Fondazione RiMED. Testimonianze di ricerca e vita
abbanews. eu ha avuto il privilegio d incontrare alcuni ricercatori e ricercatrici del Gruppo di ingegneria dei tessuti del Prof. Antonio d’Amore, all’interno della Fondazione RiMED
Arianna Adamo: l’arte dell’esplorazione
Dalla passione per l’archeologia alla scoperta delle Biotecnologie
Si dichiara grande fan della divulgazione scientifica. Mai come in questo periodo considera ci sia la necessità (chissà, forse l’urgenza) di attenuare la diffidenza delle persone nei confronti delle scienze.
La linea digitale va e viene, prima di raggiungere la stabilità, poi mi accoglie con un gran sorriso e una bellissima notizia, nonostante il giorno libero, è in affanno di tempo.
Tante cose da fare. Sta per sposarsi ed è felicissima. Da adolescente voleva fare l’archeologa, poi un incontro con un professore che le parla delle Biotecnologie; si aprono scenari nuovi, suggestivi, e la sua curiosità esplorativa si trasferisce dal mondo antico alla biologia e all’innovazione.
Laurea triennale in Biotecnologie a Messina e poi la laurea magistrale a Parma in Biotecnologie Mediche e Farmaceutiche, con specializzazione in area cardiovascolare.
Il professore del suo destino era Luigi Michaud, morto durante un’immersione in Antartide. Era ricercatore a Scienze Biologiche ed Ambientali presso l’Università di Messina.
Le Biotecnologie. Un’ autostrada per l’ingegnerizzazione dei tessuti
Inizia a lavorare al Policlinico di Palermo, ma non le basta. Si definisce un topo da laboratorio, svolge un dottorato tra Palermo e Pittsburgh dove incontra “Antonio” e il suo “approccio meraviglioso” alle scienze. Dopo il dottorato partecipa a un bando pubblico, promosso dalla Fondazione Ri.MED, e si trova a collaborare in un ambiente a maggioranza femminile, non frutto delle quote rosa, ma di puro merito.
Arianna, nelle sue attività iniziali di ricerca, pensa di proporre uno screening sui pazienti, su diversi tipi di modelli, con l’obiettivo di rivalutare una piccola molecola, come fattore predittivo di eventuali patologie. Il progetto che riguarda lo screening della molecola è stato lo stesso con cui è valutata per il concorso del dottorato che ha vinto. Un progetto che non è mai partito. Un sogno nel cassetto, per il momento.
All’ingegneria non ci aveva pensato, le sembrava una cosa incredibile, si sentiva molto lontana da quel mondo. Poi “Antonio” vince un PON (Programma Operativo Nazionale, promosso dal Miur) con l’Università di Palermo, e Arianna si trasferisce negli USA, iniziando a lavorare sull’ingegnerizzazione dell’apparato cordale del cuore.
I materiali bioingegnerizzati permettono di evitare il mismatch (squilibrio) meccanico che si può avere quando si introduce un materiale che il corpo non riconosce, come ad esempio un materiale di sutura; a quel punto il corpo lo incapsula e si ha la fibrosi (anomala formazione di tessuto connettivo-fibroso in un organo o in un tessuto).
I materiali ingegnerizzati crescono con il corpo e vengono sostituiti gradualmente dal tessuto del pazienze, offrendo alle cellule la possibilità di ricreare il tessuto.
Meccanobiologia: tra biologia e ingegneria
Il suo ambito è la meccanobiologia, ossia quella zona transettoriale della scienza che lega biologia e ingegneria per lo studio e l’analisi delle funzioni cellulari, e il suo progetto principale (ne segue tanti) verte sulla ingegnerizzazione dell’apparato cordale.
Questo progetto ha due ricadute importanti: nell’ambito della medicina traslazionale (applicazione clinica della ricerca) e della scienza di base.
