Via l’arazzo del Guernica dal Palazzo di Vetro
I diplomatici dell’Onu sono sensibili ai rischi della guerra e fanno di tutto per contrastarla? Forse no. E dunque, i Rockefeller si riprendono l’arazzo che riproduce il Guernica di Pablo Picasso che dal 1984, dopo il prestito della famiglia, era affisso davanti all’ingresso del consiglio di Sicurezza dell’Onu, presso la sede di New York, nota come il Palazzo di vetro.
L’arazzo era stato commissionato all’atelier francese Jacqueline de La Baume-Dürrbach, nel 1955, da Nelson Rockefeller, vice presidente degli Usa e governatore di New York, e riproduce, per l’appunto il Guernica, il dipinto che Pablo Picasso realizzò nel 1937 a seguito del bombardamento sull’omonima città basca, avvenuto il 26 aprile dello stesso anno per mano della Germania nazista e dell’Italia fascista nel corso della guerra civile spagnola (1936-39).
L’opera, considerata da alcuni il capolavoro di Picasso, è divenuta simbolo degli scempi dei conflitti bellici e, questo rappresentava l’arazzo.
Ora Nelson Rockefeller junior l’ha rivoluto indietro, secondo l’Ansa, senza fornire spiegazioni. E dal 25 febbraio la parete dell’Onu dove era affisso è vuota. Uno smacco per gli alti funzionari e dirigenti Onu incaricati di garantire la pace e la sicurezza internazionali? L’Onu, ricordiamo, è nato dopo le macerie morali e materiali della Seconda guerra mondiale, secondo quando scritto nella propria Carta, per salvaguardare le generazioni successive dai disastri delle guerre. Attualmente i conflitti in atto sono 36, senza contare le situazioni di crisi ad altissimo tasso di violenza.
In una di queste hanno perso la vita lo scorso 22 febbraio, l’ambasciatore italiano in Congo, Luca Attanasio il militare dell’Arma dei Carabinieri, Vittorio Iacovacci, e l’africano Mustapha Milambo, mentre viaggiavano a bordo di un velivolo della Monusco, la missione Onu per la stabilizzazione nella Repubblica Democratica del Congo, in visita ad un programma di alimentazione scolastica nell’ambito del World Food Programme. Viaggiavano senza scorta e sono rimasti vittime di una delle feroci bande che si annidano nella foresta tropicale nell’est del Congo, dagli anni Novanta in poi.