Africa. Cuore di innovazione e sviluppo
L’Africa e il suo futuro. Paese giovane e ricco di risorse naturali è un continente con un grande potenziale; probabilmente non conosciuto nella sua interezza perché trascurato dall’informazione, concentrata sull’emergenza dei migranti africani che sbarcano sulle coste del Mediterraneo, tralasciando di raccontare le diverse realtà dell’Africa.
Infatti, dei 54 Stati che costituiscono l’Africa, come precisa Fulvio Beltrami sul blog “vadoinafrica.com” solo il 14% soffre d’instabilità politica, sociale o di “guerre a bassa intensità” e solo il 4% patisce le carestie.
Pur fra le molte inevitabili contraddizioni, figlie delle complessità della sua storia e del recente cammino intrapreso verso la crescita e lo sviluppo, l’Africa è in evoluzione e la tecnologia è la sua prima alleata.
La tecnologia: il primo drono-porto al mondo
Un esempio è la realizzazione del primo “droneporto” del mondo che sta avvenendo in Ruanda, il paese dove soltanto 23 anni fa si è consumata una feroce guerra civile e oggi vanta una delle più belle capitali africane, Kigali, famosa per essere la città più pulita del continente ma , soprattutto, un Paese con una crescita economica che viaggia al livello di quasi 2 cifre.
Il progetto dell’aeroporto per droni (nella foto a lato) è firmato dall’architetto britannico Lord Norman Foster e prevede la costruzione di 3 droneporti entro il 2020.
Perché i droni? Perché l’Africa è carente di infrastrutture, non ci sono strade continentali, pochi i ponti e le gallerie; oltretutto il Ruanda è un Paese prevalentemente montuoso che rende ancora più difficile l’interazione fra gli abitanti. Con i droni, quindi, è previsto trasportare forniture mediche e beni di prima necessita alle persone che vivono nelle aree più remote del paese.
Naturalmente ci riferiamo a droni-cargo, con un’apertura alare dai 3 metri ai 6 metri, a secondo del modello e, rispettivamente, in grado di trasportare dai 10 ai 100 chili.
Altra grande opera realizzata grazie alla tecnologia e usufruendo delle risorse rinnovabili è il kit di luci led associate a pannelli fotovoltaici, per illuminare le aree sprovviste della rete elettrica. Si stima che siano 560 milioni gli africani che non hanno ancora accesso alle luce elettrica.
Realizzato dalla Philips nella sua sede di Nairobi e denominato in Africa for Africa, il kit è composto da 2 lampade a led, alimentate dal pannello fotovoltaico, che garantiscono 40 ore di illuminazione di 3 diverse intensità, da regolare secondo la disponibilità dell’energia solare accumulata, ed è provvisto di una porta USB per ricaricare i dispositivi mobili.
Quando lo smartphone non è un gadget
L’economia africana restituisce dignità e valore allo smartphone. Se, infatti, in Occidente viene, spesso, usato come gadget, nel grande continente diventa uno strumento di prima necessita e utilità per l’evoluzione e il riscatto sia del singolo sia della collettività. A testimonianza del progresso imprenditoriale, il florilegio di startup, che sfruttano le tecnologie Wi-max per la copertura del segnale di ampie aree.
Incubatrici di tante idee e sperimentazioni, tanto che Nairobi è già stata soprannominata la Savannah Valley, le startup africane sono fondate sia dai giovani nativi che dopo essersi formati all’estero, alla luce della crisi finanziaria dell’Occidente, dal 2009 preferiscono tornare in Africa che da stranieri.
Tra le tante riportiamo la startup ugandese Matibabu che ha realizzato un’applicazione che permette attraverso lo smartphone di diagnosticare in remoto la malaria in tempi ridottissimi, dopo aver effettuato il test sempre attraverso la stessa app. Inoltre è in grado di fornire all’utente informazioni utili su come prevenire l’infezione e di trasmettere suoni che allontanano le zanzare dall’utente.
Matibabu con i dati ricevuti e i test raccolti elabora informazioni che contribuiscono alla prevenzione della malaria e a prevedere il diffondersi futura della stessa per contrastare l’insorgere di eventuali epidemie.
La Kukua, startup internazionale, dal 2016, sfrutta la penetrazione degli smartphone in Africa per alfabetizzazione bambini dai 5 agli 8 anni. Dopo aver vissuto alcuni mesi nei villaggi del Gambia a contatto con famiglie che vivono con un reddito di 1 dollaro al giorno e intervistato 300 tra bambini, genitori, e insegnanti, la squadra di Kukua ha messo a punto un metodo specifico per i piccoli africani.
Un programma di apprendimento che insegna a leggere, scrivere e le basi della matematica, attraverso un gioco: metodo basato sulle conoscenze di Helen Adadzi, esperta mondiale di analfabetismo nei paesi in via di sviluppo.
La sfida iniziale della startup è quella d’insegnare a leggere e a scrivere ai 100 milioni dei 250 di bambini analfabeti dell’Africa sub-sahariana.
Secondo l’azienda specializzata Partech Ventures, nel 2016 le startup africane hanno ricevuto finanziamenti per 366, 8 milioni di dollari.
E parte del mondo non sta a guardare
Alla luce del dinamismo africano, dunque, la decisione presa nel corso del G20, riunitosi ad Amburgo il 7 e 8 luglio 2017, per quanto tardiva è sicuramente opportuna e non solo per risolvere il dramma dei migranti che, se non muoiono durante il viaggio, sbarcano sulle nostre coste, ma per lo sviluppo di un continente come l’Africa, destinato secondo le previsioni a ospitare entro il 2050 una popolazione superiore ai 2 miliardi.
Il vertice di Amburgo ha approvato il G20 Compact with Africa (CWA), il nuovo piano per l’Africa. Un piano che crea una cooperazione tra i Paesi dell’Africa e quelli del G20, inclusi i soggetti privati.
Fino ad ora hanno aderito i seguenti 7 Stati del grande continente: la Costa d’Avorio, il Ghana, l’Etiopia, il Marocco, il Ruanda, il Senegal e la Tunisia. Ma il patto rimane aperto, con l’auspicio che altri Paesi africani vi aderiscano nel prossimo futuro.
Il piano prevede la partnership strutturata degli attori in causa per progetti d’investimento a lungo termine aderendo alla domanda africana con lo scopo d’incentivare gli investimenti privati e la realizzazione in Africa delle infrastrutture.
La grande innovazione apportata dal CWA risiede nella completa autonomia garantita agli Stati africani aderenti, nell’indicare le priorità d’intervento nella propria area. E nell’ingente risorsa prevista per la formazione in loco delle nuove generazioni.
Ma per l’Africa, meglio del G20, sembra voler fare l’Unione Europea la quale sta elaborando il nuoovo Fondo per lo Sviluppo Sostenibile per l’Africa (European Fund for Sustainable Development – EFSD) che prevede di unire i fondi dell’Unione con i finanziamenti privati e nazionali raggiungendo una somma di 88 miliardi di euro.
Il fine è favorire lo sviluppo il commercio e gli investimenti internazionali e al tempo stesso le pratiche del buon governo e il rispetto dei diritti umani.