Vite a perdere – I Nuovi scenari del traffico d’organi

Il traffico d’organi umani è un fenomeno dilagante che corrisponde a un giro di affari mondiale che ammonta a un miliardo e mezzo di dollari, oggi  affiancato da un nuovo fenomeno: il turismo dei trapianti con Paesi come l’Iran che negli ultimi anni autorizza e organizza la vendita di Stato dei reni, la Cina che permette l’espianto degli organi dei condannati a morte, l’America che si sta aprendo gradualmente al mercato o il Cairo con le sue cliniche clandestine.

Il traffico si concentra nei Paesi del Terzo Mondo, dove l’estrema povertà porta le persone per disperazione o per il ricatto delle reti criminali a cedere un organo.  Ma prolifica ovunque ci siano sacche di povertà: dalle favelas del Brasile, nei sobborghi di Manila (Filippine) fino a noi, tra i migranti nei campi profughi o nel corso dei lunghi viaggi che affrontano per raggiungere l’Europa e non risparmia di certo i minori che viaggiano soli, che spariscono, spesso, nell’indifferenza generale.

D’altronde i numeri parlano chiaro.  Secondo l’Osservatorio globale su Donazione e trapianti (Godt) nel 2015 nel mondo si sono eseguiti 126.270 trapianti; in Europa nel 2016 sono stati effettuati 33.385 operazioni: 20.638 di rene 7.7862 fegato, 2.254 di cuore, 1.916 di polmone, 780 di pancreas, 35 d’intestino. In Italia a fine 2017 erano in lista di attesa per un trapianto 8.743 pazienti, dei quali il 73% per il rene.

Per un trapianto la parcella del chirurgo clandestino varia dai 50 ai 100mila dollari; l’intermediario incassa tra i 5 ai 10mila dollari; il donatore riceve tra i 3 e i 15mila dollari; il paziente per essere operato spende tra i 190 e i 200mila dollari.

A fare luce sul fenomeno è il libro Vite a perdere – I nuovi scenari del traffico d’organi (ed. Franco Angeli) scritto dalla giornalista Franca Porciani e dalla professoressa di Filosofia del diritto dell’Università di Milano – Bicocca, Patrizia Borsellino.
Le due autrici, ripercorrendo la storia dei trapianti dai primi successi scientifici degli anni Sessanta del Novecento, tracciano un quadro esauriente del fenomeno e delle sue conseguenze e presentano le possibili strategie per contrastarlo.

L’Italia nel 2016 ha inserito il traffico di organi nel codice penale. E l’Europa ammette la donazione soltanto come atto solidaristico.  Inoltre, come riporta la professoressa Patrizia Borsellino nel libro, il Consiglio d’Europa, per combattere il carattere transnazionale del fenomeno criminale e facendo riferimento alla Convenzione di Santiago del 2015, mira “alla cooperazione del numero più ampio possibile di Stati e sull’adozione di una rigorosa regolazione del sistema dei trapianti da parte anche di Paesi non europei, confidando nell’adesione al modello culturale ed etico, ancora prima che giuridico, che delegittima la mercificazione del corpo umano, in nome della tutela di un bene o, meglio, di un diritto fondamentale, quale la salute”.

Perché, osserva la professoressa Patrizia Borsellino (nella foto a lato), al di là dell’estendersi delle misure legislative – per quanto auspicabili –  quando ci sono in gioco diseguaglianze economiche tra le parti del mondo e le emergenze ambientali e belliche che causano l’immigrazione,  soltanto “coraggiosi interventi e impegni della comunità politica internazionale” possono arginare la raccapricciante sopraffazione del lucro e del profitto sulla disperazione e sulle disgrazie dei più vulnerabili.

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