Overshoot day 2020. Un mese in meno a spese del Pianeta
Negli ultimi 15 anni il giorno in cui l’umanità esaurisce le risorse che la Terra rigenera nell’arco di un anno (mondialmente definita Overshoot Day) è stata registrata prima della naturale data di scadenza. Nel 2020, invece, grazie al confinamento anti-coronavirus e il conseguente rallentamento economico globale, la scadenza è posticipata di quasi un mese: se nel 2019 l’Overshoot day è stato il 29 luglio, quest’anno avverrà il 22 agosto.
A dichiararlo è il Global Footprint Network, l’Istituto internazionale di ricerca ambientale che ha elaborato il metodo per calcolare il consumo delle risorse rinnovabili, definito Impronta ecologica che rileva la domanda annuale delle risorse naturali dell’umanità confrontandola con la Biocapacità, ossia con la valutazione delle possibilità anche temporali della Terra di rigenerare le risorse. Nel 2005 venne registrò il primo “Giorno del Sovrasfruttamento della Terra” come lo definisce il Footprint Calculator italiano, quando cadde il 25 agosto. Da allora la data fatidica nel calendario si è registrata sempre prima.
Il risparmio di quasi un mese del 2020, essendo frutto di un avvenimento circostanziale, non è un successo. La riduzione del 14,5% di emissione di anidrite carbonica (CO2) registrata durante le misure del lockdown è l’unico effetto positivo della pandemia che si esaurirà quando riprenderemo a produrre e consumare come facciamo (almeno nella parte benestante del Pianeta) fin dagli anni Settanta del Novecento. Se tutti gli abitanti della Terra consumassero come accade nella parte più evoluta del mondo, sostiene da tempo Footprint, sarebbe necessaria la produzione di risorse naturali di oltre 2 pianeti.
Per questo tornano in campo, dopo aver svolto le attività di contestazione via digitale tra le quali il lancio della campagna Ritorno al Futuro, e l’appello rivolto all’ Europa – cofirmato da oltre 100 scienziati – del luglio scorso, Greta Thunberg e i ragazzi e ragazze del movimento Fridays for Future (FFF).
A due anni dall’inizio dei suoi famosi scioperi per il clima del venerdì (il primo il 20 agosto 2018), Greta sostiene che nel frattempo “il mondo ha emesso 80 miliardi di tonnellate di CO2. Abbiamo assistito a continui disastri naturali e molte vite e mezzi di sussistenza sono andati persi e questo è solo l’inizio”. Due anni di impegno gettati al vento, come ha scritto con altre leader ambientaliste sul giornale britannico The Guardian e ripetuto alla cancelliera e presidente di turno del Consiglio UE, Angela Merkel, nel corso del loro incontro avvenuto a Berlino il 20 agosto 2020.
Con altre leader del movimento FFF – in testa la tedesca Luisa Neubauer, Greta ha riproposto i temi principali dell’appello di luglio, chiedendo alla cancelliera che l’Unione Europea ponga fine “a tutti gli investimenti e alle sovvenzioni sui combustibili fossili europei e che istituisca bilanci annuali vincolanti per il carbonio”.
Un memento per l’Unione che nel novembre 2019 ha dichiarato l’emergenza climatica e ambientale in Europa e nel mondo e Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea nel discorso inaugurale del suo mandato ha affermato che l’Unione Europea del neo legislatura si propone al mondo come guida e “forza motrice” per “modellare un migliore ordine globale”, ribadendo l’impegno preso con la sua proposta di legge Green Deal europeo, il piano di misure di contrasto alla crisi climatica.
La crisi sanitaria del coronavirus ha rallentato le decisioni pro clima dell’Unione, ma da tempo Greta (colpita nei mesi scorsi dal Covid19 anche se in forma leggera) e tutti gli ambientalisti FFF ricordano che risolvere quella climatica è altrettanto urgente quanto risolvere le crisi attivate dal nuovo coronavirus.
Immagini: Berlino, 20 agosto 2020. Le leader ambientaliste Greta Thunberg (a sinistra) e Luisa Neubauer (a destra); 2) da sinistra ancora Luisa Neubauer e Greta a colloquio con Angela Merkel, cancelliera della Germania e presidente di turno del Consiglio UE