Premio Nobel lancia l’allarme: giovani leader scientifici frenano l’ascesa delle colleghe
Erwin Neher, Nobel per la Medicina 1991, lancia l’allarme nei confronti della bassa percentuale della presenza femminile nel mondo scientifico. E non si ferma qui. Denuncia gli attuali leader delle istituzioni scientifiche di ultima generazione, perché, sostiene Neher, impediscono l’accesso e l’ascesa alle scienziate.
In un intervista rilasciata all’agenzia Efe, pubblicata il 24 febbraio 2018, il premio Nobel non lesina critiche nei confronti di quella che definisce una “coorte di giovani leader” che arrivati a essere direttori scientifici intorno ai 40-45 anni, hanno davanti a loro circa 30 anni di vita professionale, nel corso della quale“sarà impossibile per una donna di scienze ascendere alla direzione di un istituto di ricerca“. Un problema che investe l’intera Europa e che di certo “non cambierà da un giorno all’altro”.
Per esperienza familiare, Neher, attribuisce la colpa della bassa percentuale di donne negli ambienti scientifici alla mancanza della corretta mentalità e strutture in grado di comprendere e offrire supporto alle ricercatrici quando diventano madri. La moglie del premio Nobel, anch’ella scienziata, dopo aver dato alla luce il terzo figlio (ne hanno 5) decise, momentaneamente, di lasciare il lavoro; quando stabilì di ritornare alla sua professione non riuscì a reinserirsi nel mondo della ricerca, dovendosi così accontentare di un lavoro relazionato con la scienza, ma non di esplorazione.
Che cosa si dovrebbe fare per aiutare le scienziate? La ricetta di Neher è composta dagli elementi consueti: maggiore flessibilità lavorativa, e più giardini d’infanzia. E cita come esempio l’istituto dove lavora attualemte, il Max Planck di Bonn (Germania), dove, per favorire le scienziate a conciliare le esigenze personali con quelle professionali, sono state prese “piccole misure” come ad esempio le riunioni organizzate ad un orario per loro consono, ma, conclude Neher “c’è ancora molto da fare”.
Le conferme
Le dichiarazioni del professor Neher trovano conferma nelle classifiche mondiali. La situazione delle donne che decidono di dedicarsi alla ricerca nel settore STEM (ambito scientifico-tecnologico) è talmente critica che l’Onu, nel 2015, per richiamare l’attenzione universale ha deciso di dichiarare l’11 febbraio “Giornata Internazionale delle Donne e delle Ragazze nella Scienza”.
La ricorrenza ancora poco ricordata, vuole combattere i pregiudizi e promuovere la parità di genere anche nel mondo scientifico. Secondo le indagini della stessa Onu, nonostante la percentuale delle studentesse e dottorande nello STEM raggiunga il 50%, solo il 20% dei professori ordinari è donna. Qualcosa, dunque, s’inceppa nel loro cammino. È certo che devono affrontare i preconcetti di un universo, come quello della ricerca, prettamente maschile dove la competizione spesso le allontana; che a parità di bravura sono meno pagate dei loro colleghi e ricevono minori fondi per le ricerche. A conferma delle dichiarazioni del professor Neher c’è poi il passaggio, a volte irreversibile, della loro carriera quando diventano madri.
In Italia le donne che decidono di dedicarsi alle materie STEM raggiugono appena il 36%, nonostante negli ultimi tempi si è assistito a un indiscutibile progresso. Un mondo, quello scientifico, che per sua natura non im-pone una divisione di genere. Le donne e le scienze hanno un rapporto profondo e storico, ma scarsamente supportato dalla società.
Quindi la necessità di allargare il campo della ricerca alle donne è urgente: non fosse altro perchè i settori scientifici e tecnologici si ampliano e servono più persone specializzate. E in quale bacino cercare se non in quello femminile?
Il mondo ha bisogno della scienza e la scienza ha bisogno delle donne sintetizza il motto dell’Unesco. Ente, quest’ultimo che ha elaborato il manifesto-decalogo per rilevare il contributo fondamentale delle donne alla scienza per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030 sullo Sviluppo Sostenibile.
Al tempo stesso il manifesto indica i modi per raggiungere la parità di genere, tra i quali troviamo: far conoscere il contributo che le donne hanno dato alla scienza; mettere in luce i risultati che raggiungono nel campo dell’investigazione; promuovere modelli per valorizzare la conoscenza e le capacità femminili.
Misure volte inoltre ad incoraggiare le scienziate in erba a non demordere. E fare in modo di sovvertire la pessimistica previsione del professor Neher per i prossimi 30 anni.