Fernand Jacopozzi, l’italiano che fece di Parigi la Ville Lumière

Se Parigi è famosa al mondo come la Ville Lumière, la città della luce, il merito è in gran parte di Fernand Jacopozzi (1877-1932), fiorentino emigrato in Francia, che ebbe l’idea di illuminare dapprima la Torre Eiffel, a seguire Notre-Dame, i Champs Elysèes, l’Opera, il Moulin Rouge e i grandi magazzini del centro.

E quella che era una città molto buia, divenne la Ville Lumière.

Sconosciuto in Italia e pressoché dimenticato in Francia, il libro scritto da Fabien Sabatès,  Fernand Jacopozzi, le magicien de la lumière (Jacopozzi il mago della luce – ed. Douin), recentemente pubblicato  in Francia, restituisce al nostro meritevole autodidatta ‘ingegnere’ delle luci  Fernando, il ricordo che merita.

La finta Parigi

Primo di 11 figli, nel 1900, ventitreenne fu costretto a lasciare la natia Firenze per cercare fortuna a Parigi, dove non si sottrasse alla gavetta. Nella capitale francese iniziò a lavorare come decoratore di vetrine durante le vacanze natalizie, ma la genialità di cui era dotato non stentò a farsi riconoscere. Gli venne l’idea, infatti, di sostituire le decorazioni floreali con delle ghirlande leggere, delle illuminazioni animate sul principio dei carillon: installazioni in cui le lampade si accendevano e si spegnevano a un ritmo specifico e iniziò il percorso che lo avrebbe portato a essere il “Mago della luce”. Tanto che nel 1917, durante la Grande guerra, venne chiamato dall’allora presidente del Consiglio, Georges Clemenceau, affinché ricreasse con un gioco di luce una finta Gare de l’Est (stazione ferroviaria parigina) nella periferia della città in modo da salvare la capitale dalle incursioni notturne tedesche.
Fernand Jacopozzi  (nella foto a lato), riuscì con il suo progetto elettrico a simulare binari ferroviari e treni in movimento. Non servì perché arrivò l’armistizio, ma ricevette la Legion d’Onore.

E per la Signora di Ferro luce fu

Ma la vera fama arrivo con l’illuminazione della Torre Eiffel. Un’idea dello stesso Jacopozzi:  trasformare la Signora di Ferro nella Torcia di Parigi. Un progetto al quale credeva moltissimo e nel 1925, in occasione dell’Esposizione Internazionale delle arti decorative, riuscì a convincere gli eredi di Gustave Eiffel (l’architetto del ferro che l’aveva progettata), la Commissione delle Belle Arti, e a trovare lo sponsor, perché il progetto era molto costoso.

Si rivolse alle case automobilistiche Renault e Citroën, che rifiutarono. Jacopozzi allora propose il progetto alla Ford, intenzionata a finanziare l’impresa. Ma André Citroën, pur di non vedere il nome di un’azienda concorrente straniera apparire su uno dei simboli della città, ritornò sui suoi passi e accettò di sponsorizzare il progetto. E così la Torre Eiffel divenne la Torcia di Parigi e al contempo nacque il primo cartellone pubblicitario luminoso, naturalmente con il logo Citroën.

Per Jacoppozzi fu la consacrazione. L’impresa d’altronde per quei tempi fu un prodigio tecnico. 250mila lampadine in 6 colori diversi, quasi 9 chilometri di cavi elettrici, crearono una vera e propria coreografia, come riporta l’articolo dal titolo suggestivo Quando il mago della luce incontrò la signora di ferro. Le lampadine formavano vari schemi luminosi che si alternavano, guidati dagli operatori della sala di controllo sistemata al primo piano della Torre.  L’inaugurazione della Torcia di Parigi avvenne il 4 luglio. Il successo superò i confini francesi e Jacopozzi ricevette il gran premio dell’Esposizione.  L’illuminazione restò in vigore fino agli anni ’30 e Jacopozzi ebbe la possibilità di cambiare la coreografia delle luci, creando altri effetti luminosi.

Nasce la Ville Lumière

Nel frattempo il sindaco di Parigi lo chiamò per illuminare i monumenti, che nel 1928, sempre finanziato da André Citroën, Jacopozzi fece, progettando una luce indiretta e diffusa che poi sarà adottata per i monumenti di tutto il mondo.

Tornò poi a decorare le vetrine dei grandi magazzini (un nome per tutti Galeries Lajayette), per le quali ideò dei veri spettacoli interattivi di luci.

La scrittura del libro Fernand Jacopozzi, le magicien de la lumière è stata supportata dagli archivi custoditi dalla nipote di Fernand, Véronique Tessier Huort.

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