“Polonia” in piazza. La rivoluzione delle rose

Non è solo una lotta civile delle donne, ma di un popolo che si oppone a un diritto negato. Da oltre una settimana le piazze delle più grandi città polacche, si sono riempite di uomini e donne che con la forza degli occhi, del corpo e della voce, di-mostrano per una Polonia europeista, che difende i diritti umani ed esige di essere ascoltata.

La legge sull’aborto in Polonia, già molto restrittiva ha subito un’ulteriore regressione con la recente sentenza della Corte Costituzionale che vieta di abortire anche in caso di malformazione del feto, in caso di stupro, incesto e rischio di vita della madre. Attualmente, l’opposizione sta discutendo sulla possibilità di destituire la Corte Costituzionale e rinominarne tutti i membri.

Un  movimento spontaneo socio- politico che ha abbracciato tutte le comunità polacche all’estero, la cosiddetta Polonia (nella lingua polacca con il termine Polonia si intendono i polacchi oltreconfine) che ha dato vita a innumerevoli manifestazioni in tutto il mondo, spesso di fronte alle rappresentanza diplomatiche e consolari polacche, come è accaduto a Roma e a Milano.

La spontaneità dei movimenti è emblematica di un volere civile e politico nel senso più ampio del termine.  Uno sciopero pacifico attraverso la modalità social: si creano gruppi su Facebook e chi vuole aderisce.

Agnieszka Martina Bladowska, ex vice console del Consolato Polacco di Milano, traduttrice ufficiale dell’Ambasciata del Canada in Italia, tra le organizzatrici della manifestazione davanti all’Ambasciata Polacca di Roma, mercoledì 28 ottobre 2020, ha tenuto a sottolineare il carattere pacifico dell’iniziativa: al posto dei cartelloni “indossiamo le rose rosse”.

Venerdì 30 ottobre, con il medesimo intento e in modo del tutto indipendente, un gruppo di giovani donne polacche ha manifestato a Piazza del Popolo (Roma).

“Da parte mia, posso affermare che ognuna di noi rappresenta un ambiente diverso, donne-mamme che vivono stabilmente in Italia, donne che lavorano qui, studentesse che hanno intenzione di rimanere qui per un periodo più lungo e studentesse che sono venute solo per pochi mesi. Siamo unite dalla protesta” afferma Julia Ś. studentessa di Sapienza Università di Roma, tra le giovani donne che hanno manifestato a Piazza del Popolo

La spontaneità e la dimensione pacifica sono le caratteristiche essenziali degli scioperi delle donne (con limitata presenza degli uomini) che si sono diffuse a macchia d’olio. Partite in terra polacca ed espandendosi oltreoceano.

Un moto di protesta che va oltre il partito di destra attualmente al governo il PIS – Prawo i Sprawiedliwość (Diritto e Giustizia) e fa appello ai diritti sanciti dalle carte universali ed europee.

Lana Dadu, attivista e femminista, dal 2016,  intervistata dal maggiore quotidiano polacco Gazeta Wyborcza, afferma in modo provocatorio che al momento: “ i cani hanno più diritti delle donne”. “Siamo persone responsabili, quindi, durante una pandemia, vorremmo prenderci cura della salute dei nostri cari e della nostra. A causa di COVID-19, molti di noi hanno problemi con il lavoro, quindi dovremmo anche occuparci della nostra situazione finanziaria ma nel frattempo, siamo costretti e costretti a uscire per le strade. Se non lo facciamo, il messaggio verrà diffuso al mondo che accettiamo la sofferenza delle donne.

Particolarmente significativa la foto di una signora con la mascherina alla stazione centrale di Varsavia , con un  cartello in mano che recita: “Ho 75 anni, lotto per la dignità delle mie figlie e pronipoti”, postata su un profilo Facebook, così come uno dei migliaia di commenti che hanno accompagnato la foto “ Un applauso per tutti coloro che vedono lontano, che lottano non per i propri bisogni, ma per quelli gli altri”

Un’altra testimonianza, di cittadinanza solidale, l’immagine di un giovane uomo con in braccio ua bambina e nell’altra mano che regge un cartellone “Non andrai mai  da sola”

Scorrendo per il mondo virtuale, ma non per questo meno virtuoso, ci imbattiamo nella significativa lettera del  Prof. Alojzy Z. Nowak, rettore dell’Università di Varsavia che si rivolge a tutti i membri dell’ateneo: “Studentesse e Studenti, Dottorande e Dottorandi e tutto il Personale dell’Università di Varsavia, come l’Università a fronte delle circostanze difficili che si stanno vivendo, come la più importante delle nostre Comunità, luogo di tolleranza, solidarietà, sicurezza e apertura, vorrei che Vi sentiste all’interno dell’Università come a casa Vostra.

Sappiate che alle mie parole seguono i fatti.  Ricordate che, in caso di necessità, otterrete supporto e aiuto sia a livello legale che psicologico. Vorrei che aveste la sensazione che il rettore e il corpo del rettorato sono parte della società accademica e che potete sempre contare su di noi”.

Da pochi giorni è partita sulla piattaforma Avaaz  una petizione al Primo Ministro Mateusz Morawiecki, ai parlamentari affinché rivedano la sentenza della Corte Costituzionale: “Le donne polacche che praticano aborti sono sempre più giovani. Sono cattoliche e non credenti. Hanno figli, mariti, partner o vivono sole. Sono tra noi. Hanno bisogno della nostra empatia, non condanna. Esprimiamo solidarietà alle donne che stanno privando le autorità polacche di diritti elementari. Il Tribunale costituzionale ha emesso una sentenza sull’interruzione della gravidanza. In questo modo, cerca di costringere le donne a sopportare feti morenti e deformi”

Un richiamo della cittadinanza attiva alle istituzioni.

Una guerra “in pace” e come armi, gli ombrelli, come ci ricorda la manifestazione di fronte all’Ambasciata polacca a Roma

 

Immagini: 1 e 4) Roma, 28 ottobre 2020, manifestazione davanti all’Ambasciata polacca a Roma,  fotografie di Monika Szyszko. 2 e 3) manifestazioni in Polonia

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