La memoria salvata. Il ricordo di Padre Raimondo Spiazzi

Come afferma il sociologo Paolo Jedlowski “ La memoria è un insieme di facoltà, ma alcuni aspetti sono intrinsecamente sociali. Noi ricordiamo di più quello di cui si parla nei gruppi sociali che frequentiamo. e tendiamo a far svanire ciò che nelle nostre cerchie sociali non è ritenuto rilevante. La memoria vive attraverso la comunicazione orale, i monumenti, le lapidi, i libri, i video, i film, i filmati su youtube…”

La comunicazione, dunque, è uno strumento fondamentale per la sopravvivenza della memoria, il cui supporto si può rilevare un balsamo di cui giovarci in periodi particolarmente delicati e fragili della nostra esistenza.

In questo tempo attuale, in parte sospeso, e in parte proteso verso nuove possibilità, la memoria può costituire un’autentica salvezza, come il mare, sempre in movimento, avanti e indietro, talvolta rumoroso e spesso silente perché la spuma bianca toccando la sabbia svanisce e non lascia traccia. Basta poco però che un’onda si trasformi in un ricordo o un’immagine e tutto riappare come se ieri fosse oggi, e gli anni non fossero mai passati.

Un abito bianco rigonfio di vento

Padre Raimondo scendeva dal treno, percorreva a passo svelto, quasi marziano, il viale davanti alla stazione, si fermava al primo incrocio e guardava davanti a sé il mare e la lontana linea dell’orizzonte, svoltava sulla sinistra e costeggiando i giardini giungeva in piazza Sant’ Antonio. Il suo ampio abito bianco aumentava in volume ad ogni passo, come se il vento vi entrasse dentro di prepotenza.

Giunto davanti al negozio di mio padre, quasi di corsa percorreva il corridoio che lo portava alla scrivania. Io, seduta all’ingresso sapevo che da lì a poco il sacerdote sarebbe uscito con mio padre e non avrei rivisto che dopo un paio d’ore il mio genitore. Eravamo sul finire degli anni ’50 ed allora la strada che da Sestri Levante conduceva a Moneglia era impervia e la si percorreva con il transito di molte gallerie, buie e strette.

Se poi il percorso delle auto coincideva con il passaggio in senso contrario della corriera si correva il rischio di rimanere in sosta, all’imbocco del tunnel, per molti minuti in attesa del disco verde.

Per padre Spiazzi, mio padre era un’ancora di salvezza ed ogni volta che il domenicano tornava al suo paese, faceva tappa presso il nostro negozio ed era così accompagnato in auto e subitamente a Moneglia.

Nacque una grande amicizia, un rapporto di affetto tra il domenicano, mio padre e don Giovanni Stagnaro (conosciuto come Cambertin) parroco della Chiesa di San Bartolomeo della Ginestra, nel comune di Sestri Levante.

Profuse il suo impegno anche in occasione della programmata costruzione di una centrale nucleare in prossimità della sua amata cittadina e che per fortuna poi non venne alla luce.

Padre Spiazzi. Docente e studioso di fama internazionale

Roma caput mundi, ha ospitato ed accolto una miriade di personaggi, artisti, eroi, poeti, naviganti e tra i tanti uomini nati in paesi ove la battigia viene sferzata dalle onde vi è Padre Raimondo Spiazzi, che ha lasciato Moneglia, ove ha visto la luce, per viaggiare in lungo e in largo nella nostra Penisola ed ovunque ha lasciato la sua impronta oltre che le sue opere letterarie anche nella capitale.

Scelse di essere domenicano, dopo un incontro con Don Orione nel 1939 quando era ancora novizio, perché si sentiva attratto verso quel desiderio di fare del bene e l’accoglienza piena di tanta carità ricevuta dal futuro beato lo portò agli studi su San Tommaso D’Aquino e sulle orme del Fratello Alfonso Costa, maestro dell’ordine, divenne con gli anni docente e studioso di fama internazionale.

Fu un teologo tra i più moderni sia sotto il profilo del pensiero che della personalità anche grazie alle sue ampie esperienze spirituali ed umane. Visse sempre in povertà, non tenne per sé gli utili provenienti dalle sue pubblicazioni, i suoi libri che sono più di 150, ma donò tutto, compreso le onorificenze ricevute, alla chiesa della Madonna delle Grazie patrona del suo paese natio.

Fu eletto direttore provinciale dei Domenicani in Piemonte e in Liguria, fu consulente della commissione Pontificia per l’Apostolato dei Laici e della sacra congregazione per l’educazione cattolica. Perito del Concilio Vaticano II, divenne membro di varie Accademie e consultore per il sinodo diocesano di Roma oltre che consigliere di Papa Poi XII e Mariologo dove profuse il suo impegno con 2500 scritti pubblicati.

Grazie al suo impegno fu costruito il grandioso Tempio del Rosario e fece restaurare il convento di Arma di Taggia del ‘400, in provincia di Imperia, oltre a quello di Chieri del ‘300, in provincia di Torino.

Prendendo a prestito quanto scrisse fratel Alfonso Costa: ” Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno che corre per darlo ad un altro” lui scrisse: “Faccio una timida parafrasi delle parole di chi mi ha preceduto nel cammino della fede per annunciarla ad altri.” E così fece per tutta la sua vita.

 

Immagine: Chieri (Torino), convento domenicano trecentesco 

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