Fondi del caffè. Protagonisti dell’economia circolare

Il caffè è la bevanda – o una delle bevande- più consumate al mondo.  E continuerà a esserlo perché gli studi di David Roubik ci hanno confortato su come proteggere le coltivazioni della pianta dell’ambita bevanda dai cambiamenti climatici.

La tazzina di caffè è salva ma non la nostra coscienza ecologica quando apprendiamo che per quella tazzina è utilizzato solo lo 0,2% del chicco: il restante 99,8 non che è fondo che finisce in discarica, emettendo CO2.  Considerando che nel mondo la produzione del caffè si aggira sulle 7.358.897 tonnellate annue, per calcolo teorico il consumo medio della bevanda pro-capite è di 1,3 chilogrammi a testa. Quanto inquiniamo con i fondi del caffè?
Ma, niente paura. Del riuso benefico dei fondi del caffè si parla da tempo. E dai rimedi della nonna che avevano saputo intuire l’utilità, oggi sono preziosi materiali di riciclaggio e attori dell’economia sostenibile e circolare nel campo dell’abbigliamento e, addirittura, nel campo della mobilità.

Il tessuto hi tech S.Cafè

Dal 2009 grazie al riuso dei fondi del caffè è stato creato il nuovo tessuto hi-tech S.cafè. Frutto di 4 anni di studi della Singtex di Taiwan con un gruppo di ricercatori e un investimento di 1,7 milioni di dollari ha prodotto un filato ricavato dal riuso del fondo di caffè unito al poliestere.  Un tessuto con le caratteristiche di rilasciare umidità, assorbire i cattivi odori, asciugarsi velocemente, proteggere dal caldo, dal freddo e dai raggi ultravioletti.   Ottimo anche per l’impermeabilizzazione è il tessuto ideale per l’abbigliamento sportivo.

Jason Chen (nella foto a lato), titiolare della Singtex Industrial Company, produttore tessile di terza generazione, è diventato il primo imprenditore che converte i fondi di caffè in stoffa e vanta più di 110 clienti tra i quali i famosi brand Timberland, Adidas, American Eagle.  Già esperto nel tessuto ricavato dal riciclo delle bottiglie di plastica (collabora con Patagonia, azienda di abbigliamento sportivo che ha iniziato a studiare il rimpiego delle bottiglie di plastica nel 1993) per ottenere la stoffa dai fondi del caffè Chen ha unito le 2 tecnologie di riciclo. Il processo della produzione è il seguente: il poliestere proviene dal riciclo delle bottiglie in PET; i fondi di caffè, tostati, sono mescolati con il poliestere che crea il filato che, tessuto a macchina, viene impiegato per la realizzazione della stoffa. Per avere un’idea della quantità di materiale riciclato pensiamo che ogni t-shirt è realizzata con i fondi riciclati di 3 tazzine di caffè e di 5 bottiglie di plastica.

L’olio di caffè si fa carburante

Il riutilizzo dei fondi del caffè ha portato gli scienziati a creare un successivo sottoprodotto: l’olio di caffè. E l’olio di caffè si prospetta come uno dei più promettenti materiali naturali per il risparmio degli idrocarburi.

Notizia di questi giorni e la produzione della start-up britannica Bio – Bean (creata da Arthur Kay – nella foto a lato – e Benjamin Harriman) che ha portato sulle strade di Londra i primi autobus con motori alimentati da carburante che possiede una quota di olio di caffè.
Si tratta del biocarburante B20 (miscela composta da diesel e il 20% di olio di caffè) ottenuto con la collaborazione della Shell e dell’Argent Energy, che può essere utilizzato senza apportare nessuna modifica al motore degli autobus.
Il procedimento della Bio – Bean è il seguente: nella prima fase raccoglie gli scarti del caffè dalle grandi catene commerciali e dalla fabbriche; essiccati, sono sottoposti al processo di estrazione dell’olio di caffè. Insieme al partner Argent Energy l’olio di caffè viene trasformato nella miscela biocarburante B20.

Dalla sua fondazione (2013) la Bio – Bean ha prodotto 6mila litri di olio di caffè, da tempo utilizzato anche per il riscaldamento delle case private.
È stimato che a Londra il consumo del caffè è di 2,3 tazzine di caffè pro-capite, pari a una produzione di fondi di caffè di 200mila tonnellate, in grado di produrre in discarica 126mila tonnellate di CO2.  La miscela B20 consentirà di ridurre le emissioni di carbonio dal 10 al 15% e abbassare significativamente la spesa dello smaltimento dei rifiuti.

La digressione che dimostra che i motori funzionano anche senza i derivati dal petrolio

Permetteteci, infine, una piccola digressione, rimanendo in Gran Bretagna e nell’ambito del caffè.   Tralasciamo i fondi e l’abbattimento della emissioni da discarica per parlare di energie rinnovabili. Vi presentiamo (se già non la conoscete) Car-Puccino: la macchina che va a caffè, presentata nel 2010 nel programma televisivo a carattere scientifico Bang Goes The Theory della BCC1.   Un motore – caffettiera che funziona sfruttando i gas prodotti dal riscaldamento dei chicchi, idrogeno e monossido di carbonio.

Montato su una Volkswagen Scirocco (modello anni ’80 scelto per la sua somiglianza con la DeLorean del film Ritorno al Futuro) la Car Puccino, presentata nel 2010, raggiunge una velocità di 100 km/h di velocità. Consuma in media un chilo di caffè in grani ogni 5 chilometri, l’equivalente di 28 espressi ogni kilometro. Provata nel viaggio Londra-Manchester ha consumato 11.760 caffè. L’handicap è stato la sosta forzata ogni 60 chilometri per fare il pieno di chicchi di caffè e un’altra, ogni 100, per pulire i filtri dall’accumulo di scarti durante il processo di combustione.  Il viaggio è stato molto, troppo lungo. In città, con spostamenti ridotti, le soste sarebbero sostenibili, ma i costi troppo alti.

Rimane, però, una dimostrazione emblematica (e simpatica) di quanti carburanti possono alimentare un motore, al di là dei derivati dal petrolio. Il futuro è già arrivato e preme alla porta. Per saperlo non è più necessario scrutare…    i fondi del caffè.

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