Il vino come il fumo. L’etichetta ne denuncerà la pericolosità

Dall’Unione Europea arriva la norma che vuole che sulle etichette per vino, birra e liquori siano stampate le avvertenze sui danni del loro uso (eccessivo) sulla salute fisica.

L’Irlanda ha deciso di adottare la misura e specificherà che il loro consumo favorisce lo sviluppo di malattie al fegato con scritte del tipo “alcol e tumori mortali sono direttamente collegati”.

L’Italia, la Francia la Spagna e altri 6 Paesi membri hanno espresso pareri avversi.

Coldiretti è nettamente contraria alla misura. Lancia accuse agli “allarmi salutistici” che metterebbero in crisi tutta la filiera vinicola del Paese; l’Italia è il principale produttore ed esportatore mondiale, superando i 14 miliardi di fatturato di cui, oltre la metà, è destinata all’estero. Il presidente Ettore Prandini, ha precisato come e quanto sia “improprio assimilare l’eccessivo consumo di superalcolici tipico dei Paesi nordici, al consumo moderato e consapevole di prodotti di qualità ed a più bassa gradazione come la birra e il vino, diventato in Italia l’emblema di uno stile di vita attento all’equilibrio psico-fisico, da contrapporre all’assunzione sregolata di alcol”.

Ma è proprio così?

I giovani e gli alcolici

Coldiretti ha le sue ragioni. Ma sul rapporto alcolici – giovani le statistiche riportano che le prime sbronze si prendono tra gli 11 e i 12 anni e in Italia sono gli alcolici, prima delle droghe, la prima causa di morte (e di disabilità) dei maschi tra i 14 e i 28 anni.

Un trend che viene da lontano: s’intitolava Alcool: prima causa di morte per i giovani il rapporto del 2011 della dottoressa Brigida Stagno. Erano i primi anni del binge drinking, la moda di ingerire più alcol possibile in una sola volta).

L’ultimo rapporto dell’Iss Epidemiologia e Monitoraggio Alcol Correlato in Italia riferisce di quasi un milione di giovanissimi già bevitori a rischio: nel 2020 si sono ubriacati 120 mila ragazzini tra gli 1 1 e i 17 anni; nel 2019 l’alcol ne ha portato al pronto soccorso 4.723: ragazzi e ragazze indifferentemente, soltanto che quest’ultime, dotate di una massa corporea più piccola e il metabolismo più lento, l’alcol lo reggono meno.

Seguono i decessi per le cause correlate alle sbornie come gli incidenti stradali, e con il tempo, il sorgere di malattie  come cirrosi epatica, pancreatite, tumori e aumento della pressione arteriosa.

A distanza di anni, non cambiano i numeri non cambia la storia. In Italia bere il vino rientra nel costume nazionale e viene fatto assaggiare già ai bambini mischiato con l’acqua… . Poche gocce che possono creare una confidenza con l’alcol, che presto, sottostimandone i danni, diventeranno sbornie.

Un passo indietro. La strategia comune per sconfiggere il cancro

La decisione di stampare le avvertenze sulle etichette è parte del piano più ampio dell’Unione Europea per la salute (BECA), le cui raccomandazioni sono state approvate dal Parlamento Europeo nel febbraio 2022, con 652 voti favorevoli, 15 contrari e 27 astensioni. La discussione avvenuta in Aula aveva portato al compromesso fra l’approvazione a maggiori informazioni ma senza precisi riferimenti sanitari, come invece ha deciso di fare l’Irlanda, con il beneplacito di Bruxelles da fine 2022.

La BECA rivolge particolare attenzione alla prevenzione del cancro. Sostenendo che il 40% di tutti i tumori sia prevenibile attraverso azioni coordinate “in relazione ai determinanti della salute di carattere comportamentale, biologico, ambientale, professionale, socioeconomico e commerciale – riporta europarl.europa.eu -.  “Le misure raccomandate includono il finanziamento di programmi che incoraggiano le persone a smettere di fumare. Nel testo si evidenzia anche che il consumo nocivo di alcol è un fattore di rischio per molti carcinomi differenti, e si chiede di inserire nell’etichettatura delle bevande alcoliche informazioni su un consumo moderato e responsabile di alcol”.

“Il Parlamento chiede inoltre l’adozione di sistemi europei di etichettatura obbligatori sulla parte anteriore delle confezioni dei prodotti alimentari e la fissazione di valori limite di esposizione professionale per almeno 25 altre sostanze”.

Come per il tabacco

Dall’inizio degli anni Novanta del Novecento sul pacchetto delle sigarette è stampata la scritta “nuove gravemente alla salute”.

Con il tempo l’informazione è stata accompagnata da immagini shock che ritraggono le conseguenze drammatiche del fumo per la salute fisica; prima fra tutte l’insorgenza del cancro ai polmoni. Al consumo della sigaretta (non soltanto per la nicotina, ma anche per altre sostanze nocive come la stessa carta, la colla, oltre la combustione) vengono imputate anche altre grave patologie come l’ictus e l’infertilità.

Nel 2005 l’Italia diventava il primo Paese europeo a vietare il fumo nei locali chiusi pubblici e privati, compresi i luoghi di lavoro con l’entrata in vigore della legge 3/2003 (Tutela della salute dei non fumatori), provvedimento contro il fumo passivo che, secondo salute.gov.it, divenne un modello per tutto il Continente.

Obiettivo raggiunto?

Ma queste buone pratiche raggiunsero gli obiettivi? Complessivamente sì, anche se dopo 15 anni di legge contro il fumo passivo, ancora salute.gov.it parlava nel 2020 di “segnali di allerta” riguardo la diffusine del fumo nelle “fasce di età giovanili con le percentuali più alte tra i 20-24 anni, sia per gli uomini (32,4%) che per le donne (22,2%) e per la popolazione generale (27,7%), e la elevata prevalenza dei 15enni che dichiarano di aver fumato sigarette almeno un giorno nell’ultimo mese, con una marcata differenza di genere (24,8% nei ragazzi, 31,9% nelle ragazze)”.

Nel frattempo si è andata diffondendo l’uso della sigaretta elettronica e dei prodotti da inalazione senza combustione, i cosiddetti heat non burn nei confronti dei quali le ricerche scientifiche non sono ancora pervenute a conclusione sulla loro minore nocività sulla salute.

 

Immagine di Helena Lopes  – pexels.com

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