Taranto. Oltre il muro, la vera storia di Dumas

Il 10 settembre 2020, presso la Galleria Meridionale del Castello Aragonese di Taranto, sarà inaugurata la mostra Oltre il muro, Dumas. Fino al 28 febbraio 2021 (ma potrebbe diventare permanente) l’esposizione è dedicata alla figura del generale Thomas-Alexandre Davy de la Pailletterie, padre dello scrittore Alexandre Dumas (senior, a sua volta genitore di Alexendre Dumas junior, autore di La signora delle camelie) e al quale ha ispirato i famosi romanzi Il conte di Montecristo e I tre moschettieri.

Nella realtà il celebre Edomond Dantés, protagonista del romanzo è, appunto Thomas-Alexandre Davy de la Pailletterie, la prigione è il Castello Aragonese di Taranto e non il Castel d’If, al largo di Marsiglia, e l’abate Faria (ma qui le notizie sono controverse) è il geologo Déodat de Dolomieu che ha dato il nome alle Dolomiti e al più grande cratere sommitale del vulcano Piton de la Fournaise, sull’isola francese d’oltremare della Riunione.

Ma andiamo con ordine. Thomas-Alexandre Davy de la Pailletterie, famoso come il generale Dumas, nasce nel marzo del 1762 a Saint Domingue (l’attuale Haiti, al tempo colonia francese), figlio del marchese e militare Alexandre-Antoine Davy de la Pailleterie e della schiava nera Marie Cessette, da tutti chiamata la femme du mas (la donna della masseria).

Alla precoce morte di Marie Cesette, il marchese Alexandre-Antoine decise di tornare in Francia. Vendette i suoi figli come schiavi ma con il diritto di riscatto per il primogenito, Thomas-Alexandre, diritto che rivendicò dopo 6 mesi, tornando nella colonia e portando il giovane in Francia.
Una volta adulto, nel 1786, Thomas – Alexandre si arruolò. Aveva 24 anni e decise di cambiare il nome: vi sottrasse il nome Thomas, assunse per cognome il soprannome della mamma, Dumas,  ripudiando il titolo nobiliare e rinunciando ai privilegi conseguenti. Coraggioso e capace, alto e forte, a 31 anni diventò generale: il primo generale nero della storia.

Durante la Rivoluzione francese partecipò alla Guerra di Vandea, poi con Napoleone Bonaparte alle Campagne d’Italia e d’Egitto e qui sorsero i problemi che lo condurranno alla prigione tarantina che piegherà la sua forza gagliarda.

Il Generale Dumas, dopo aver guidato la carica della cavalleria durante la battaglia alle Piramidi, espresse a Bonaparte il suo sdegno per il massacro dei prigionieri catturati e la strage dei ribelli che resistettero alla presa di Jaffa. Troppe barbarie! Non era disposto a continuare a combattere fra tanto orrore. Ma Napoleone non accettò le critiche, gli tolse i gradi di generale e con l’accusa di diserzione  fu congedato.
Lasciò l’Egitto via mare. Ma una tempesta lo costrinse a ripararsi a Taranto, Regno delle Due Sicilie, in quel momento avversario della Francia, per cui il Generale fu preso in ostaggio e gettato nella cella del Castello sporca, buia, con poco mangiare e senza la possibilità di ricevere visite.

Visse in queste condizioni per 2 anni, fino alla battaglia di Marengo (14 giugno 1800) che vide la vittoria della Francia e il Generale Dumas venne liberato. Trascorrerà gli ultimi anni della sua vita privo della vista e semi-paralizzato. Morì nel 1806 per un tumore allo stomaco. La moglie Marie-Louise Elisabeth Labouret (si erano sposati nel 1792) scrisse in una lettera datata 1814: “Era un soldato che il fato delle battaglie ha risparmiato ma che è morto nella miseria e nel dolore, senza decorazioni né compensazioni militari, vittima dell’implacabile odio di Napoleone e della sua propria bontà d’animo”.

La lettera è riportata nel libro Il diario segreto del Conte di Montecristo, pubblicato in Italia da Newton Compton e che valse all’autore, Tom Reiss, il Premio Pulitzer 2013: un testo storico, alieno alla fiction.

Al momento della morte del Generale Dumas, il figlio Alexandre futuro scrittore, aveva tre anni. Ma non dimenticò mai la sorte dell’impavido padre ingiustamente condannato “dall’implacabile Napoleone” e altrettanto ingiustamente dimenticato dalla Storia.

Scrisse I miei ricordi (Mes Mémoires), una ricostruzione della biografia paterna attraverso le reminiscenze proprie, della madre e le testimonianze degli amici. E compose Il conte di Montecristo (Le Comte de Monte-Cristo), romanzo d’appendice pubblicato in 18 parti dal 1846 al 48, la cui trama, rifacendosi alle vicende paterne, ruota intorno alle virtù di  giustizia, perdono e misericordia. Senza tralasciare il sentimento di vendetta.

Sicuramente mosso dal desiderio di ristabilire la verità e cercare di restituire al padre l’onore, se pur postumo, che meritava, tuttavia non passa inosservato il senso oggettivo di giustizia che anima lo scrittore Dumas.

Prova ne è il personaggio dell’abate Faria, compagno di cella del Conte di Montecristo, personaggio chiave del romanzo che nasce, secondo molte fonti, dalle vicende del geologo Déodat de Dolomieu. Anch’egli presente nella Campagna d’Egitto, come il Generale Dumas, s’imbarcò e, dopo il naufragio della nave, fu arrestato a Taranto. Catturato perché francese, il nemico di Dolomieu non era Napoleone (che trattò per ottenere la sua liberazione), ma l’Ordine di Malta (del quale il geologo era membro). Trasferito al carcere di Messina, il geologo ci trascorse quasi 2 anni in isolamento.

Ritrovò la libertà dopo la vittoria di Marengo, che vide la capitolazione anche dell’Isola di Malta. Il suo rilascio era una delle condizioni poste per iscritto nel trattato di pace. Ma per Dolomieu era troppo tardi: non si riprese mai dagli stenti vissuti in prigione e morì precocemente nel 1801.

 

 

 

 

Immagini: 1) Taranto, il castello aragonese che ospita la mostra ‘Oltre il muro, Dumas’; 2) ritratto di Thomas-Alexandre Davy de la Pailletterie, poi Generale Dumas; 3) lo scrittore Alexandre Dumas, autore di Il conte di Montecristo e I tre moschettieri; 4) ritratto del geologo Déodat de Dolomieu che ha dato il nome alle Dolomiti

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