Milano e Cambridge unite per Giulio Regeni e tutti i desaparecidos
Flash – mob a Milano
Continua l’impegno dell’Associazione Amnesty International a favore della verità sul caso di Giulio Regeni.
Il 24 aprile 2016, a Milano davanti a Palazzo Marino, l’Associazione ha organizzato un flash- mob al quale hanno partecipato anche i genitori del giovane ricercatore, oltre alle 300 persone che sono accorse all’iniziativa, con gli ormai famosi cartelli gialli “Verità per Giulio”, e con gli occhi coperti da una simbolica banda nera sugli occhi.
Nel corso della manifestazione il papà di Giulio, Claudio Regeni, ha preso la parola per ringraziare Amnesty e i partecipanti tutti, con le seguenti parole: ” “Il vostro sostegno è molto importante. Noi portiamo avanti la nostra lotta per Giulio e anche per tutti coloro che sono in difficoltà nei Paesi del mondo dove i diritti umani non vengono rispettati e riconosciuti. Andiamo avanti insieme”. Gli ha fatto eco la mamma Paola che oltre a ribadire la gratitudine per l’impegno di Amnesty, ha sottolineato come il colore giallo del manifesto giallo, “Verità per Giulio” simbolo della campagna, sia diventato un colore “che ormai tutti in Italia, amici, parenti, conoscenti, associamo a Giulio. Quando vediamo il giallo pensiamo a lui. Questo è un pensiero di pace che deve entrare in tutti noi”.
Inoltre Paola Regeni, ho messo l’accento di come l’impegno profuso nella ricerca della morte del figlio Giulio debba essere una battaglia senza confini a favore di tutti coloro ai quali sono negati i diritti umani. Momento suggestivo della manifestazione è stato il mosaico umano, che i partecipanti hanno formato sollevando ognuno di essi un cartello che riportava una lettera della frase “Verità su Giulio”, come si può vedere nella fotografia che pubblichiamo.
La manifestazione della Cambridge University. I Fratelli Musulmani tra i sostenitori
Senza interruzioni anche le iniziative internazionali. Da segnalare la protesta organizzata venerdì 22 aprile 2016, presso la King’s Parade, storica strada della città universitaria, organizzata in collaborazione con la Cambridge University il gruppo Cambridge City Amnesty e con il sostegno della Egypt Solidarity Initiative, organizzazione in difesa dei diritti democratici in Egitto.
Alla manifestazione hanno partecipato anche politici britannici dell’aerea laburista, e sono accorsi circa 200 sostenitori. Liesbeth Dieci Ham, responsabile della sezione di Cambridge City Amnesty ha dichiarato: “Quello che è successo a Giulio Regeni è spaventoso e siamo profondamente preoccupati che le autorità egiziane stiano cercando di coprire la sua morte. Abbiamo bisogno di vedere un’indagine completa che non lasci nulla di intentato. E vogliamo che il governo britannico faccia qualcosa di più. Innanzitutto rispondendo alla raccolta firme, che ha già superato la soglia delle 10mila sottoscrizioni, e che quindi deve trovare per legge una risposta. Se arriverà alle 100mila sottoscrizioni, come ci auguriamo, poi dovrà essere obbligatoriamente trattata dal parlamento di Westminster.
Importanti le parole pronunciate dal palco, da Glen Rangwala, collega e grande amico del ricercatore friulano ucciso in Egitto che ribadisce come la presenza di Giulio in Egitto era, solo ed esclusivamente, per motivi accademici. Dice, infatti, Rangwala: “ Giulio non era un attivista politico ma un uomo di scienza, ed era in Egitto per studiare gli aspetti economici e sociali. Non era sotto copertura, non lavorava segretamente per qualcun altro, ma svolgeva il suo lavora da ricercatore apertamente e senza segreti. Vedeva le persone, le intervistava, spiegava sempre quello che stava facendo”.
