Per rimediare alla scarsità delle riserve idriche
Tra i settori che risentano maggiormente degli effetti dei cambiamenti climatici, c’è la produzione agricola, soggetta com’è alle temperature e alle precipitazioni.
Se l’innalzamento della temperatura globale favorirà le aree nordiche europee dove le condizioni climatiche più miti, fra l’altro, allungheranno la stagione di crescita delle culture, a risentirne pesantemente saranno le aree del Mediterraneo, dove la disponibilità di risorse idriche è già limitata e i cambiamenti climatici metteranno a rischio le riserve destinate all’irrigazione.
Ma una soluzione c’è: l’utilizzo delle risorse idriche “non convenzionali”, fornite dalle acque reflue, saline o salmastre, convenientemente depurate.
A questo punta il progetto internazionale FIT4REUSE, coordinato dall’Università di Bologna, che nei prossimi 3 anni si dedicherà alla ricerca di sistemi innovativi, sostenibili e a basso costo per il trattamento delle risorse idriche non convenzionali e a garantire l’approvvigionamento idrico regolare e sicuro per l’agricoltura.
Per raggiungere il risultato, informa il sito dell’Università bolognese, i ricercatori faranno riferimento e “combineranno soluzioni naturali” come “la fitodepurazione e trattamenti intensivi che prevedono l’utilizzo di reattori anaerobici, membrane e specifici nano materiali”. Dei risultati ottenuti si verificherà l’impatto economico, sociale e ambientale per “poi standardizzare un piano di riutilizzo delle acque non convenzionali, che servirà d’esempio anche per altre regioni con problemi di approvvigionamento idrico” come spiega Attilio Toscano, professore di Scienze e tecnologie agro-alimentari dell’Alma Mater e coordinatore del progetto.
FIT4REUSE agisce nell’ambito del Programma extraeuropeo PRIMA (acronimo per Partnership for Research and Innovation in the Mediterranean Area), azione di ricerca e innovazione rivolta allo sviluppo di soluzioni concrete per l’agricoltura, l’industria alimentare e l’uso delle risorse idriche, condotta dai Paesi che sorgono nel bacino del Mediterraneo.
Finanziato con 2 milioni di euro, partecipano al progetto FIT4REUSE 9 istituzioni di 7 Paesi.
Oltre all’Università di Bologna (Dipartimenti di Scienze agroalimentare e Ingegneria Civile), sono impegnati gli altrettanto italiani Politecnico delle Marche e ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), BIOAZUL S.L. (Spagna), Ecofilae (Francia), National Technical University of Athens (Grecia), MEKOROT WATER CO. (Israele), Higher Institute for Applied Biological Sciences of Tunis (Tunisia), ITUNOVA (Turchia). (Fonte: Unibo)