Sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo a favore di un giornalista polacco
Una significativa sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, segna una svolta nella responsabilità del giornalista nella valutazione del reato di diffamazione.
Il giornalista Marcin Kącki (foto a lato) ha vinto il processo contro la Polonia davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo.
La Corte ha dichiarato che la sentenza del tribunale polacco, che lo ha riconosciuto colpevole del reato di diffamazione, secondo l’art. 112 del codice penale polacco ha comportato la violazione dell’art.10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che tutela la libertà di espressione.
Il caso riguardava un’intervista comparsa nel primo quotidiano polacco, Gazeta Wyborcza ad Anna Rutkowska, esperta del partito politico di Andrzej Lepper, in cui dichiarava un meccanismo di protezione intorno all’europarlamentare polacco Marek Czarnecki, al centro di uno scandalo sessuale insieme ad altri due politici. Czarnecki negò le affermazioni della sig.ra Rutkowska, citando in giudizio il giornalista per diffamazione.
La corte nel 2010 decise una sospensione condizionale del caso, ma al tempo stesso tempo, lo ritenne colpevole, ordinandogli di pagare 1000 zł in beneficenza. Kącki non accettò la sentenza e si rivolse alla Corte dei diritti europei, appellandosi al suo diritto di libertà di espressione.
La Corte ha sottolineato che il giornalismo responsabile richiede la verifica delle informazioni – tuttavia, l’ambito della verifica, dipende dalla natura della pubblicazione giornalistica.
In particolare, è importante distinguere tra articoli scritti dai giornalisti stessi e le interviste. Marcin Kącki ha pubblicato dichiarazioni di altri (A. R.), sottoponendoli al controllo della sig.ra Rutkowksa, la quale, restituì il testo senza apportare modifiche o correzioni.
La buona fede del giornalista secondo la deontologia professionale, mira a riportare fatti ed eventi di interesse pubblico e non vi sono motivi per dubitare della buona fede di Marcin Kącki; inoltre la Corte di Strasburgo ha considerato che in un’intervista il giornalista scrive le opinioni degli altri e non può controllare ogni informazione che riceve.
La Corte ha considerato un fatto essenziale: il giornalista ha pubblicato sul quotidiano le dichiarazioni di un’altra persone relative a un personaggio pubblico su un tema, oggetto di un ampio dibattito pubblico.
Il personaggio pubblico, oggetto della discussione, non ha preso azioni alternative per proteggere la sua reputazione, non ha chiesto pubblicamente la rettifica, non si è avvalso di strumenti civili per la difesa del suo buon nome, né ha intrapreso azioni legali in relazione alle dichiarazioni dell’intervistata.
Una sentenza importante per la delicata questione della libertà di espressione e il reato di diffamazione ad essa, collegata.