La memoria degli oggetti che sono nelle nostre tasche

Oggetti, fotografie inedite e testimonianze per dare dignità e valore alla vita e costruire una memoria condivisa.

Si inaugura, martedì 26 settembre alle 18 a Milano, presso il Memoriale della Shoah, la mostra La memoria degli oggetti. Lampedusa fino al 31 ottobre 2013.

A dieci anni dal naufragio del 3 ottobre 2013, quando al largo di Lampedusa persero la vita 368 persone, donne, uomini e bambini che dall’Eritrea cercavano di raggiungere l’Europa, l’esposizione ricorda la prima grande tragedia del Mediterraneo: quel giorno di inizio ottobre, infatti, i corpi dei naufraghi furono visibili al mondo intero.

Da quella tragedia, dal 2014 a oggi, si contano oltre 31.000 persone morte nel Mediterraneo con la speranza di raggiungere l’Europa.

La mostra nasce da un’idea di Valerio Cataldi, giornalista Rai, che da anni si occupa di immigrazione, e di Giulia Tornari, presidente di Zona.

Realizzata grazie ai fondi 8×1000 dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, è un progetto di Carta di Roma  (associazione nata nel 2011 per fornire un’ informazione corretta sull’immigrazione) e Zona, curato da Paola Barretta, Imma Carpiniello, Valerio Cataldi, Adal Neguse e Giulia Tornari, con le fotografie di Karim El Maktafi.

Presentata a Milano negli spazi del Memoriale della Shoah, luogo simbolo della memoria, la mostra, che sarà aperta fino al 31 ottobre, comprende gli oggetti e le foto appartenuti ai migranti e il lavoro fotografico inedito di Karim El Maktafi.

Il fotografo ritrae la tragica realtà, attraverso oggetti quotidiani appartenenti alle persone scomparse, così come il mare e i paesaggi di Lampedusa, testimone della tragedia e luogo simbolo di approdo, i ritratti dei soccorritori come Giusi Nicolini, già Sindaco di Lampedusa, e di  sopravvissuti e parenti delle vittime.

L’esposizione raccoglie inoltre, gli gli audio dei primi che prestarono soccorso, il video del barcone inabissato e i servizi televisivi di Valerio Cataldi, il giornalista Rai che a dicembre 2013 rivelò al TG2 il trattamento disumano riservato agli ospiti del centro di prima accoglienza dell’isola teatro della strage, che poi venne chiuso.

Accanto alle fotografie e gli audio, troviamo Adal Neguse, rifugiato eritreo, fratello di Abraham, vittima del naufragio, che con i sui intensi disegni racconta  le torture subite dai giovani che tentano di scappare dal Paese.Da 10 anni in Svezia, ora cittadino svedese, approdò a Malta su un barcone, fu rimpatriato e rinchiuso e torturato in un carcere sull’isola di Dalak, nel Mar Rosso.

Non esiste alcun tipo di documentazione delle torture, per questo Adal le ha disegnate e i suoi disegni sono stati acquisiti come prova dalle Nazioni Unite nella risoluzione che condanna il regime eritreo per crimini contro l’umanità.

Riportiamo l’inizio della lettera che Adal scrisse al fratello Abraham, a 1 anno della sua scomparsa, pubblicata da Archivio Memorie Migranti:

Niente è più doloroso che perdere i propri cari. Fratellino mio Abraham, te ne sei andato ma non sei dimenticato!! Ci manchi tanto!! Quando ti ho lasciato a casa e sono fuggito via per cercare una nuova vita, eri solo un ragazzino di appena undici anni. Ricordo quanto eri timido, un ragazzo che preferisce ascoltare piuttosto che parlare. L’obbedienza, il rispetto per gli anziani e il tuo buon cuore erano alcune delle tue caratteristiche più evidenti all’interno e all’esterno della famiglia…“.

La storia della mostra

La memoria degli oggetti nasce proprio dalle cose appartenute alle persone migranti morte quel tragico 3 ottobre, repertati allora dalla polizia come corpi di reato, prove da portare in tribunale che hanno consentito di identificare le persone decedute anche grazie alle rilevazioni del DNA, di dare loro un nome e restituire dignità anche ai loro familiari.

