Tecnologia up. Maturità down
“I giovani di oggi sono una generazione senza tutto“ affermò il sociologo polacco Zygmunt Bauman, nel corso della lectio magistralis Genitori e figli che tenne a Gorizia nel 2015.
Riteniamo giusto partire da questa considerazione nel leggere i risultati della ricerca condotta dalla docente di psicologia Jean Twenge della San Diego University (Usa), secondo la quale gli adolescenti di oggi sono immaturi se confrontati a quelli di qualche anno fa.
Crescono più lentamente afferma la ricercatrice, perché tendono a ritardare le esperienze da adulti, cullandosi nella spensieratezza. Cosicché quelle che erano normali esperienze che si consumavano tra i 13 e i 18 anni, oggi vengono procrastinate. Dal lavoro al fidanzamento, per gli 8,5 milioni di adolescenti statunitensi, che la ricercatrice ha esaminato nell’arco degli ultimi 40 anni, gli appuntamenti con la vita hanno subito uno slittamento all’indietro di circa 3 anni nella fascia tra i 15 e i 18 anni, addirittura di 7 anni nella fascia tra i 18 anni e i 25. Semplificando, i 18enni di oggi si comportano come i 15enni di ieri; i 25enni conducono una vita pari a quella dei 18enni del passato.
Gli statunitensi, quindi, maturano in ritardo o, se si preferisce, hanno tempi di crescita più lenti rispetto ai coetanei di qualche anno fa.
In Italia invece…
Lo studio americano sembrerebbe adattarsi anche ai giovani italiani, se ci soffermassimo ai freddi dati statistici che li vedono, all’interno dell’Unione Europea, primi solo alla Slovacchia, per percentuale di ‘mammoni’ pari al 67% contro la media europea del 47,9% (dati: Eurostat 2016). Ma se cerchiamo di approfondire la realtà dei giovani italiani, emerge un quadro d’insieme più complesso.
Secondo il Rapporto Giovani del 2017 dell’Istituto Toniolo, la condizione della generazione emergente è “in equilibrio precario tra rischi da cui difendersi e opportunità cui tendere, penalizzata da freni culturali e istituzionali che non permettono una piena valorizzazione di potenziali troppo spesso misconosciute e sottoutilizzate”. Parole che riportano all’affermazione di Bauman.
I “Millennials”, ovvero i nati tra gli anni ’80 e il 2000, sono più istruiti e tecnologicamente avanzati rispetto alle generazioni passate e vorrebbero essere impegnati “attivamente all’interno della società”. Al netto dei “bamboccioni” che ci sono sempre stati, dallo studio dell’Istituto Toniolo la maggior parte dei giovani italiani, in merito alle aspirazioni, non si differenziamo dalle generazioni precedenti: stesso desiderio di conquistare la propria autonomia e di “fornire una continuità verso le generazioni successive”. Ovvero mettere su famiglia.
Da un campione di 6172 persone tra i 19 e i 34 anni (indagine- ottobre 2016) alla domanda “Quale pensi sia l’età adatta per lasciare la casa dei genitori, avendo tutte le condizioni oggettive per farlo?” i Millennials indicano le fasce di età che equivalgono a quelle dei loro genitori, specificando, però, di essere costretti a posticipare l’uscita dalla casa genitoriale per difficoltà oggettiva, non per preferenza. “I motivi prevalenti di chi riamane con la famiglia di origine dopo i 25 anni” leggiamo sul Rapporto “non sono ‘sto bene così’ o ‘conservo la mia libertà’ ma la mancanza di mezzi per vivere autonomamente” (indagine – Ottobre 2016).
Le generazioni di oggi, disse Zygmunt Bauman nel corso della sua lectio magistralis, sono indicate con delle lettere x o y, “ignoti matematici che stanno a indicare l’ignoto di un futuro che non risponde più alle potenzialità impiegate dai singoli individui”.