La distanza tra le parole e i fatti. Le reazioni reali al cessate il fuoco globale
Deponiamo le armi e affrontiamo il nemico comune a tutta l’umanità, il COVID -19, ha chiesto il segretario generale dell’Onu, António Guterres con l’appello di cessate il fuoco globale che ha lanciato il 23 marzo scorso.
Un appello che sta riscuotendo molte adesioni ed è lo stesso Guterres a fare il punto della situazione dell’eco suscitata dalla sua richiesta nella teleconferenza stampa che si è svolta il 3 aprile 2020.
Il segretario generale ha riferito dell’assenso di circa 70 soci regionali, di attori non statali, di reti e organizzazioni della società civile, di cui esempio lampante è la piattaforma Avaaz. org che ha raccolto oltre un milione di firme.
Tra gli Stati, invece, hanno aderito, a oggi, Camerun, Repubblica Centroafricana, Colombia, Libia, Myanmar, Filippine, Sudan del Sud, Sudan, Siria, Ucraina e lo Yemen.
“Ma c’è una grande distanza tra le parole e i fatti – ha precisato Guterres – quando un conflitto dura da anni non è facile tradurre le dichiarazioni di pace nella vita reale delle persone, perché ci sono molti sabotatori ma anche molta sfiducia nella parti in causa”. Ed, infatti, in molte delle aree più critiche del mondo non solo non si sono verificano progressi ma i conflitti s’intensificano.
“Ogni progresso è fragile e facilmente reversibile – precisa Guterres – dunque per mettere a tacere le armi dobbiamo alzare le voci di pace”.
Servono ulteriori sforzi diplomatici ad esempio nei conflitti dello Yemen, Siria, Libia e Afghanistan.
Le parole …
Nello Yemen, c’informa Guterres, nonostante il sostegno del Paese al cessate il fuoco, le ostilità “sono aumentate e l’inviato speciale Onu sta lavorando per discutere con le parti in causa la gestione della crisi COVID-19 attraverso il raggiungimento del cessate il fuoco a livello nazionale.
Stessa situazione in Libia, dove si consuma la guerra civile dal 2011, i 2 fronti bellici rappresentati da LPA, il Libyan Political Agreement (Governo di Unità Nazionale, riconosciuto dall’ONU e il cui premier è Fayez al-Sarraj) e da LNA (Esercito Nazionale Libico, guidato dal generale Khalifa Haftar), pur aderendo all’appello, non solo non hanno deposto le armi, ma riferisce il segretario Onu, hanno intensificato i combattimenti, rendendo molto difficile contrastare la pandemia.
Ancora più grave la situazione nella travagliata Siria (anch’essa in armi dal 2011), dove già si sono registrati i primi decessi da COVID-19 e solo un cessate il fuoco “totale e immediato per tutto il territorio, potrebbe consentire un’accesso senza ostacoli agli aiuti umanitari”.
In Afghanistan (che dagli anni Settanta del Novecento passa da una guerra all’altra), i combattimenti non cessano, ma lì l’ONU è riuscito a formare una squadra – della quale fanno parte 5 donne – per avviare negoziati diretti con i talebani.
… e i fatti
Diversa la situazione in Colombia (America Latina) dove l’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN, per Ejército de Liberación Nacional, organizzazione di guerriglia attiva nel Paese dagli anni Sessanta del Novecento) ha annunciato una tregua con il Governo il 29 marzo (entrata in vigore il 1° aprile durerà per tutto il mese) è questo permetterà alle autorità di concentrarsi sul contrasto alla pandemia in quelle regioni colpite dal conflitto abitate soprattutto dalle comunità nere, contadine e indigene.
“L’annuncio del deporre le armi è stato accolto molto positivamente – rimarca Guterres – da molte della parti interessate tra le quali i membri delle Commissioni per la pace del Congresso e dai rappresentanti della comunità internazionale, compresi i governi di Cuba e della Norvegia che hanno agito da garanti nei colloqui con l’ELN”.
Infine António Guterres ha fatto presente che il 2 aprile 2020 l’Assemblea Generale dell’Onu ha approvato la risoluzione sulla pandemia di coronavirus (qui il testo), e che farà di tutto affinché venga applicata.
Immagini: 1) António Guterres durante la video conferenza del 3 aprile 2020, photo by Loey Felipe- Onu; 2) Le rovine ad Aleppo (Siria)