Nel primo caso il target finale è utilizzare questi scaffold bioispirati, ossia questi scaffold (impalcature) che sia per la forma che per le proprietà meccaniche sono costituiti da biomateriali che prendono ispirazione dalla natura. Siamo di fronte a nuova famiglia di protesi cardiovascolari. Questo tipo di protesi sostituisce quei fili di sutura attualmente impiegati in chirurgia che possono causare il mismatch meccanico e generare fibrosi.
Inoltre, il progetto mira alla costruzione delle chordae tendinee (le sottili strutture fibrose che collegano i foglietti delle valvole atrioventricolari ai muscoli papillari del ventricolo); queste chordae collegano i lembi della valvola a delle appendici di muscolatura cardiaca, all’interno delle cavità dei ventricoli (muscoli papillari).
“Da un punto di vista di scienza di base – osserva Arianna – grazie all’uso di appositi sistemi in vitro, in questi scaffold si mira a studiare il comportamento delle cellule sottoposte a stimoli ambientali e meccanici così da rilevare i meccanismi che sottendono alla formazione di tessuto nuovo”.
Una scienza di frontiera che permetterà la costruzione di protesi che rappresentano un continuo con la natura.
Gruppo di lavoro: un’isola felice
Per quanto siano limitanti gli aspetti logistici e la difficoltà da vivere una città come Palermo, Arianna è felice di andare al lavoro; è piacevole creare e produrre in un gruppo in cui tutti sono diversi, con esperienze diverse e “si incastrano” tra loro in modo perfetto. Quello che le piace del suo gruppo di lavoro, è l’integrazione delle diverse competenze.
Suggestioni per le matricole
Quando Arianna termina il liceo a Messina, siamo nel 2010, è l’anno delle manifestazioni all’interno delle università a cui partecipa attivamente; la madre è ricercatrice, dunque conosce bene l’ambiente.
Come matricola, scoraggiata dalle previsioni occupazionali (così le dicono) relative ad archeologia, opta per Scienze Naturali, ma l’aria che si respira è demotivante sia tra gli studenti che tra i docenti.
Durante l’estate del 2011 incontra il prof. Luigi Michaud, e parlando “out of blue” (in modo inaspettato, di punto in bianco), le chiede: “Ma tu non hai mai pensato a Biotecnologie?”
Arianna voleva comunque vivere in Sicilia, ma dalla narrazione collettiva, sembrava non ci fosse nulla e invece, improvvisamente, le veniva indicata la porta da aprire. Purtroppo, non riuscì a far sapere a Luigi Michaud che non ritornò dalla spedizione in Antartide, la sua scelta, ma per Arianna quella conversazione cambiò per sempre la sua vita. Il giorno dell’incontro è stampato nella sua memoria, si ricorda esattamente come erano vestiti entrambi, dove si trovavano. Una fotografia indelebile.
La sua voce è limpida, come il suo sguardo cristallino, leggermente offuscato dal pensiero che gli adolescenti attuali percepiscono di non avere la possibilità di costruirsi un proprio percorso. “Le difficoltà nel perseguire i propri obiettivi ci sono, i sacrifici anche – evidenzia- ma al termine del “parto” i dolori, le fatiche, non si ricordano più. Un esperimento scientifico deve ripetersi tante volte. Un lavoro lento, accurato, minuzioso, ma raggiungere un risultato non ha prezzo.
Laura Modica de Mohac: obiettivo finale e necessità delle persone
“Sono farmacista, e questo caratterizza il mio focus sull’obiettivo finale e sulle necessità delle persone. Le persone che si rivolgono al farmacista vogliono capire, non solo acquistare un farmaco”.
Laura parla velocemente, lo sguardo dritto e fiero; il suo “spirito guida” la ricerca della qualità in senso lato, in campo scientifico e umano. Dopo un’esperienza a Londra, ritorna con entusiasmo per unirsi ai suoi colleghi in una dimensione di costruzione e innovazione.
Il dottorato: incontro con l’ingegneria dei tessuti
Svolge un dottorato in Biotecnologia Farmaceutica, promosso dalla università di Palermo, in collaborazione con il King College London, dove trascorre la maggior parte del suo percorso dottorale, rivolto al mondo della fabbricazione farmaceutica.
