Cinema e fotografia. Una passione infinita
Cinema e fotografia, un rapporto mai interrotto perché in entrambe queste arti c’è quella creazione di atmosfere che ci riportano a come eravamo ed a come siamo. Per quanto non sia facile la riconoscibilità del nostro passato e spesso del nostro presente nelle immagini ci sono sempre i racconti dei volti ma anche i silenzi che sono quasi esperimenti che vanno dal realismo, dall’onirismo delle figure e delle ombre, dagli immaginabili spazi e profondità che le diapositive e le foto hanno creato proprio tra i personaggi e la visione psicologica che lo spettatore ne ha tratto.
Il cinema è un mondo favoloso e la sua fotografia è da sempre originariamente la partenza per la narrazione di una trama di vita vissuta od immaginaria e che attraverso queste due suggestioni trasmettono e creano storie e tematiche che ci portiamo con noi e con le quali vorremmo capire se saremo in grado di riviverne le gesta.
La fotografia nasce da un’invenzione di Alhasen di Basra, seguito poi da Leon Battista Alberti e Leonardo da Vinci, fino a Giovanni Battista della Porta e a Daniello Barbaro, che furono i primi padri, ma solo quando Hippolyte Bayard (1801-1887) non inventò il procedimento come stampa positva nessuno avrebbe mai pensato che da quella scoperta si sarebbe potuto riprodurre la storia del mondo con la sua cultura artistica e umanistica.
A metà del secolo scorso non c’era attore o chi pensava di intraprendere quella carriera, che non si rivolgeva ai più bravi studi fotografici dell’epoca, e a Roma, nata Cinecittà, lo studio Luxardo sfornava a getto continuo foto che esaltavano la fotogenia degli attori.
D’accordo, i concorsi di Miss Italia e correlati erano una fonte inesauribile ma erano poi le foto migliori che, proposte ai registi, facevano nascere le “stelle”.
Questo nostro preambolo ci ha portato a conoscere Lorenzo Montanari, un giovane colpito al cuore dalla passione per il cinema e che con il suo entusiasmo ha trattenuto per oltre due ore i presenti alla sua conferenza sul tema: foto/cinema.
Il relatore, laureato in Informatica Umanistica all’Università di Pisa, è divenuto esperto della storia della fotografia e con il rapporto estremamente stretto che quell’ispirazione la lega proprio al prodotto cinematografico, grazie anche al suo mentore: Luca Malavasi. Tanti sono i registi nati come fotografi, Stanley Kubrick per esempio o Jean Epstein che dall’obiettivo traeva il più fedele significato della realtà.
Con la sua descrizione è diventato così facile seguire come un obiettivo può riuscire a far vedere l’immagine in movimento e far sì che essa sia un certificato di una presenza. Se la foto è il reale che non si può toccare, la pellicola ha la capacità di dare forza, espressione e visibilità all’immagine che viene inquadrata in quel secondo. Ed è in quella frazione di minuto che la fotogenia di un viso è la vera essenza di un capolavoro. Nessun altro volto è più espressivo e perfetto se non quello di Charles Bronson nella sua interpretazione di Harmonica nel film C’era una volta il West.
A giudizio di Lorenzo Montanari il regista italiano che aveva capito in anticipo come sarebbe andato ad evolversi il modo di fare cinema è stato l’avveniristico Antonioni che ne vedeva una ricollocazione nel mercato del noleggio, nell’uso di Google, dei megavideo fino ad arrivare nell’interazione con il film e farne una specie di “bricolage”. E in questo campo gli spazi a disposizione sono ancora molti, anche perché se solo apriamo il nostro telefonino mentre camminiamo per strada ci sentiamo tutti registi di noi stessi.
La nostalgia di vedere un film in una sala è tanta, e dopo quasi due anni di clausura dove il salotto ed il divano di casa ci hanno accolti, ritornarvi sarà come una nuova prima volta. Alla chiusura della conferenza Lorenzo ha salutato con un allegro: “Tutti a nanna”. Riteniamo sia stato il suo invito a proseguire a sognare.
E che cos’è se non un sogno quello che le fotografie, le diapositive ed i film ci sono stati compagni per il passato e che vorremmo ancora vivere nel nostro futuro!