Sigaretta elettronica. È tutta una questione di personalizzazione
La sigaretta elettronica continua a essere al centro dell’attenzione, con notizie discordanti provenienti dalle stesse agenzie della salute. Nel 2018 la Public Health England (Agenzia per la salute pubblica inglese) ne incoraggiava l’uso per combattere il tabagismo e addirittura proponeva di offrirla gratuitamente alle donne in gravidanza. Negli Stati Uniti – dove l’atteggiamento nei confronti dell’e-cigarette è sempre stato critico – nell’ottobre 2019, il Centers for Disease Control and Prevention (CDC) ha denunciato la morte di 18 persone (ad oggi) a causa di infiammazioni polmonari causate dall’ e-cigarette, su oltre mille casi che hanno coinciso fra fine settembre e inizio ottobre con la stessa diagnosi.
La CDC non ha vietato l’uso della sigaretta elettronica ma ne hanno consigliato la sospensione, sostenendo che un particolare composto chimico, ancora non identificato, presente nel liquido da svapare con la combustione del vapore diventi tossico.
Nessuna decisione perentoria dalla stessa CDC, dunque, ma alcuni Stati Usa hanno preferito vietarne l’uso: è accaduto nel Michigan e nello Stato di New York, dove è proibito il commercio delle sigarette elettroniche aromatizzate, mentre rimane libero per quelle al tabacco e al mentolo.
Va precisato che la difficoltà nell’individuazione dell’elemento chimico dannoso è dovuto all’abitudine di molti utilizzatori del dispositivo di manipolare i liquidi acquistabili aggiungendovi olio di THC, il principio attivo della Cannabis, o aromi non considerati dai produttori della sigaretta elettronica e di tralasciare – quando richieste – informazioni sulle sostanze inalate.
Lo studio italiano
La nocività delle e-cigarette dipenderebbe, dunque, dalle manipolazioni degli utilizzatori e gli effetti tossicologici sarebbero individuali come conferma lo studio sulla resistenza regolabile dei dispositivi, condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Bologna, in collaborazione con le Università di Torino e degli Studi di Urbino, pubblicato sulla rivista Toxicological Sciences.
“La grande varietà di liquidi utilizzabili e la continua evoluzione tecnologica della sigarette elettroniche – conferma Moreno Paolini professore del Dipartimento Farmacia e Biotecnologie al sito Unibo.it – ha reso questi dispositivi estremamente personalizzabili. E questa personalizzazione produce livelli diversi di composti carbonilici tossici o cancerogene, come formaldeide, acetaldeide e acroleina, e di radicali liberi reattivi”.
I ricercatori ne hanno osservato gli effetti sui ratti, somministrandogli un “liquido privo di nicotina, generalmente considerato meno pericoloso, vaporizzato regolando la resistenza sia a livello basso sia medio” e mantenendo il voltaggio costante. I risultati raggiunti hanno dimostrato che i livelli di aldeide tossiche emesse dai dispositivi con bassa resistenza aumentano e la trachea e i polmoni dei ratti esposti al vapore generato “sono risultati maggiormente danneggiati”.
Già studi precedenti avevano già dimostrato come l’aumento del voltaggio della sigaretta elettronica favorisca la produzione di composti carbonilici perniciosi.
Quindi secondo il liquido inalato e il voltaggio e la resistenza scelti, varia la pericolosità della sigaretta elettronica, e, di conseguenza varia il “livello di rischio” fra 2 persone che usano lo stesso dispositivo, che comunque, conferma Moreno Paolini, si tratta di un rischio “ridotto rispetto alle sigarette tradizionali”.
Immagine: l’attore Leonardo Di Caprio, con la sigaretta elettronica in una immagine d’archivio