Durante il dottorato ha modo di conoscere “Antonio” e, di conseguenza, inizia a immergersi nel mondo dell’ingegneria dei tessuti e ne rimane affascinata. Il suo approccio è sempre stato teso verso la qualità del lavoro che ti permette di lavorare in modo adeguato. Se non avesse avuto modo di verificare l’eccellenza del laboratorio di Ingegnerizzazione dei Tessuti, dove attualmente opera, probabilmente avrebbe continuato a fare ricerca nella terra di Shakespeare.
Ritorno in Italia: aria fresca nella sua terra di origine
Fu proprio un collega di dottorato che le parlò per la prima volta di questo professore “super innovativo” che stava creando un laboratorio in Sicilia. L’incontro con il Prof. D’Amore e il suo progetto scientifico, le permette di respirare un vento fresco proveniente dal Ponente siculo e decide di partecipare al bando pubblico della Fondazione RiMED. L’obiettivo finale e le necessità del paziente continuano a essere le sue priorità. Le sue competenze, la sua esperienza nella fabbricazione di metodiche per impianti, le permettono di passare in modo brillante le selezioni.
La sua tesi sullo sviluppo di sistemi di rilascio controllato dei farmaci per la schizofrenia refrattaria al trattamento, le fornisce l’opportunità di approfondire la fisiologia e la ricerca di terapie innovative. Una tipologia di ricerca e di metodiche che applica nel progetto attuale, lo sviluppo di un patch, un cerotto, sintetico e biologico da applicare al cuore, con una doppia funzione: rigenerativa e meccanica.
La ricerca e la sperimentazione è già in atto. Per la realizzazione di un patch sintetico con una componente biologica, si parte dal cuore dei maiali. L’applicazione in modelli animali di piccole dimensioni ha dimostrato una crescita del tessuto e un funzionamento del muscolo cardiaco. Ora si intende passare da animali piccoli ad animali grandi, per poi, come obiettivo finale, arrivare all’uomo. Le fasi cliniche sono varie e articolate.
Descrive il laboratorio di ricerca nella quale opera come una realtà innovativa, con strumentazione all’avanguardia, grazie ai fondi di ricerca. Il laboratorio è un polo di attrazione nazionale e internazionale. “Ognuno dei ricercatori e delle ricercatrici è selezionato tramite una convocazione pubblica. È impagabile la possibilità di mettersi in gioco, confrontandosi con tante persone capaci”.
E last, but not least, la nostra giovane scienziata evidenzia la collaborazione con l’ISMETT (Istituto Mediterraneo per i Trapianti e Terapie ad Alta Specializzazione ) che comporta un confronto giornaliero tra ricercatori e medici. Un monitoraggio in itinere. Una “comunicazione bellissima”, un raffronto continuo. Un’autentica boccata di aria fresca” dichiara Laura, con la genuina consapevolezza di studiosa rivolta alla scoperta e al bene pubblico.
Ruolo del farmacista
Soffermandosi sulla professione di farmacista evidenzia come in parte sia un ruolo professionale sottovalutato, visto, a volte, come un “venditore/venditrice di farmaci”. In realtà, si tratta di professionisti con una solida preparazione scientifica e tecnologica, dotati di alte competenze trasversali: “Noi parliamo tanto con i pazienti; l’ascolto è fondamentale. In Italia manca l’integrazione tra farmacia e ricerca, intesa come pratica sul territorio, non dal punto di vista farmacologico”.
Suggestioni per le future matricole
Confessa di essere sempre stata ambiziosa e meticolosa; già durante gli anni liceali aveva deciso di compiere esperienze all’estero e di dedicarsi alla ricerca. Forse non è un caso che a 13 anni abbia optato per un istituto sperimentale, come il liceo matematico-naturalistico. Esorta a saper capire le opportunità (non basta che le opportunità si presentino), di sperimentarsi, di mettersi in gioco.
