Due Afriche e un oceano. Avverrà prima del previsto

Nel 1967 il geologo e agronomo francese Haroun Tazieff, con colleghi connazionali e italiani, evidenziò la presenza di squarci nella crosta terrestre nell’angolo dell’Africa orientale: esattamente nella depressione di Afar che attraverso il continente dal Mozambico al Mar Rosso. Oltre 4mila chilometri dove si assiste a lastroni che crollano e innumerevoli colate laviche segnate da fessure parallele.

Se a questo aggiungiamo i 50° C d’estate, 40°C d’inverno è facile immaginare come la regione di Afar e tra le più inospitali della terra ma tra le più interessanti, perché come in pochi altri luoghi al mondo, sostengono gli esperti, e qui che si può leggere la storia del pianeta per milioni di anni del passato prevedere quella futuro per i prossimi.

E, infatti, dal rift (fossa tettonica) di cui sopra è in atto la formazione di un nuovo oceano che dividerà l’Africa in due, due Afriche: a destra la placca somala e a sinistra quella nubiana.

Perché questo accada ci vorranno milioni di anni, dai 5 ai 10, si è detto fino a nuove scoperte scientifiche, secondo le quali il processo geologico potrebbe richiedere molto meno tempo del previsto, pur rimanendo nell’arco del futuro remoto.

La teoria 

La geologa Cynthia Ebinger, ricercatrice presso l’Università di Tulane negli Stati Uniti, ha dichiarato alla BBC: “Abbiamo ridotto il tempo a circa 1 milione di anni, forse anche la metà”.

Autrice di innumerevoli testi di cui 17 soltanto nel 2023, Cynthia Ebinger studia l’evolversi della zona dagli anni ’80.

Nel 1998 il suo studio pubblicato da Nature dal titolo, liberamente tradotto in italiano, Magmatismo cenozoico attraverso l’Africa orientale derivante dall’impatto di un singolo punto caldo, ha avuto una tale risonanza negli ambienti scientifici da essere citato (fino a mentre scriviamo) 923 volte dai suoi colleghi.

In tale studio le geoscienziata analizzava l’azione del magma sull’altopiano etiopico con un modello estendibile all’azione del vulcanismo in tutta l’Africa orientale da 45 milioni di anni. E identificava “i maggiori volumi di magma” negli altopiani etiopi e nell’Africa orientale, “larghi più di mille chilometri, attraversati dal Mar Rosso, dal Golfo di Aden e dai sistemi di rift dell’Africa orientale”, come riporta la BBC.

“Le tre placche tettoniche: Somalia, a est; quella africana (o nubiana), più estesa; e l’araba, a nord-est, pressa una piastra più piccola, la vittoriana – spiega ancora la BBC -. Quando una faglia in questa riunione delle placche si allarga, parte della placca somala potrebbe staccarsi verso l’Oceano Indiano, lasciando il posto al nuovo oceano.

La prova. L’oceano ci sarà

Nel 2005 si è assistito alla prova della teoria di Cynthia Ebinger fornita dai 420 terremoti che hanno scosso la terra in un’area desertica dell’Etiopia aprendo una faglia lungo 60 chilometri nella regione di Afar.

Nel 2009, uno studio guidato dal geofisico Atalay Ayele, dell’Università di Addis Abeba, in Etiopia, ha individuato tre sorgenti di magma all’origine dell’episodio, nei complessi vulcanici di Dabbahu-Gab’ho e Ado’Ale, la più grande delle quali è parte del flusso venuto da questo secondo.

Secondo il testo pubblicato da Ayele sulla rivista scientifica Geophysical Research Letters, questa “crisi vulcano-tettonica formerà alla fine la morfologia di una spaccatura oceanica emergente”.

Anche se in realtà “non sarà esattamente un nuovo oceano, anche se comunemente lo chiamano così, si tratterà piuttosto di un’estensione del Mar Rosso” ha specificato .Cynthia Ebinger.

Molto prima del previsto

Nel novembre 2023 Ebinger e Ayele con altri 7 scienziati hanno realizzato uno studio pubblicato da Tectonophysics che presenta un modello 3D delle azioni geologiche che si verificano nella regione.

Il modello rileva la formazione di nuove, grandi croste balsamiche nella regione e lo strato sotto la depressione di Afar con uno spessore inferiore ai 25 chilometri dimostrando l’estensione del fondale marino nella stessa depressione.

“Eventi intensi possono accelerare il processo di apertura delle fessure e il passaggio dell’acqua salata”, ha teorizzato la geoscienziata alla BBC e si può stimare che ci vorrà meno di un milione di anni per formare il nuovo oceano dalle acque del Mar Rosso. “Ma potrebbe anche esserci un grande terremoto che lo accelererebbe ancora di più”.

Studiare il futuro per migliorare il presente

Studiare la grande faglia che si è formata nel deserto dell’Etiopia non serve soltanto per prevedere il futuro. Principalmente viene indagata per creare modelli sismici in grado di individuare con maggiore precisione i disastri ambientali e migliorare il modo per difenderci meglio dai fenomeni naturali.

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