Musei del futuro. Migranti e Rifugiati per comunità sostenibili e pacifiche
I musei non dovrebbero competere con altri musei; dovrebbero competere con Ikea e la spiaggia (VISSCH+STAM)
Jasper Visser è un agente internazionale di cambiamento, un innovatore sociale e culturale, un facilitatore esenior partner di VISSCH+STAM, agenzia che si occupa di sviluppo di soluzioni innovative per problemi complessi. Vanta una vasta esperienza nei settori del patrimonio e conservazione dei beni culturali e delle istituzioni sociali.
In tempi di migrazioni continue, i musei e altre istituzioni deputate alla conservazione dei beni culturali diventano posti in cui le diverse comunità si incontrano e lavorano insieme verso una società più forte e un futuro migliore. Di fronte alle questioni sociali i professionisti del patrimonio hanno prima di tutto una responsabilità individuale in quanto esseri umani socialmente consapevoli, e, in secondo luogo, possono aiutare le istituzioni a essere luoghi per l’innovazione sociale. Questo è stato il mio messaggio del 9 giugno 2016 agli oltre 700 partecipanti della European Registrars Conference 2016 che trascrivo di seguito.
I rifugiati e la risposta europea alla crescente migrazione sono argomenti che meritano più di un semplice discorso. Per anni, i nostri politici e altri hanno parlato dei barconi che attraversano il Mediterraneo in modo illegale e pericoloso e delle strategie per mantenere i paesi aperti con azioni incoerenti. Negli ultimi anni questa situazione è cambiata radicalmente con uomini in tutta Europa che si prendono le proprie responsabilità e agiscono. Molti di voi sono ben addestrati, storicamente consapevoli e professionisti socialmente consapevoli che hanno fatto progetti con i rifugiati e altri nuovi arrivati, come volontari o per le vostre istituzioni. Vi incoraggio a condividere queste storie, uno con l’altra, come fonte di stimolo e incoraggiamento all’azione.
Mentre nei recenti mesi gli Europei hanno aperto le loro porte e sono diventati volontari, le istituzioni per la conservazione dei beni culturali hanno di “fare di più”. Alcuni di loro mi hanno avvicinato e si sono uniti a me in vari workshop per trovare modalità per cui musei ed altri possano agire nell’era della migrazione. Vorrei condividere alcune delle loro storie e dei progetti ed idea di attivisti del patrimonio come Diana Walters of Cultural Heritage without Borders, David Fleming del Museum di Liverpool, progetti come MeLa research project e mie inegnanti e mentori con cui lavoro per lo sviluppo dell’uomo (Human Development).
La mia storia inizia qualche decennio fa, come laureato in Human Development Nel 2007 organizzai uno study tour in Tanzania per scoprire il potenziale sportivo per lo sviluppo dell’uomo con un gruppo di giovani, il Dutch Youth Council e Right To Play. La Tanzania è un paese sorprendentemente stabile in una regione instabile, e quindi sede di molti rifugiati. Trascorremmo un paio di settimane in giro per il paese, per conoscere le comunità locali, i loro problemi e fare sport con loro. Spesso le situazioni che affrontavamo erano profondamente emozionali, specialmente quando ad essere coinvolti erano i bambini. Allo stesso tempo, l’unica cosa che potevamo fare era praticare diversi sport con i più giovani e, a volte, non eccellevamo per nulla. Dopo una dolorosa perdita, 3 a 0 mi chiesi cosa stessimo a fare in Tanzania. Fu allora che uno del nostro team sentì vantarsi un bambino: “Hai visto come battiamo i Mzungu? Sono quattro volte più grandi di noi ma li battiamo”.
Ho imparato tante cose da questo progetto e la principale è aver capito che perfino nelle situazioni pià pesanti, piccoli azioni, come una partita di calcio, possiedono un profondo significato. Allo stesso modo sono convinto che musei e professionisti del patrimonio culturale possano compiere piccole azioni per migliorare la vita e il benessere dei migranti e dei rifugiati; si può fare la differenza nel mondo. Credo fortemente la cultura, il patrimonio e le arti siano in grado di svolgere un ruolo più attivo nella società, anche se questo richiede molto spesso che le nostre istituzioni devono passare attraverso un notevole processo di trasformazione. Ci sono molte cose che possiamo iniziare a fare subito e che avranno un impatto nel futuro. Possiamo anche perdere al calcio.
Prima di iniziare ho evidenziato che nonostante il contesto di questa conferenza sia la crisi dei rifugiati, per la maggior parte io ho parlato della relazione tra migranti e musei. C’è una differenza. Come mi ha ricordato Diana Walters, quest’anno i rifugiati sono spesso persone in crisi. Quando le persone sono in crisi, l’unica cosa che puoi fare è aiutarli ad uscirne fuori. I rifugiati hanno bisogno di un posto dove dormire, lavarsi, mangiare e sentirsi sicuri. Per questo non abbiamo bisogno di strategie ma di umanità. Un esempio ispiratore della memoria dell’Olocausto è il museo Binario 21 a Milano che l’anno scorso ha aperto le sue porte a 35 rifugiati, dandogli un posto dove dormire e sentirsi sicuri. Quando la crisi è passata e i migranti hanno l’opportunità di rimanere o fare richiesta di asilo e diventano migranti, le istituzioni dei beni culturali possono svolgere ruoli diversi. Al momento della pianificazione di progetti, non limitatevi a considerare solo gli ultimi arrivati dalla Siria, Afghanistan o l’Eritrea, ma prendente in considerazione anche le molte altre comunità di migranti arrivate decine di anni fa.
Per darvi un’idea della portata della questione. Attualmente, all’incirca il 3% della popolazione è un migrante. A livello globale, i rifugiati sono pià di 60 milioni, tra cui 13,5 milioni di Siriani. Una delle statistiche più scioccanti, secondo il UNHCR è che dopo l’accordo europeo con la Turchia, le percentuali di morti durante l’attraversamento del mare è diventato di misure sproprositate: uno su 23. Immaginiamo di accettare la seguente scommessa. Migrazione e rifugiati non sono limitati all’Europa. e non sono un’invenzione recente.
In alcuni campi profughi africani, le persone nascono, crescono e hanno figli propri, senza mai essere in grado di tornare indietro o andare avanti. La maggior parte dei migranti vivono in Nord America, Europa e Asia, e nel Regno Unito che è la patria delle più diverse comunità di migranti del mondo. L’Organizzazione internazionale per le migrazioni ha creato una mappa fantastica interattiva che consente di esplorare i flussi di migranti tra tutti i paesi del mondo. Quando si guarda il mondo attraverso una lente di migrazione, la mappa cambia considerevolmente.