Della farmacia l’affascina la commistione tra scienze di base e prodotto finale, tra l’aspetto scientifico e il rapporto con le persone. La sua mente analitica la porta naturalmente a voler comprendere sia come vengono realizzati i farmaci, sia all’apprendimento/approfondimento di materie di base come l’anatomia, le scienze naturali, la biochimica. La sua natura esplorativa la guida nella scelta formativo-professionale e la continua a guidare nella sua attività di ricerca, nel laboratorio dove respira “aria fresca”.
Joan Dario LAUBRIE: dalle Ande agli Appennini
Dal mondo industriale a quello della ricerca
Joan Laubrie, cileno dal nome catalano (la madre è una fan del cantautore Joan Manuel Serrat), fin dagli anni liceali è consapevole che il suo percorso sarebbe stato in ambito scientifico. È indeciso tra fisica e ingegneria e, infine, opta per ingegneria meccanica, a cui segue un Master in biomeccanica; dopo un periodo in ambito industriale come ingegnere meccanico, capisce che la sua passione è la ricerca. Le priorità dell’industria, nonostante l’allettamento economico, non lo stimolano e si pone un quesito: “Perché non fare un dottorato?” La sfida intellettuale lo chiama e Joan l’accoglie in una dimensione internazionale.
Approdo nel Mediterraneo
Attraversa così l’Oceano Atlantico, per svolgere un dottorato nel settore della biomeccanica in Francia: costruzione di modelli matematici in grado di predire insorgenze letali, quali l’aneurisma e le modalità con cui si genera. Biologia e ingegneria meccanica, per tutelare la salute dell’uomo e, quando necessario, intervenire in modo personalizzato e poco invasivo.
La sua specializzazione è la scienza dei materiali e, per quanto riguarda il corpo umano, studia i materiali di cui sono composti gli organi, le cellule, i fluidi del corpo. Consideriamo che un organo è formato da un gruppo di tessuti differenti (materiali) che collaborano tra loro, per svolgere una determinata funzione o più funzioni. Grazie ai modelli matematici si generano modelli di comportamento che permettono la progettazione di protesi in modo accurato e sostenibile per il corpo.
Le arterie sono composte di diversi materiali che si possono danneggiare e la chirurgia potrebbe essere pericolosa. Joan mi spiega che si può prevedere la crescita dell’aneurisma; fornire una sorta di cassetta degli attrezzi per il chirurgo. Ci tiene a sottolineare che nella procedura di modellazione matematica, bisogna presumere molte cose e dunque dipende da ciò che si presume, il risultato di un modello.
Dalla Francia all’Italia
Mentre sta terminando il dottorato, la sua mente è già rivolta altrove. La sua curiosità, il suo desiderio di apprendere nuove lingue, nuove culture lo spinge verso altri lidi; intende continuare la ricerca, ma in un altro paese. L’esperienza francese, per quanto illuminante e formativa, è giunta al termine. Ed è così che si ritrova in una città “impresionante”; così definisce Palermo. Ama uscire dalla sua zona di comfort e intraprendere nuove attività, ricercando anche nuove suggestioni: amici, lingua, cucina…
Meccanica computazionale alla RiMED
Nel laboratorio di ingegneria dei tessuti si occupa di meccanica computazionale per la progettazione di valvole, costruite sulla base dell’ingegneria dei tessuti. Joan è stato selezionato nell’ambito del progetto 4FRAILTY per la Sensoristica intelligente, infrastrutture e modelli gestionali per la sicurezza di soggetti fragili.
Come mi aveva già evidenziato, per arrivare a formulare dei modelli, bisogna presumere dei dati; per la costruzione di modelli matematici, bisogna fare molti calcoli che con l’uso del computer si velocizzano.
