Vietare la carne in vitro. È una buona idea?
Il termine di carne sintetica potrebbe essere è fuorviante. È detta, infatti, in vitro o coltivata, perché è un prodotto che ha origine in laboratorio dalle cellule staminali animali multi potenti. Sono cellule muscolari, queste ultime che, nutrite con proteine, sono in grado di generare grande varietà di tessuti animali. Se la tecnica è condotta in condizioni sicure, sterili e controllate si può continuare a produrre carne senza aggiungere nuove cellule, ottenendone grandi quantità.
La carne in vitro o coltivata è definita clean meat, perché la sua produzione eliminerebbe i grandi allevamenti di bestiame, grandi emittenti di gas serra e causa di sfruttamento del suolo pregiato con l’abbattimento delle foreste, eviterebbe i trattamenti crudeli nei confronti degli animali e la loro mattanza. E, fondamentale, riuscirebbe a produrre quantità di cibo per la distribuzione su scala mondiale per una popolazione in crescita. Per questo la clean meat è considerata etica.
L’impulso della fame sofferta da bambino durante la Seconda guerra mondiale, portò lo studioso olandese Willem van Eelen alla prima sperimentazione della carne auto-prodotta negli anni Cinquanta.
Lo sviluppo e la diffusione
Al patologo statunitense Russel Ross, esperto in colture cellulare, si deve nel 1971 la prima ricerca della carne coltivata.
Nel 2002, la NASA, dopo varie sperimentazioni ha creato i filetti di pesce, attraverso le cellule di pesce rosso.
Nel 2003 studiosi del progetto australiano Tissue Culture and Art Projec dell’Università dell’Australia Occidentale – dedicato all’ingegneria dei tessuti – e l’Harvard Medical School hanno presentato una bistecca ottenuta da cellule staminali della rana.
Nel 2012 erano 30 i laboratori di tutto il mondo che lavoravano sulla carne coltivata.
Nel 2013 è apparso il primo hamburger, prodotto in laboratorio, dove nel corso di una conferenza stampa a Londra è stato cucinato e mangiato.
Ma va detto che già nel 1998 Jon F. Vein aveva richiesto e ottenuto dagli Stati Uniti, il brevetto per la produzione di tessuti di carne per il consumo umano. Mentre nel 2001, Wiete Westerhof, dermatologo presso l’Università di Amsterdam con l’imprenditore van Koten richiedevano il brevetto internazionale per la commercializzazione di carne coltiva, studiata nei Paesi Bassi anche dalle Università di Utrecht e la Tecnica di Eindhoven.
La carne in vitro è già in commercio in alcuni paesi del mondo. A Singapore si vende dal 2020.
In Italia
In Italia il 29 marzo 2023 il Ddl presentato in Consiglio dei ministri vieta la produzione di carne, pesce, latte e sementi “sintetici” come viene definita nel documento sia per il consumo interno sia per l’esportazione. Il Ddl – che comunque sarà presentato in Conferenza delle Regione e poi dovrà superare il vaglio del Parlamento – propone sanzioni salate per chi trasgredisce “da un minimo di 10 a un massimo di 60mila euro” e fino al 10% degli profitti dell’azienda produttrice.
Tra i motivi della redazione del testo, ha spiegato il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, c’è l’intenzione di non creare cibo di serie A e di serie B per i meno economicamente fortunati.
Il testo, però, non vieta l’importazione della carne coltivata in Italia. Né può farlo in fase alle regole europee sulla libera circolazione dei beni e servizi. Qualora l’Autorità europea dovesse approvare la sua commercializzazione, l’Italia non potrà opporsi. Ma i prodotti del genere Mady in Italy saranno vietati.
La discriminazione alimentare è già in atto
Peccato che non si consideri che la discriminazione è già in atto: il cibo di qualità anche in Italia, da tempo non è più per tutti: i costi anche dei prodotti nostrani sono elevati; i prodotti di bassa fascia non sono di qualità; basti pensare a come vengono trattati gli animali negli allevamenti intensivi pieni di ormoni e antibiotici, per esempio, che stanno creando a noi umani la resistenza antibatterica, fonte di tante infezioni alcune letali, soprattutto negli ospedali.
L’Italia è il primo Paese europeo per decessi per batteri resistenti agli antibiotici. Si calcola una media di 10mila all’anno (fonte: dati *ECDC: 2016 – 2020).
Meno e più posti di lavoro?
Ancora, secondo il ministro Lollobrigida la misura salverebbe posti di lavoro. Siamo sicuri che questo accadrà o invece la produzione di carne coltivata ne creerebbe di nuovi?
L’Italia ha già vietato l’uso degli OGM, ora la carne in vitro, mentre glie effetti del cambiamento climatico orami sono visibili a tutti (riflettiamo sulla una siccità che dura, ormai, dal 2022) e che porterà a ripensare l’intero settore agro-alimentare se vogliamo continuare a sfamarci. E sfamarci tutti.
Allora è forte il timore che tali divieti diventeranno presto non una protezione per la qualità nutritiva e, quindi, per la nostra salute, ma, piuttosto, ulteriori ostacoli verso l’innovazione e, quindi, lo sviluppo e la crescita di tutto il Paese e rendendolo dipendente dei brevetti delle multinazionali estere.
- *ECDC: ( acronimo per European Centre for Disease Prevention and Control) Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie.
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