Cambiamo il gioco. #UNSTEREOTYPE
Le donne e la pubblicità, una relazione pericolosa che spesso contribuisce al consolidamento degli stereotipi di genere, non sempre al passo con gli sviluppi socio-culturali. Che la nostra società sia estremamente rivolta all’imposizione di una perfezione femminile che coinvolge ogni settore del marketing e della pubblicità è un fatto; gli esempi di spot pubblicitari e immagini fotografiche che utilizzano la bellezza femminile come strumento di lancio è un dato sociale e sociologico incontestabile.
Tuttavia, qualcosa sta cambiando. Le campagne di cosmesi con donne over 60; Barbie formose e coinvolte nella quotidianità, progetti di narrazione fotografica della donna post porta, come il 4th Trimester Bodies Project iniziano a delineare nuove prospettive. Forse un cambio di direzione in cui il genere non è un limite e non detta le norme comportamentali da seguire.
Rispetto alla standardizzazione di genere, la multinazionale Unilever ha lanciato il programma hashtag #UNSTEREOTYPE, Aline Santos, Vice Presidente Executive del Global Marketing per la società intende infrangere proprio gli stereotipi in cui viene ritratta la donna nella pubblicità. Il 40% delle donne non si ritrova nei ritratti degli spot commerciali.
“L’identità di genere è cambiata e la nostra pubblicità non è cambiata ancora abbastanza“, dichiara. “Noi abbiamo ascoltato i consumatori e osservato il modo in cui viene ritratta nei nostri spot e della necessità di fare le cose in modo diverso. Siamo consapevoli che utilizzando la nostra influenza in modo responsabile, possiamo contribuire a un cambiamento culturale, così come creare migliori connessioni tra le persone, per questo abbiamo chiesto a tutti i nostri brand di sfidare loro stessi per allontanarsi dai ritratti stereotipatati di genere, specialmente per le donne e consegnare delle campagne fresche più rilevanti per il consumatore odierno. Noi chiamiamo questo movimentò #UNSTEREOTYPE e già sta facendo la differenza“.
Ruoli, personalità e apparenza
#UNSTEREOTYPE riguarda uomini e donne al fine di evitare gli stereotipi di ogni genere, ma in particolare per le donne hanno sviluppato tre aree dove realizzare un cambio positivo: ruolo, personalità e apparenza. “Le nostre ricerche mostrano come il cambiamento in queste tre aree possa comportare un profondo impatto nell’efficacia delle nostre pubblicità così come nella percezione delle donne continua Aline- Noi vogliamo ritrarre le donne in ruoli ai quali aspirano, ampliando i loro esiti, piuttosto che evidenziare le loro responsabilità, così come vogliamo rappresentare la donna nella su tridimensionale personalità: divertente, amorevole e forte.
La personalità genera gente interessante e da qui una comunicazione interessante. In merito all’apparenza, vogliamo mostrare le donne in modo positivo e privo di critica. Vale a dire spingiamo la visione della donna oltre l’ostacolo, evidenziando la bellezza in modo diverso, positivo. Marchi come Knorr che, attraverso la campagna the #loveatfirsttaste, sottolinea che il cibo e la cucina siano un piacere da godere, a prescindere dal genere.
La campagna di Knorr interroga i consumatori su come il sapore, il gusto abbia un impatto nelle loro vite. Sorprendentemente, il gusto, risulta uno dei fattori che maggiormente unisce le coppie. Amore per il gusto, amore per la vita, un legame per sempre. Nella ricerca del gusto ritrovato, Knorr ha chiesto a 12.000 persone in 12 paesi che cosa il gusto significhi per loro per ottnere una comprensione genuina del gusto; il 78% delle persone si sente attratto verso qualcuno con cui condivide gli stessi gusti. Una chimica amorosa dunque basata sul gusto; Knorr in veste di un moderno Cupido che organizza appuntamenti al gusto.
Aline Santos (nella foto accanto), ricorda come il personaggio di Ellen Ripley, nel film Alien, interpretato da Sigourney Weaver, coraggiosa, capace, piena di difetti e persino fastidiosa, le permise di sognare di poter diventare chiunque volesse.
Dalla più minuta forma pubblicitaria a quella più articolata e massificata, le immagini dell’uomo e della donna continuano a riflettere e a trasmettere codici rigidi e ancorati a schemi caduchi; profumi, detersivi, prodotti dolciari “visualizzati” da donne nella declinazione estetica e comportamentale che im-pone la società. Così come quella dell’uomo che non deve chiedere mai. L’intensità e l’eterogeneità dell’essere e dell’a propria identità di genere, si appiattisce e confluisce in una visione unica, a danno della stessa commercializzazione e acquisto dei prodotti.
Leggiamo in voxdiritti.it : “Il rapporto del Parlamento europeo Women and Girls as Subjects of Media’s Attention and Advertisement Campaigns: the Situation in Europe, Best Practices and Legislations 2013 ha messo in luce come esista una correlazione tra la diffusione di immagini discriminatorie e lesive della donna sui media con il livello di parità e sensibilità di genere nella società”. Nel 2008 il Parlamento europeo votò la decisione di abolire la pubblicità sessista e umiliante per le donne.
Un perspicace studio (Indagine dell’Art Directors Club Italiano in collaborazione con l’Università Alma Mater di Bologna e Nielsen Italia) ci evidenzia che come la pubblicità ci racconti che le donne siano sessualmente molto più disponibili degli uomini. Donne sessualmente disponibili: 12,9% Uomini sessualmente disponibili: 1,7%. Una narrazione artefatta secondo parametri artefatti, rivolti solo ed esclusivamente ad alterare la realtà sia femminile che maschile.
Una sfida dunque per i pubblicitari e le aziende quella di allontanarsi da vetusti cliché per restituirci un quadro veritiero e autentico della nostra quotidianità in cui il potere di acquisto non è patrimonio del maschio alfa, eterosessuale e vigoroso. La pubblicità come ogni mezzo di comunicazione lancia messaggi e contribuisce a formare l’opinione pubblica.
Audi (casa automobilistica tedesca) docet con lo spot “La muñeca que eligio conducir” (La bambola che scelse di guidare), una barbie contemporanea che rilegata nel ruolo di principessina, dà un calcio alla sua carrozza e, tra i mille giochi di un grande magazzino, sceglie una macchina da corsa.
Ritornata al centro commerciale dopo un magico giro in città, attira l’attenzione di un bambino, ma la mamma gli dice che la bambolina non fa parte del gioco, la estrae della macchina e la rimette vicino alla carrozza fiabesca; il bambino finge di accettare la decisione della madre, ma poi si va a riprendere la bambolina guidatrice “Cambiamo il gioco” è lo slogan dello spot.