Progettare un modello matematico, per esempio per la costruzione di una valvola, si realizza, inserendo tutti i parametri coinvolti nel movimento meccanico della valvola. Un problema complesso, il comportamento meccanico della valvola, come lo è il comportamento del sangue, un fluido. Bisogna considera il mix di comportamenti complessi che hanno luogo nell’arco di una giornata intera all’interno del corpo umano, e, in particolare, nella parte analizzata, per dare vita alla “bio” progettazione di una protesi.
Il discreto fascino dell’incrocio delle scienze
Lo affascina e gli interessa molto lo studio e la ricerca tra campi disciplinari diversi. Una commistione scientifica che non ha confini. Ogni giorno l’osservazione e lo studio del cuore, permette l’incontro di fenomeni elettrici, meccanici, di materiali fluidi. Si incrociano cose nuove, si affrontano e travalicano nuove frontiere.
Una rivoluzione quotidiana di relazioni e interconnessioni di cellule che formano i tessuti, i quali si organizzano in sistemi di organi.
Ogni scienziato mi spiega Joan aterriza, (in spagnolo significa, atterra) quando è obbligato a farlo; riconosce i suoi limiti, e ri-cominicia; un viaggio esplorativo continuo. Nel laboratorio si incrociano e si incontrano saperi diversi, complementari. Per esempio, Joan individua un materiale che considera ottimo e, poi, la sua collega farmacista Laura (si riferisce a Laura Modica de Mohac), gli dice che non si può utilizzare perché è tossico.
Un giorno, Joan si augura di diventare professore, per trasmettere e condividere le sue competenze in una dinamica conoscitiva reciproca. Un volto aperto e fiducioso che “atterra” in una pista interdisciplinare e interculturale, in cui non si può fare a meno di apprendere, analizzare, sperimentare, fermarsi, e ri-partire.
Suggestioni per le matricole
“Bisogna lavorare duro, ma si può fare”. Ci sono campi disciplinari, afferma il mio interlocutore, come la biomeccanica che sono “super entretenidos” (super divertenti, piacevoli, coinvolgenti). Quando era adolescente (non sono molti gli anni che lo separano da quel periodo) decide di cambiare indirizzo, vuole diventare uno scienziato.
Diventare chi si è la scommessa della vita per ogni persona. Sarebbe auspicabile che non ci fosse scissione tra chi si diventa e chi si è. Prima di varcare l’Oceano, Joan si mette alla ricerca di “materiali canori”, ossia di canzoni che lo mettano in contatto con il mondo latino europeo e si imbatte casualmente in Mediterraneo, “canzone- faro” proprio di quel cantautore a cui deve il suo nome, Joan Manuel Serrat.
Patrizia Caruso: un atto di coraggio
Innamorata della sua terra e della sua Università
La foto, inserita in un social network di un gruppo di giovani donne e giovani uomini, accompagnata dall’etichetta “diversità e interculturalità”, attrae la mia attenzione. È la prima cosa che rammento a Patrizia Caruso, dottoranda della Fondazione RiMED, quando iniziamo a conversare. “Ah, sì -mi dice – eravamo in una pizzeria del centro di Palermo. Il nostro benvenuto ai ricercatori stranieri che si erano stabiliti a Palermo e ad “Antonio che era appena tornato a Palermo”. Convivialità e impegno condensati in un’immagine.
Laureata in ingegneria meccanica (“all’inizio del corso eravamo quasi una decina di donne”) presso l’Università di Palermo. Fin dai primi anni universitari vive a pieno i suoi anni di formazione, in una dimensione partecipativa e propositiva per il suo territorio. “Dobbiamo fare un atto di coraggio e rimanere nella nostra terra” dichiara. Consigliere di Amministrazione dell’ Ateneo palermitano, presidente dell’associazione Vivere Ingegneria, vicepresidente di Vivere Ateneo, partecipa, come membro di quest’ultima, alla realizzazione di corsi gratuiti, su come affrontare i test, per le future matricole. Attualmente hanno superato i 1000 iscritti.
Descrive in modo orgoglioso la sua università di cui si dichiara innamorata. “Avere l’opportunità di collaborare con tante persone, lavorare con ragazze e ragazzi che hanno voglia di cambiare le cose e avere l’opportunità di cambiarle, è un’avventura meravigliosa.”
