Viaggio nell’arte di Voet Jacob Ferdinand

La cultura è luce e come tale non deve spegnersi mai. Capita talvolta che fatti della storia o pandemie cerchino di spegnere questo sacro fuoco, ma sotto la sua cenere coverà sempre una fiammella che lo farà riaccendere e farà fluire alla sua superficie quella voglia di cultura senza la quale il mondo muore. E solo chi sa gioire nell’andare incontro alla cultura giungerà a comprendere come ci si può stupire anche nello scoprire il mistero che si nasconde dentro la parola stessa.

Anche Dante con il suo “più di largo mi sento ch’io godo” aprì la via verso quegli artisti che hanno saputo narrare lo stupore al quale loro stessi erano andati incontro.

Opere quindi senza tempo, prospettive vere dalle quali tutti o quasi proviamo sensazioni impreviste o imprecisate. Così anche la pittura ci regala un contatto che può giungere dentro di noi senza ostacoli e regalarci un mondo di emozioni diverso. Ben venga quindi la mostra, diretta da Luca Leoncini, che a Genova fino al 27 febbraio 2022 esporrà a Palazzo Reale, già Balbi, la quadreria di Voet Jacob Ferdinand (Anversa 1639- Parigi, 1689). È una collezione a tema – sotto il nome di Dialoghi –  per mostrare il ricco patrimonio dei capolavori esistenti e nei quali l’artista fiammingo dipinse i ritratti di personaggi dell’epoca. Così il rapporto tra Genova e Roma si è rinsaldato perché con la Galleria Spada vi sarà un confronto tra le rispettive quadrerie.

Il ritratto di G. Luca Durazzo ambasciatore presso la città dei Papi, è una delle figure maschili, assieme a quelle di Urbano Rocci e il fratello Pompeo, tra le più significative. Voet infatti ritrasse tutta la famiglia Rocci e quando Urbano adottò i figli di Pompeo, tra questi vi fu Maria Pulcheia che divenne sposa di Clemente Spada.

I tre dipinti fanno conoscere lo stile e la personalità dei gentiluomini settecenteschi attraverso l’abbigliamento dove eleganti cravatte sono adornate da pizzi veneziani. Il mantello di Pompeo poi rappresenta un legame tra la moda e la devozione, infatti è chiamato di “Santiago” perché adornato di conchiglie ed associato al bastone del pellegrino.

Il pittore fiammingo arrivò a Roma nel 1663 e vi rimase fino al 1679, conoscendo pertanto tutta l’aristocrazia della città, e tra le sue muse oltre che acquirenti vi fu la regina Cristina di Svezia.

Per capire la sua pittura bisogna fare un passo indietro perché interpretò lo stile barocco unendo quello italiano a quello francese.

Vivendo a cavallo tra i pontificati dei Chigi e degli Odescalchi dipinse così i principi Chigi, Colonna, Altieri; Odescalchi, Rospigliosi e i cardinali Spinola, Azzolino, Cerri, Buonamente Augustini. Fece tappa poi a Firenze nel 1681 e a Torino fino al 1684. I suoi ritratti raffigurano quasi sempre visi pensierosi dagli sguardi profondi e ciò che attira l’attenzione sono gli occhi perché hanno un che di magnetico. Gli abiti sono semplicemente una rivisitazione dello stile dell’epoca così come le capigliature folte e ricciute che traggono l’origine dalle parrucche del Grand Siécle del re Luigi XIV.

Palazzo Reale o Balbi è uno dei 42 edifici iscritti ai Rolli di Genova, divenuti patrimonio dell’umanità UNESCO dal 2006 ed è uno dei più belli d’Italia per la ricchezza degli interni e che rappresentano lo stile architettonico del sei-settecento.

Così come Palazzo Spada, con le sue statue degli antichi personaggi romani e quelle dei miti greci che fanno da alfieri a pittori quali Guido Reni, Tiziano, Jan Brueghel, Guercino, Rubens, Durer, Caravaggio, Caracci, Parmigianino, Artemisia Gentileschi, e che ti introducono nella conoscenza di capolavori senza tempo.

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