Una macchinetta rossa di un bimbo, un paio di occhiali da sole, una boccetta di profumo, uno specchio rotto, una bussola, un biglietto scritto a penna e ripiegato con cura nella tasca: oggetti di vita quotidiana, l’immagine più evidente di una umanità in fuga.

Alcuni familiari hanno dovuto aspettare fino anche a 12 mesi per il riconoscimento dei corpi e anche per vedere tutelati i loro diritti, come uno stesso certificato di morte.

L’intento della mostra in occasione dell’anniversario è anche quello di sollevare questioni cruciali che vanno oltre l’individuo, che riguardano i diritti umani e il valore della vita in un mondo globalizzato e di fare un primo passo verso la costruzione di una memoria condivisa.

Per questo la scelta del Memoriale della Shoah è particolarmente significativa. «Questo per il Memoriale è un impegno importante, in linea prima di tutto con le azioni intraprese insieme alla Comunità di Sant’Egidio tra il 2015 e il 2017, quando abbiamo accolto oltre 8000 persone arrivate in Italia come rifugiate, e con il proprio scopo sociale», ricorda Roberto Jarach, presidente Fondazione Memoriale della Shoah di Milano, «Il Memoriale è un luogo legato agli orrori che guerre e ingiustizie hanno creato, e oggi deve essere quindi spazio di riflessione su questi temi».

«Il Memoriale non vuole e non può essere soltanto un monumento, un luogo di ricordo di ciò a cui ha portato l’antisemitismo, ma sente come suo dovere quello di combattere la battaglia contro tutti i pregiudizi e di farlo insieme a tutti coloro che vogliono difendere ogni giorno i valori di democrazia, uguaglianza e libertà.» aggiunge Marco Vigevani, presidente Comitato Eventi della Fondazione Memoriale.

«Oggi quella scritta indifferenza voluta all’ingresso del Memoriale da Liliana Segre deve spingerci a una riflessione profonda sul nostro presente, su come vogliamo vivere l’essere comunità umana, sull’indifferenza che dobbiamo noi per primi superare. Abbiamo una responsabilità: chiedere, informarci, sensibilizzare, stimolare momenti di riflessione.» continua Vigevani.

«La forza di quegli oggetti è che ci costringono a guardarci in tasca», spiegano nei testi che accompagnano le immagini Valerio Cataldi e Imma Carpiniello di Carta di Roma e Associazione Museo Migrante, «a cercare quegli occhiali da sole, quell’orologio, quella boccetta di profumo, quello specchietto, quel telefono. Ci costringono a riconoscere che la nostra vita è piena delle stesse cose. Che solo il caso ci ha consentito di non aver bisogno di afferrare quegli oggetti e lasciare per sempre il nostro mondo».

Evidenzia Giulia Tornari di Zona, «In un’epoca in cui l’indifferenza e la disinformazione possono rapidamente diluire l’impatto emotivo di una tragedia, questa esposizione può servire come potente richiamo alla nostra responsabilità collettiva. E nel farlo, offre la possibilità – forse addirittura un imperativo – di usare la memoria non solo come un atto di ricordo, ma come uno strumento per l’azione e il cambiamento».

Accompagna la mostra La memoria gli oggetti una pubblicazione dal titolo omonimo, realizzata da Départ Pour l’Image, con le fotografie di Karim El Maktafi, le illustrazioni di Adal Neguse e i testi di Paola Barretta, Imma Carpiniello, Valerio Cataldi, Cristina Cattaneo, Anna Conti, Giulia Tornari, Roberto Natale, Adal Neguse, Giusi Nicolini, Milena Santerini, Vera Vigevani Jarach e Padre Mussie Zerai.

Il progetto espositivo è realizzato con la media partnership della Rai TgR e il patrocinio del Comune di Milano e della Rai per la Sostenibilità – ESG.

Evento: mostra La Memoria degli oggetti;

dove: Memoriale della Shoah – Milano

quando: dal 26 settembre al 31 ottobre 2023.

 

Immagine: Milano, ingresso del Memoriale della Shoa dove è stata allestita la mostra ‘La memoria degli oggetti. Lampedusa’ a dieci anni dal naufragio dei migranti del 3 ottobre 2013 ricordato come il ‘Giorno della memoria e dell’accoglienza’; 2) alcuni degli oggetti appartenute ai migranti  

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