Nel percorso magistrale ha la possibilità di studiare materie opzionali, mostrando un interesse spiccato per l’analisi sperimentale con prove meccaniche sui materiali, ma ancora non sa dove sarebbe arrivata. Così al secondo anno, le si presenta l’opportunità di svolgere un tirocinio di quattro mesi presso la Fondazione RiMED, e il suo amore universitario si trasfonde nel progetto di tirocinio.
Dall’università alla ricerca: un percorso naturale
Come ingegnere meccanico, il suo percorso di dottorato di ricerca “Mechanical, Manufacturing, Management And Aerospace Innovation” si svolge presso Unipa, avendo come tutor il Prof. Zuccarello e il Prof. D’Amore; il suo progetto di ricerca affronta il tema della caratterizzazione dei tessuti cardiaci, attraverso l‘analisi strutturale e funzionale dei tessuti cardiaci umani, in particolare sui lembi che compongono ciascuna delle quattro valvole cardiache.
Con forte convinzione e determinazione, mi illustra l’importanza di capire come sia strutturata la valvola cardiaca. Si riportano i dati reali della valvola così da poter creare un modello in grado di riprodurre e mimare il funzionamento di una valvola cardiaca e, pertanto, della protesi relative, realizzate con un materiale in grado di integrarsi con il corpo.
Soprattutto se si parla di anziani o bambini con patologie cardiache, bisogna comprendere come possa durare una protesi nel tempo, mirando alla crescita endogena dei tessuti.
Nella Fondazione si sente accolta dal primo giorno. Nel gruppo di Ingegneria dei tessuti condivide ogni aspetto dello stare insieme, dalla pizza, al pranzo, al confronto scientifico quotidiano. Per esempio, se si disseziona il cuore di un animale (fa riferimento alla sua collega Laura de Mohac cui con cui ha collaborato per le prime dissezioni), lei ne analizza le valvole cardiache.
Voglio fare una cosa che abbia un senso nella mia vita
Patrizia ama mettersi a disposizione degli altri – “il mio cv parla da sé, voglio fare una cosa che abbia un senso nella mia vita, fare qualcosa per il mio territorio e per le persone. Io voglio avere il coraggio di scegliere la nostra terra, per me è un monito, con le piccole cose si può fare la differenza.
A Palermo siamo addestrati su come affrontare le problematiche e questo amplia la nostra capacità di arrivare a risoluzioni efficaci ed efficienti”.
Non è un caso che il motto di Vivere Ingegneria e Vivere Ateneo, di cui è stata membro, appartiene a Padre Pino Puglisi, vittima di mafia nel 1993: “Lo facciamo per poter dire: dato che non c’è niente, noi vogliamo rimboccarci le maniche e costruire qualche cosa e se ognuno fa qualcosa, allora si può fare molto“.
Il fatto che la RiMED stia investendo nel territorio, lo considera uno dei regali più grandi per la Sicilia occidentale.
Fanno inoltre parte del Gruppo di Ingegneria dei tessuti:
Federica Cosentino, Scientist – Esperto in metodi numerici
Marzio Di Giuseppe, Scientist – Esperto in metodi numerici
Viktor Balashov, Post Doctoral Researcher in Tissue Engineered Heart Valves, selezionato nell’ambito dell’ERC Consolidator Grant vinto dal Prof. D’Amore, di cui la Fondazione è host institution
Marianna Barbuto, dottoranda in Tecnologie e Scienze per la Salute dell’Uomo
Pietro Terranova, dottorando in Mechanical, Manufacturing, Management and Aerospace Innovation
Elisa Lanzalaco, dottoranda in Chemical, Environmental, Biomedical, Hydraulic And Materials Engineering
Fatemeh Salahi, dottoranda in Mechanical, Manufacturing, Management and Aerospace Innovation, proveniente dall’University of Tehran, in co-tutoraggio con l’Università di Palermo