto degli stagni, odore di muri marci, di stracci bagnati, di muffa, come nelle case dei poveri…” (tratto dal romanzo).

Agnese si ritrova a fare da staffetta ai suoi compagni partigiani, per i quali, grazie al suo aspetto innocuo, riuscirà a trasportare messaggi ed esplosivi senza destare sospetti”.

Il ritardo nella pubblicazione in Spagna viene addebitato al carattere antifascista del romanzo, inviso alla dittatura franchista, sebbene Franco sia morto nel 1974. La casa editrice Errata Naturae, come spiega la responsabile, Irene Antón, al diario.es cerca di recuperare quei titoli che furono dei classici nelle loro letterature originali ma che non sono riusciti a oltrepassare i confini dei Pirinei. “Un’opera, testimonianza dei suoi tempi, emozionante, scritta con la lucidità di chi ha vissuto la guerra, la fame e la morte e li ha affrontato”.

Oltre l’aspetto politico Irene Antón, sottolinea come a fine anni ’40, la guerra e il mondo rurale nella letteratura era dominio degli uomini. “Che si leggano poco i libri sul ruolo delle donne nelle guerre o nelle rivoluzioni e che non si sappia dell’essenzialità del loro lavoro in questo campo è una questione molto seria”, denuncia l’editrice”, evidenziando come il ruolo di staffetta partigiana abbia contribuito a far prendere coscienza alle donne del loro valore.

Nella presentazione del romanzo, tradotto in spagnolo da Miguel Ros González, si riassume l’essenza dell’opera: “Non possiamo smettere di leggere, poiché ci addentriamo in un viaggio sempre più profondo, coraggioso e tenero, che ci trascina quasi senza fiato fino alla fine, e riesce a mantenere la speranza, pagina per pagina, nonostante il suo titolo. Agnese vive sicuramente in questo libro. Un vivido ritratto delle esperienze delle donne, in particolare, di quelle del mondo rurale, che da un giorno all’altro si sono ritrovate in prima linea di combattimento. Un’opera essenziale per il suo potere e la sua autenticità“.

Il registra Giuliano Montaldo ha restituito questa autenticità nella sua trasposizione cinematografica nel 1976, in cui Agnese interpretata dall’attrice svedese Ingrid Thulin con il suo volto nordico, quanto mai lontana dalla fisicità italica, ma quanto mai vicina nel temperamento e nella resa del personaggio, a testimonianza della veridicità della storia.

 

 

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