Scienziate nel tempo. Raccontare l’altra meta della scienza

La biografia che si fa narrazione di storie individuali e, al tempo stesso, di una storia collettiva che diventa patrimonio dell’Umanità: il libro Scienziate nel tempo. Più 100 biografie, concepito e scritto da Sara Sesti e Liliana Moro, rivela al mondo il prezioso e unico contributo che le donne hanno donato alle Scienze.

Suggestivi e autentici percorsi di vita e ricerca, delineati attraverso una forte capacità di interpretazione della storia di donne straordinarie che, per secoli, sono state assenti dai libri di testo; un’assenza dolorosa e mortificante per la cultura e per il progresso materiale e spirituale della società.

Intervistare Sara Sesti, docente di Matematica e ricercatrice in storia della scienza, membro di Donne e Scienza, curatrice della mostra Scienziate d’Occidente. Due secoli di storia, il primo studio italiano sulle biografie di scienziate, rappresenta un viaggio tridimensionale: passato, presente e futuro al tempo stesso, la cui meta è la vita stessa, senza distinzioni, senza pre-giudizi, che abbraccia il reale e il trascendente.

Biografia: strumento conoscitivo per eccellenza

Quando e come ha preso la decisione di scrivere il libro Scienziate del tempo?

Il libro ha un’origine lontana: è uno degli esiti della prima  ricerca italiana sul rapporto delle donne con la scienza, iniziata presso il centro PRISTEM dell’Università Bocconi nel 1997, uno studio che è continuato negli anni e che continuo ad aggiornare con passione.

Scriverlo è stata per me una necessità, perché, come insegnante di matematica, ho sempre sofferto nel constatare che le scienziate sono assenti dai libri testo e che nell’immaginario comune la scienza continua ad avere un volto maschile, nonostante i contributi importanti delle donne alla ricerca, fin dall’antichità.

La  conseguenza è che, ancora oggi, molte ragazze si sentono estranee al linguaggio scientifico, ne hanno timore ed evitano di intraprendere studi e carriere nelle discipline STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics). Ho voluto renderle consapevoli dei pregiudizi che hanno pesato e che pesano ancora sulle donne di scienza, strappando dall’anonimato le nostre antenate.

Storia della Scienza. Integrazione sostanziale per la didattica

Può valutarne l’impatto a livello di sviluppo professionale e accademico sulle giovani generazioni e a livello sociale del libro Scienziate nel tempo?

Ho sempre creduto che un percorso di storia della scienza potesse risultare fecondo nell’attività didattica, dal momento che una disciplina, vista attraverso la concretezza e la profondità delle biografie, assume connotazioni nuove, più vicine alla sensibilità degli adolescenti, poco incline all’astrazione e molto curiosa di esperienze complessive e di scelte morali.

Questo metodo, applicato nelle classi, ha avuto esiti molto positivi soprattutto per le ragazze, perché presentare modelli positivi di figure femminili ha permesso a molte giovani di immaginare con maggior naturalezza e disinvoltura una propria presenza nel mondo della scienza e della tecnica. Un risultato importante anche a livello sociale.

L’insostenibile inconsistenza dei pregiudizi

Quali sono secondo lei, le misure, gli strumenti più idonei per scardinare i pregiudizi sociali sul binomio donna-scienza?

Il problema è complesso e per risolverlo è necessario intervenire su più fronti, sull’educazione in famiglia, sull’istruzione a scuola e sui modelli culturali offerti dai Media, con almeno due obiettivi: demolire gli stereotipi che fanno credere che la scienza sia solo per pochi e, in particolare, che non sia “roba da ragazze”.

Essere donna. Essere scienziata

Al contrario, pensa che la donna abbia un approccio e, in potenza, delle competenze maggiori rispetto all’uomo nel campo scientifico? Se sì, quali?

No. Non lo penso. Le mie ricerche hanno dimostrato però che ci sono alcune qualità che rendono specifico l’apporto delle donne alla scienza.
1. L’importanza della relazione. Una caratteristica comune alle scienziate è stata l’abilità nel produrre importanti lavori collettivi, oggi diremmo la capacità di fare rete. Ne sono un esempio le ricerche delle équipe di solo donne che, infaticabilmente e per decenni, hanno lavorato ai più importanti Cataloghi stellari dell’Ottocento, realizzando La Carte du Ciel e il Catalogo fotometrico di Harvard, due imprese completamente femminili.

2. La pratica dell’esperienza. La scienziata Youyou Tu (1930) ha vinto il Premio Nobel per la medicina nel 2015 per aver scoperto un rimedio naturale contro la malaria, l’ artemisina, un principio attivo derivato dalla pianta dell’artemisia annuale, ottenuto attraverso l’elaborazione di un’antica ricetta cinese.

La maga delle erbe si era formata approfondendo lo studio della medicina tradizionale, visitando migliaia di villaggi, parlando con stregoni ed erboristi, memorizzando testi antichi e trascrivendo oltre duemila ricette popolari. Se fosse vissuta nel Seicento, probabilmente, sarebbe stata bruciata come una strega…

3. Il desiderio di una visione d’ insieme. Maria Sibylla Merian (1647-1717), pittrice ed entomologa tedesca, all’età di 52 anni lasciò il marito e intraprese con le figlie un viaggio avventuroso nella Guiana Olandese per completare le sue ricerche sugli insetti.

Studiò le metamorfosi e produsse delle tavole botaniche bellissime che rivoluzionarono il metodo in cui venivano rappresentati, perché non li mostravano in modo parcellizzato, ma fornivano una visione completa del loro sviluppo, da crisalide a farfalla, nel loro habitat naturale di fiori e piante.

