Diritti. Una lotta bianca di cui non dovremmo mai accusarne la stanchezza
È possibile che i diritti fondamentali dell’individuo siano in balia dell’ideologie e della politica? È possibile che la società avanzi o retroceda (in barba a tutte le conquiste realizzate nel frattempo, spesso a spese di vite umane dedicate alla causa) a seconda dei “residenti” delle istituzioni, se progressisti o conservatori? È possibile che non si giunga mai definitivamente al suggellamento del rispetto reciproco, perché di questo si tratta in sintesi, ma sia sempre un cammino accidentato, tortuoso, precario, minacciato dall’aggressività di chi crede di proteggere i valori “civili”.
È così difficile ammettere che il riconoscimento dei diritti della persona sia teso alla protezione del diritto all’autodeterminazione, all’autonomia, alla dignità individuale, senza che la persona si trovi costretta, per assenza del diritto, a ricorrere a soluzioni sommerse e altamente dannose? È così difficile riconoscere che i diritti riconosciuti offrono maggiore sicurezza a tutta la società?
Ci riferiamo in particolare, alle 2 sentenze della Corte suprema degli Stati Uniti d’America che si sono susseguite: la prima, quella del 23 giugno 2022, ha abolito le restrizioni (quindi riconosce il diritto in alcuni Stati federali tra i quali quello di New York e la California) a girare armati “senza bisogno di provarne la necessità”; la seconda, quella del 25 giugno 2022 ha proceduto all’abolizione della sentenza del *1973 sul diritto all’interruzione volontaria della gravidanza.
La Corte Suprema degli Stati Uniti emette sentenze giuridiche, dall’inevitabile peso specifico politico. Consideriamo che il Presidente degli States, ha potere di nominare un giudice (sono nove in tutto), sebbene il penultimo Presidente, ne abbia nominati 3, ci riferiamo a Trump.
Ma non è questa la sede per digressioni politiche, né è nostra competenza, quello che vorremo evidenziare è la sostanzialità della difesa dei diritti umani in ogni aggregazione sociale.
La pratica illegale dell’aborto è la 3° causa di morte materna al mondo e portatore di altri 5 milioni di disabilità in gran parte prevenibili (Fonte: OMS).
Dato ribadito dall’Unione europea il 9 giugno 2022 che in seduta plenaria ha votato a favore della Risoluzione sulle minacce globali ai diritti all’aborto (364 sì, 154 no e 37 astenuti), che prevede l’inserimento dell’interruzione di gravidanza inserita nella Carta dei diritti fondamentali.
L’abolizione dell’aborto recita la Risoluzione potrebbe provocare “un impatto sulle vite di donne e uomini in tutti gli Stati Uniti” con effetti a livello “globale”, provocare un “contagio” nell’UE, dove già è stato vietato a Malta, approvate restrizioni in Polonia, Ungheria, Slovacchia o “eroso l’accesso” come avviene in Italia.
A questo punto, ci chiediamo si può giuridicamente (e socialmente) parlare di diritto all’aborto? A livello di protezione e tutela dell’essere umano, non si parla di diritto all’aborto, ma diritto di accesso sicuro. L’aborto sicuro è un diritto umano.
Come leggiamo sul sito di Amnesty International: “L’accesso a servizi di aborto sicuro è un diritto umano. Il diritto internazionale dei diritti umani chiarisce che le decisioni sul proprio corpo devono essere fatte dal singolo nel rispetto del diritto all’autonomia e all’integrità corporea. … In molte circostanze coloro che non hanno altra scelta che ricorrere ad aborti non sicuri rischiano anche di essere perseguitati e puniti, inclusa la reclusione, e possono affrontare trattamenti crudeli, disumani e l’esclusione dall’assistenza sanitaria post-aborto […]. L’accesso all’aborto è quindi collegato alla protezione e al rispetto dei diritti umani di donne, ragazze e altre persone che possono rimanere incinte, al fine del raggiungimento della giustizia sociale e di genere”.
Negli Stati Uniti è previsto per il 14 ottobre 2022, l’uscita del film Call Jane (Chiama Jane), presentato Sundance Film Festival su un gruppo di casalinghe che negli sessanta si unisce al collettivo Jane per lottare sui diritti delle donne. In primo piano, una donna della buona borghesia americana, cerca aiuto dal collettivo, per abortire. Una sensibilità artistica e sociale da parte della registra Phylis Nagy, già autrice teatrale.
I venti contrari ai diritti si respirano a livello sociale, e il lavoro sistematico, continuo, imperituro tra la tutela dei diritti acquisiti (e quelli da acquisire) tra il potere legislativo e giudiziario (nella loro totale indipendenza, ma collaborazione per il raggiungimento del bene pubblico) e la società, rappresentano i/le paladini/e della protezione dei valori democratici e dei diritti umani.
Una lotta bianca di cui non dovremmo mai accusarne la stanchezza.
*Negli Stati Uniti, Roe V. Wade la storica sentenza con cui la Corte Suprema degli Stati Uniti legalizzò l’aborto a livello federale
Immagine tratta dal film ‘Call Jane’ presentato al Sundance Film Festival, in uscita nell’ottobre 2022