Dal neolitico all’antropocene. La ricostruzione del più antico genoma di un batterio

La storia della convivenza tra il genere umano e i virus e batteri – e le malattie conseguenti – viene da molto lontano.  Lo conferma lo studio internazionale di paleo genomica* sulla Salmonella, coordinata dal Max Planck Institute for the Science of Human History di Jena (Germania), con il contributo dell’Università di Firenze e recentemente pubblicata su Nature Ecology & Evolution.  Guidata dai ricercatori  Alexander Herbig e Johannes Krause dell’istituto tedesco e Felix M. Key, del Massachusetts Institute of Technology, la ricerca riesce con le prove molecolari a dare al fenomeno l’esatta collocazione temporale – l’era neolitica –  e, quindi, i motivi per cui l’uomo, venuto a contatto con agenti patogeni ha iniziato a contrarre malattie che si sono protratte fino ad oggi.

Il neolitico (dagli 8mila ai 4mila a.C.) ha segnato un cambiamento fondamentale nel modo di vivere dell’uomo che è passato dall’essere nomade – sopravvivendo predando animali e raccogliendo frutti – a essere stanziale e produttivo, dedito alla pastorizia e all’agricoltura e producendo con le sue attività il proprio cibo.  Ma il sedentarismo e il contatto costante con gli animali, l’hanno esposto a nuovi agenti patogeni e nuove infermità. Ipotesi a lungo teorizzata confermata per la prima volta dallo studio in questione con le prove molecolari dirette.

I ricercatori coinvolti nello studio hanno preso in esame il materiale genetico di 2739 resti umani di una vasta aree europea (dalla Svizzera alla Russia) e sono riusciti a ricostruire 8 genomi di Salmonella – il più antico è databile al 5° secolo a.C. fino al più recente attribuito al periodo dell’antica Roma – e attraverso le prove molecolari, sono riusciti a ricostruire il più antico genoma di un batterio esistente ancora oggi: la salmonella.

Come ha rivelato Alexander Herbig i resti studiati appartengono a diversi gruppi culturali, dai tardi cacciatori-raccoglitori ai pastori nomadi e ai primi agricoltori; offrono, dunque, un’ampia variabilità temporale e geografica “che ha permesso, per la prima volta, di applicare la genetica molecolare per collegare l’evoluzione di un patogeno allo sviluppo di un nuovo stile di vita umana“.

Come apprendiamo dallo studio, posto che “la maggior parte dei patogeni non causa alcun impatto duraturo sullo scheletro, per identificare le malattie passate e ricostruire le loro storie, i ricercatori si sono affidati alle tecniche genetiche, utilizzando una pipeline di screening batterico di recente sviluppo chiamata HOPS”. I genomi dello studio sono stati recuperati prelevando campioni dei denti dei resti e “la presenza di salmonella enterica” riscontrata  “suggerisce la presenza di malattie sistemiche” negli uomini di quel tempo.

“L’antica meta genomica* offre una finestra senza precedenti sul passato delle malattie umane – afferma Felix M. Key -. Ora disponiamo di dati molecolari per comprendere l’emergere e la diffusione di agenti patogeni di migliaia di anni fa ed è interessante il modo in cui possiamo utilizzare la tecnologia ad alto rendimento per rispondere a domande di lunga data sull’evoluzione microbica”.

Fonti: Max Planck Institute for the Science of Human History e Università di Firenze 

*paleo genomica: studio del DNA estratto da resti fossili;

*meta genomica: approccio basato sull’utilizzo di tecniche genomiche moderne per lo studio di comunità microbiche direttamente nel loro ambiente naturale, evitando così il problema del prelevamento e coltivazione in laboratorio (Wikipedia)

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Una risposta

  1. Marco ha detto:

    Non e’ , che siamo derivati da una mutazione di qualche virus

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