COP 15. Al via il vertice per salvare la biodiversità

I Paesi presenti al COP 15, la Conferenza Onu sulla biodiversità,  che si è aperta a Montreal (ma sotto la presidenza della Cina), hanno il compito di prendere, entro 2 settimane, le decisioni corrette e stringere un accordo per salvare la biodiversità dalla distruzione irreversibile. E ancora una volta si parla di “ultima possibilità”.

Sono presenti le delegazioni di 190 Stati che alla fine dei lavori dovranno adottare un nuovo quadro globale per i prossimi 10 anni, per tutelare la natura e le sue risorse, essenziali per l’esistenza dell’umanità.

Specie e ambienti corrono un grave pericolo: le prime, circa un milione, rischiano l’estinzione, mentre un terzo del territorio è seriamente degradato, le parti fertili stanno scomparendo e gli oceani, è noto, sono soffocati dai rifiuti e sconvolti dal riscaldamento globale.

“Il costo del degrado dell’ecosistema è stimato in 3.000 miliardi di dollari all’anno entro il 2030” ha ricordato Antonio Guterres, segretario generale Onu. E, quindi, l’accordo in ballo dovrebbe riguardare il raggiungimento di circa 20 obiettivi, il principale dei quali mira a proteggere il 30% delle terre e dei mari, seguono, tra gli altri, il ripristino degli ambienti naturali, la riduzione dei pesticidi, la lotto contro le specie invasive e le condizioni per un’agricoltura e pesca sostenibili.

Obiettivi dei quali gli Stati discutono da tempo, ma sono 3 anni che i negoziati sono in stallo. Gli attivisti indigeni sono in agitazione: i loro territori ospitano l’80% della restante biodiversità del mondo e il riconoscimento – anche finanziario – del loro ruolo e una delle questioni finali da risolvere. Mentre l’altra riguarda i finanziamenti dei Paesi ricchi a favore di quelli in via di sviluppo: una coalizione di questi ultimi ha chiesto almeno 100 miliardi di dollari l’anno e 700 miliardi l’anno entro il 2030.

Per evitare i fallimenti del passato (accordo quadro di Aichi, 2010), è stato stabilito che i ministri dell’Ambiente (sono loro che decideranno, i capi di Stato, probabilmente non presenzieranno al vertice) dovranno concordare obiettivi misurabili e monitorati.

Alcuni Paesi vogliono istituire un fondo dedicato alla biodiversità, proposta osteggiata dai Paesi ricchi, che preferiscono migliorare i canali esistenti, in particolare le banche pubbliche di sviluppo.

Anche la spinosa questione della bio-pirateria è fonte di divisioni: molti paesi chiedono che i paesi ricchi condividano finalmente i benefici di cosmetici e medicinali derivati ​​da risorse conservate nel Sud.

Si ripropongono le stesse difficoltà che impediscono alle COP sul clima di intraprendere quelle azioni comuni, condivise e sostenibili che porterebbero almeno alla mitigazione della crisi in atto.

La COP 15, che si sarebbe dovuta tenere a Kunming (Cina) ma le politiche restrittive del Paese asiatico contro il Covid 19 l’hanno dirottata a Montreal, ha preso il via il 7 dicembre per terminare il 19.

Nei 3 giorni precedenti sono avvenuti una serie d’incontri, terminati senza progressi significativi. Eppure Antonio Guterres è stato molto chiaro dicendo alla vigilia del vertice: “L’appetito sconfinato per una crescita economica incontrollata e ineguale rende l’umanità un’arma di estinzione di massa”.

 

Immagine: Antonio Guterres, segretario generale ONU – photo by Un News United Nations

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