Eroi civici in nome dello Stato. Salviamoci con il loro ricordo e presenza

Il 30 aprile 1982 moriva a Palermo, a 55 anni, il politico e sindacalista Pio La Torre per ordine dei capi mafia, tra i quali i tristemente noti per la loro ferocia e perché ricorrenti quali mandanti degli attentati fino al loro arresto, Totò Riina e Bernardo Provenzano.

Nel 1980 La Torre aveva presentato il disegno di legge – approvato nel settembre 1982 e introdotto nel Codice Penale come articolo 416 – bis –  che, per la prima volta, prevedeva il reato di associazione di tipo mafioso e la confisca dei patrimoni di provenienza illecita.  Il politico e sindacalista, dello schieramento comunista,  aveva compreso l’interesse primario di Cosa Nostra, ossia l’accumulo dell’arricchimento illecito e  rapporti che l’organizzazione criminale coltivava con la pubblica amministrazione e con la politica, parte importante della sua forza.

Membro della Commissione Parlamentare Antimafia fino alla conclusione dei lavori nel 1976, La Torre fu, infatti, tra i redattori che accusavano uomini della politica – tra i quali Vito Ciancimino, Salvo Limo, Giovanni Gioia (tutti uomini appartenenti alla Democrazia Cristiana, il più grande partito italiano del dopo guerra, attivo dal 1942 al 1994 – di avere rapporti con la mafia siciliana.

La Torre fu anche promotore di una campagna per il disarmo nucleare attraverso una petizione popolare che raccolse un milione di firme e che confluì nella sua battaglia contro la costruzione della una base missilistica a Comiso (Sicilia) dove nel 1980 organizzò una manifestazione molto partecipata.

La mattina del 30 aprile 1982 in una strada di Palermo da una macchina e una moto partirono i colpi mortali per Pio La Torre e, il per il suo autista, Rosario Di Salvo.

La sera stessa giunse nel capoluogo siciliano il generale Carlo Alberto dalla Chiesa, anticipando per volere del Governo, il suo insediamento come prefetto della città, nomina che era stata sostenuta dallo stesso Pio La Torre.

In Sicilia – dove formalmente si sperava che il generale raggiungesse contro Cosa Nostra gli stessi buoni risultati ottenuti contro i terroristi delle Brigate Rosse – Dalla Chiesa, in realtà, si lamentava per la carenza del promesso supporto, da parte del Governo.

Dopo 100 giorni dall’arrivo a Palermo, il 3 settembre, il generale moriva accanto alla giovane moglie, Emanuela Setti Carraro, sposata 54 giorni prima.

La dinamica dell’attentato fu la stessa di quella dell’omicidio La Torre: la macchina dove viaggiavano i coniugi Dalla Chiesa venne affiancata da un veicolo dalla quale partirono le raffiche mortali. Fu ferito anche l’agente Domenico Russo che si spense pochi giorni dopo.

L’ultimo atto investigativo della Procura di Palermo che riunisce i delitti politici siciliani (oltre La Torre e al suo autista Di Salvo, Piersanti Mattarella (1978), presidente di Regione e fratello di Sergio, attuale presidente della Repubblica e Michele Reina (1979), segretario provinciale della Democrazia Cristiana), lo firmò il magistrato Giovanni Falcone nel 1991.

Il magistrato Falcone come è noto è morto il 23 maggio 1992 nell’attentato di Capaci. Il 19 luglio dello stesso anno, è stata la vota di Paolo Borsellino, nell’attentato di Via d’Amelio.  Compagni di giochi da piccoli, colleghi da adulti come magistrati fra i più importanti di tutti i tempi con Rocco Chinnici, ideatore del pool antimafia, ucciso alle 8 del mattino del 29 luglio 1983 con una Fiat 126 verde, imbottita con 75 kg di esplosivo parcheggiata davanti alla sua abitazione  e Antonino Caponnetto nella lotta alla mafia in Italia e all’estero.

Loro, che formavano il pool antimafia,  istruirono il Maxi Processo (1986-1992): centinaia di mafiosi alla sbarra, 346 condannati, 19 ergastoli inflitti, 2265 anni di carcere comminati.

Nell’attentato di Capaci morirono con Falcone, la moglie, il magistrato Francesca Morvillo, e gli agenti di scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani.

L’attento di Via D’Amelio oltre a Paolo Borsellino, uccise gli agenti Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

Le vittime di mafia sono migliaia. Li ricordiamo, dicendo i loro nomi ogni 21 marzo. I nomi riportati in questa pagina corrispondono agli anniversari tondi della loro scomparsa: 40 anni dalla morte di Pio La Torre e Alberto Dalla Chiesa, 30 anni per Falcone e Borsellino, dieci anni tra i 4 avvenimenti che hanno cambiato la storia della mafia siciliana.

Ciascuno di loro sapeva cosa l’attendeva, sapeva di morire: il generale Della Chiesa aveva ricevuto una telefona anonima al riguardo pochi giorni prima dell’attentato; Borsellino, che raccolse l’ultimo respiro di Falcone, conosceva più o meno anche la data della sua morte: venendo a sapere di un carico di esplosivo, disse “Il tritolo è arrivato anche per me, lunedì scorso…”. E la legge del 416-bis di La Torre,  ancora oggi dà fastidio e si cerca di modificarla, figuriamoci cosa significò redigerrla.

Eppure nessuno di loro lasciò il proprio incarico, si tirò indietro, cercò la salvezza; per “spirito di servizio”, rispose in un’occasione Falcone e per onorare chi aveva sacrificato la propria esistenza per la stessa causa, prima di loro.

Uomini eccezionali? Senz’altro, ma non solo per il coraggio ma anche per la serietà verso il dovere scelto e l’ostinata convinzione che andrà bene a tutti soltanto se prevarrà il bene.

Noi possiamo emularli con l’onestà nelle nostre azioni quotidiane e con il rispetto per il prossimo. Il loro ricordo ci conforta, ci stimola e si sostiene. Un esempio civico per tutti noi e, soprattutto, per le giovani generazioni.

Navigando nel mare dell’incertezza sociale e lavorativa, ci si salva solo se a guidarci sono i nostri valori basati sui diritti umani e sul senso civico. Il loro ricordo, la loro presenza entro e fuori di noi, ci salva ogni giorno.

 

 

 

 

 

 

Immagini: copertina dal libro ‘Uomini soli’  di Attilio Bolzoni, poi  film con lo stesso titolo di Paolo Santolini  1 -2) Pio La Torre e l’autista  Rosario Di Salvo; 3-4) Carlo Alberto Dalla Chiesta con la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente Domenico Russo; 5) moneta commemorativa delle morti dei magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino; 6-7) le vittime degli attentati di Capaci e Via D’Amelio 

 

 

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