Musei social o social democratici?

I social media diventano vettori di cultura, veri e propri mediatori museali che guardano, non senza senso critico, alle potenzialità delle piattaforme digitali. Quasi la totalità dei musei e siti archeologici presenti nel nostro paese ha un account ufficiale sui social più utilizzati, ovvero Facebook, Twitter, Instagram, TikTok.

Dunque, resta da chiedersi se i social sono diventati un traino imprescindibile, uno specchietto per le allodole o un incentivo alla conoscenza.

Sul fronte social il gruppo museale degli Uffizi, che comprende anche Palazzo Pitti, i giardini di Boboli e il corridoio Vasariano, detiene un primato; si tratta di un traguardo raggiunto non per caso o per fortuna, bensì  grazie a un lavoro certosino di competenze specifiche messe in atto da esperti del settore.

Un compendio di sapere e saper fare, creato da una squadra di professionisti in social media marketing, nonché in arte che lavora senza sosta all’interno del  Dipartimento strategie digitali. Una compagine variegata nata nel 2015 al fine di sedimentare la rete e la presenza della Galleria sul web.

Una strategia culturale che si specifica nella volontà di proporre al grande pubblico le maestose collezioni e ogni iniziativa propria degli Uffizi.

Un progetto vincente come dimostra la crescita di visite di under 25.

Tuttavia non tutti sposano questa veste d’avanguardia che sta diventando di gran moda. Ad esempio molto criticata è stata la presenza assai pubblicizzata di Chiara Ferragni prima alla Galleria degli Uffizi, poi a Palazzo Pitti. Eppure, a rigor di cronaca, dopo la visita dell’ influencer si è toccato il picco dei fruitori del complesso museale. Un’influencer doc!

Su quest’onda di progressismo audacegli Uffizi hanno addirittura lanciato The Medici Game: Omicidio a Palazzo Pitti per smartphone e tablet. Il titolo è ben esemplificativo: si investiga su un omicidio avvenuto nei meandri dell’antico palazzo mediceo di Firenze, un modo ludico per far avvicinare i giovani digitali alle meraviglie del capoluogo toscano dove ogni scorcio parla di Rinascimento, modernità desueta.

Certo gli esperti d’arte potrebbero dissentire rispetto a certe metodiche nate per incrementare la visibilità, ma non solo. Del resto, il social forse resta oggi l’unico stendardo di democrazia raggiungendo tutti, pure un pubblico di prossimità meno avvezzo a certi sadismi radical chic tipici del vecchio continente ormai depauperato della propria origine.

In attesa di un nuovo Rinascimento!!!

 

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