Mio cugino Musa, uno dei minori annegati in quella notte
Ci riferisce l’Associazione Baobab Experience: “Diffondiamo la testimonianza di M. (per ragioni di sicurezza per la persona non scriviamo il nome per interno, ndr) e pubblichiamo, su sua richiesta, le foto dei suoi amici uccisi qualche giorno fa dalla Guardia Costiera Tunisina.
“In questo video voglio parlare di cosa sta accadendo qui in Tunisia e di cosa sta succedendo ai nostri amici. Sono salpati il 7 novembre al km 19 di Sfax alle 7 di sera, dopodiché non abbiamo più avuto notizie; sono scomparsi. Pochi giorni dopo ci hanno chiamati dal deserto. Ci hanno raccontato che erano stati affondati dalla Polizia tunisina, che ha lasciato annegare i passeggeri. È intervenuto un pescatore tunisino che ha fatto salire (i superstiti) sulla sua barca. Successivamente è arrivata la polizia tunisina che ha prelevato le persone sopravvissute dalla barca di quest’uomo”.
M. racconta di una prassi sistematica della Guardia Costiera Tunisina: speronamenti volontari, furti di motori, accerchiamenti pericolosi che causano onde alte e l’instabilità delle precarie imbarcazioni in ferro utilizzate per la traversata, lancio di gas lacrimogeni, pestaggi con bastoni e mazze d’acciaio.
C’erano 80 persone a bordo e ne sono sopravvissute solo 27.
Musa, suo cugino, è stata vittima di uno di questi assalti. È scomparso nel mare, come tante, troppe altre persone di cui a un certo punto si smette semplicemente di avere notizia.
E i sopravvissuti? viene chiesto a M.
“La polizia li ha divisi in due gruppi; un gruppo è stato deportato nel deserto, l’altro gruppo in Libia ed è attualmente nella prigione di Al-Assah. Non potranno uscire finché non pagheranno il riscatto”.
Le deportazioni nel deserto sono ben documentate e iniziano ad esserlo anche le compravendite di migranti di origine subsahariani tra forze dell’ordine tunisine e trafficanti libici.
“La Tunisia è diventato un paese non sicuro. Lo sanno tutti. Le nostre vite qui sono in pericolo e non sappiamo se riusciremo a partire o meno, non sappiamo se riusciremo a sopravvivere al mare – conclude M -. Spero che le anime dei nostri amici riposino in pace. Mio cugino Musa, piccolo fratello, spero che la tua anima riposi in pace”
Per maggiori dettagli su questa storia, consigliamo la lettura dell’articolo di Lidia Ginestra Giuffrida su Fanpage.it.
Immagine fornitaci dall’Associazione Baobab Experience