 

4. L’attenzione a come si arriva ai risultati non è stata invece una caratteristica vantaggiosa per alcune scienziate.

Rosalind Franklin (1929- 1958) ha fornito le prove sperimentali della struttura del DNA, ma non ha vinto il Premio Nobel, assegnato nel 1962 ai colleghi Watson, Crick e Wilkins che le avevano sottratto l’immagine della doppia elica, immortalata nella famosa.

Una pagina molto brutta della storia della scienza che fa riflettere su un tratto che ci riguarda ancora oggi: l’ insicurezza o, forse, la prudenza, che ci blocca quando affrontiamo un ambito tradizionalmente maschile.

Nel caso di Rosalind, io credo che, sentirsi isolata in un ambiente di soli uomini che avevano grandi aspettative su di lei ma la consideravano un’estranea, l’abbia spinta a tenere nel cassetto i suoi risultati per troppo tempo. Per perfezionismo o forse per paura di essere giudicata inadeguata in caso di fallimento.  Un timore da analizzare, perché ancora ci riguarda.

Capire la matematica

Come matematica e docente di matematica, reputa ci sia un metodo “universale” affinché tutte le persone possano acquisire un’alfabetizzazione scientifica?

Innanzitutto credo sia importante mettere in discussione l’idea comune che “l’intelligenza sia innata” e che gli errori siano un limite. Nell’insegnamento della matematica, per esempio, è fondamentale che gli insegnanti facciano comprendere alle loro classi, fin dai primi anni, che questa disciplina è per tutti e per tutte; che dagli errori si impara e che il pensiero va allenato ragionando matematicamente. Molti studi dimostrano che l’intelligenza dei giovani si costruisce e si incrementa attraverso situazioni di vita e di apprendimento, che richiedono strategie di risoluzione di problemi. È importante renderli consapevoli di quanta scienza siamo circondati.

Medicina di genere

La Storia non si realizza con i “se”, ma proviamo ad abbandonarci a uno sviluppo storico ipotetico: “La storia della scienza a oggi, sarebbe stata diversa, se le donne avessero avuto libero accesso agli studi?

Penso proprio di sì. La presenza sempre più numerosa di donne nella medicina, per esempio, ha favorito la nascita della medicina di genere orientata a cogliere le differenze tra uomini e donne. Una medicina che ha permesso, negli ultimi anni, di svelare i motivi dei fallimenti diagnostici e terapeutici nei confronti delle donne in vari campi.

La discriminazione delle donne nella ricerca medica è stata denunciata nel 1991 da Bernardine Healy (1944 – 2011), eminente cardiologa statunitense, che ha verificato la diversità dei sintomi dell’infarto nelle donne.

Recentemente, l’immunologa Antonella Viola (1969) ha denunciato la discriminazione di genere anche nella ricerca sui vaccini, perché trascura le differenze nelle risposte del sistema immunitario delle donne e le espone maggiormente a errori, soprattutto nel periodo riproduttivo.

Giovani scienziate e scienziati

Che cosa si sente di dire ai giovani uomini e alle giovani donne che desiderano intraprendere un percorso scientifico?

Dico loro che hanno davanti un mondo in continuo cambiamento e una crisi ambientale che richiede soluzioni urgenti. Il futuro è nelle loro mani e nelle STEM c’è un universo tutto da esplorare, che permette di capire i problemi in atto e di fare richieste consapevoli alla politica. Li sprono ad occuparsene a fondo e, soprattutto, invito le ragazze a non lasciare il sapere scientifico esclusivamente in mani maschili.

La certezza e la bellezza della matematica

Ci può spiegare in breve il suo percorso formativo-professionale?

Appartengo alla generazione del femminismo degli anni Settanta. Da adolescente ero ribelle e un po’ confusa in un mondo che viveva grandi cambiamenti sociali. Trovavo le mie uniche certezze nella matematica: un luogo perfetto in cui rifugiare le mie inquietudini. Mi ha sempre incantato il linguaggio, la logica, la possibilità di generalizzare i concetti e l’astrazione che questo procedimento implica.

Mi sono laureata in Matematica all’Università Statale di Milano, con l’idea di insegnare. Il mio modello sono state le insegnanti che me l’hanno fatta amare fin da piccola e mia mamma che faceva la maestra. A scuola era molto amata. Mi coinvolgeva nel suo lavoro parlandomi dei suoi scolari e lasciandomi correggere i loro compiti. Non ho mai pensato di fare un altro lavoro.

La storia dell’altra metà della scienza

Quando è nata la sua passione per le biografie?

La mia passione per le biografie è nata dalla pratica dell’autocoscienza, ascoltando le storie di altre. Nel 1986 quando si è verificato il disastro di Cernobyl, il più grave incidente mai verificatosi in una centrale nucleare, il movimento femminista si è sentito chiamato in causa perché quel dissesto era entrato nelle case, nel quotidiano e interrogava il senso di responsabilità di un paese e la politica.

È iniziata proprio allora la critica alla presunta neutralità della ricerca e la volontà di recuperare la storia dell’altra metà della scienza. Il volume Scienziate nel tempo ha radici in quel contesto, ma col passare del tempo ha acquistato un sempre maggiore interesse ispirando mostre, spettacoli teatrali, video, performance e coinvolgendo insegnanti, studenti e stu­dentesse di Istituti scolastici di ogni ordine e grado, con l’obiettivo che l’eccezione diventi regola. Io stessa sono coautrice e protagonista dello spettacolo “Scienziate visionarie” (vedi foto ndr), Pacta dei Teatri, Milano 2023.

 

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