Violenza sulle donne. Una mostra con le radiografie delle vittime
Dolore psicologico e fisico, solitudine, vergogna, senso di colpa, totale perdita del senso di sé, questi sono solo alcuni dei sentimenti che le donne provano quando subiscono violenze e abusi fisici, psicologici, emozionali, verbali. Sprofondano in un abisso emozionale dal quale è difficile risalire. Nessuna vittima che ha subito queste forme di violenza afferma di essere riuscita a superarle. Il dolore resta anche quando gli abusi cessano. Nel migliore dei casi “ci si perdona”, ma non si dimentica.
Se ne parla ormai da anni, attraverso la letteratura, il teatro, le ricerche, le indagini, passando attraverso il movimento internazionale #metoo. Ma la violenza sulle donne continua a consumarsi soprattutto fra le mura domestiche, ed è anche per questo che, spesso, rimane sommersa o spesso non è considerata in tutta la sua gravità. Lo conferma un’indagine condotta da WeWorld che asserisce che soltanto il 10% delle donne e il 19% degli uomini sono consapevoli della violenza domestica. Dati confermati dal Rapporto Eures 2019 secondo cui nel 2018 il numero dei femminicidi commessi in ambito familiare-affettivo è cresciuto: (+6,3%).
Ben venga allora la mostra L’invisibilità non è un super potere, nell’hub culturale WeGil di Roma, che espone 10 radiografie (oltre a 10 fotografie) fornite dall’Ospedale San Camillo – Forlanini di Roma e dall’ASST Santi Paolo e Carlo di Milano. Le immagini sono state realizzate nel pronto soccorso delle 2 istituzioni ospedaliere a donne che hanno dichiarato di aver subito violenza.
Tra le promotrici della mostra Maria Grazia Vantadori, chirurga e referente del Centro Ascolto Soccorso Donna del San Carlo che spiega come l’idea di esporre le radiografie le sia venuta per “l’esperienza accumulata sul campo in tanti anni di attività” che l’ha portata, per decifrare propriamente le lesioni, “ad andare oltre il non detto e ad aiutare le donne a orientarsi per uscire dalla violenza e far capire loro che quanto accaduto non deve ripetersi mai più”.
Orientare queste donne significa anche non farle sentire sole, per questo l’intento della mostra, aggiunge Marzia Bianchi – autrice delle fotografie, collaboratrice della Pangea-REAMA e curatrice della mostra – è rompere “il muro di silenzio che le circonda quando subiscono violenza”, per questo “parlano le loro lesioni, intrecciando singole storie in un unico racconto” davanti al quale nessuno voglia più voltare lo sguardo altrove.
La mostra L’invisibilità non è un superpotere. Fotografie e lastre per dire no alla violenza sulle donne – organizzata dalla Fondazione Pangea – anche attraverso l’esperienza della propria Rete per l’Empowerment e l’Auto Mutuo Aiuto (REAMA) e con il patrocinio della Regione Lazio – sarà visitabile fino al 6 febbraio 2020.