A esortare il governo britannico a compiere un’azione decisa nel caso Regeni è anche il deputato laburista, Daniel Zeichner, rappresentante
parlamentare laburista di Cambridge, intervistato dal quotidiano Il Fatto Quotidiano, ha dichiarato “Il governo italiano sta affrontando seriamente la questione – spiega – mentre l’esecutivo del Regno Unito è stranamente molto prudente. Questo non dovrebbe neanche essere un caso internazionale complicato, ma è un caso di libertà accademica, libertà mancata di fronte alla quale il nostro governo a Londra dovrebbe sentirsi sconvolto e oltraggiato. Non si possono barattare i discorsi umani con le esigenze del business e del commercio”.
A sorpresa, verso la fine della manifestazione è apparsa anche una delegazione dei Fratelli Musulmani esuli in Gran Bretagna dal 2012 perché seguaci
del Freedom and Justice Party, dell’ex presidente dell’Egitto Mohamed Morsi, in carica dal 24 giugno 2012 e deposto dal colpo di stato militare il 3 luglio 2013, guidato dal generale Abd al-Fattah al-Sisi, tuttora in carica.
I Fratelli Musulmani, attraverso il loro portavoce Mohamed Soudan oltre ad esprimere tutta la loro solidarietà e supporto ai familiari e amici di Giulio Regeni, la cui morte giudicano senza mezzi termini “un crimine” compiuto a causa dei contatti che il ricercatore aveva con i sindacati locali, si sono dichiarati convinti che l’omicidio di Regeni è stato compiuto “ da qualcuno per impedire agli stranieri di interferire con le cose interne”. Un avvertimento, secondo Soudan, da parte delle autorità egiziani rivolto a tutti gli stranieri, affinché non interferiscano nella vita politica egiziana. E a concluso affermando di essere personalmente molto pessimista “ su come andrà a finire questo caso”. Parole che assumono un significato rilevante, visto che mentre scriviamo, 25 aprile 2016, giunge dall’Egitto la notizia dell’arresto, nei pressi di Piazza Tahrir, di un cospicuo numero di giornalisti e attivisti politici appartenenti al Partito socialdemocratico egiziano. Tra loro la giornalista Basma Mostafa, che aveva intervistato la famiglia presso la quale, secondo le dichiarazioni, giudicate non attendibile, delle autorità egiziane, erano stati ritrovati alcune degli effetti personali di Giulio Regeni. Tra gli attivisti l’avvocato Malek Adli, che si occupa nel caso Regeni, Amr Badr e Mahmoud El Sakka. L’accusa, secondo il procuratore il procuratore generale ha emesso gli ordini di cattura è pubblicazione di informazioni false e incitazione a manifestare con l’intento di far cadere il regime al potere.
Costante anche l’attenzione degli Usa
Sempre il 22 aprile 2016, è tornato a farsi sentire il Dipartimento di Stato degli Usa, il cui portavoce John Kirby, facendo pressione sul Governo egiziano auspica che le autorità indagano sul caso Regeni, collaborino con i funzionari italiani che “sappiamo essere parte di questa indagine’‘.
Il comunicato del Dipartimento, afferma di non avere gli elementi necessari per smentire o confermare la notizia, riferita da tre funzionari dell’intelligence e tre della polizia egiziana anonimi, all’agenzia Reuters, secondo la quale il 25 gennaio 2016, il ricercatore italiano sarebbe stato fermato dalla polizia egiziana e poi condotto in un compound gestito dai servizi di sicurezza. L’agenzia Reuters, nel verificare la notizia ha ricevuto sia dal Ministero dell’Interno sia alla Sicurezza di Stato, un’ennesima smentita.
Ma, concludendo il comunicato, il Dipartimento afferma che a suo avviso i dettagli venuti alla luce sin dalla morte di Giulio Regeni ”hanno sollevato interrogativi sulle circostanze del suo decesso che crediamo possano ricevere una risposta solo attraverso una inchiesta imparziale e completa”.
Lo stesso Barak Obama, a pochi giorni dal ritrovamento del corpo di Giulio (3 febbraio 2016), in un incontro con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, avvenuto alla Casa Bianca l’8 febbraio 2016, aveva ribadito la sua disponibilità immediata nella ricerca per la verità sui reali motivi che hanno determinato i tragici fatti del caso Regeni.
Ricordiamo ai nostri lettori che abbanews, insieme a molte altre testate giornalistiche, ha aderito da subito alla campagna lanciata da Amnesty Internation Italia, “Verità su Giulio”