Alla scoperta del mondo dei Cristezzanti
Che cosa è questo mondo? È semplicemente una tradizione amata dal popolo ligure, specie quello di Levante. È una parata di crocifissi processionali portati dai stramuri, i portatori che con la sola forza delle braccia e lavorando grazie ad una tecnica che governa il crocco in movimento e con passaggi precisi e rapidi riescono in pochi secondi a farli passare da un portatore all’altro e che pesano da 140 a 150 kg cadauno.
A Mignanego ce n’è uno che pesa 183 kg. A Ruta di Camogli e a Voltri ne esistono due del peso di 180 kg.
Questa tradizione è, forse, nata nel XIII secolo quando i flagellanti, in cappa bianca nelle processioni penitenziali, partivano da Montecarlo e arrivavano a Roma, pregando e cantando con grande devozione.
Il ‘movimento’ fece breccia a Genova e da lì si innescò un processo di emulazione che a cavallo del XVI e XVII, anche dietro l’influenza spagnola, ebbe un grande sviluppo tanto che subito qui nacque una scuola di sculture il cui primo maestro fu Bissoni e, dopo, di lui Anton Maria Maragliano.
Non si può fare altro che definirle opere d’arte di una bellezza sconvolgente.
Oggi l’oratorio delle Fucine ospita un Cristo bianco di una dolcezza michelangiolesca datato 1712-1713 e che lo stesso Maragliano definì “Il bello tra i belli” e che viene esposto in casi eccezionali quali le visite papali e le nomine dei nuovi arcivescovi e specie nella festa di San Giovanni Battista.
E poi c’è un Cristo Nero esistente nella chiesa di Santo Stefano del Ponte a Sestri Levante che, durante la terza domenica di luglio nella festa della Madonna del Carmelo, attraversa tutte le vie della cittadina e che viene ammirato da migliaia di persone che seguono la processione.
Tali opere sono legate alla storia genovese per le loro decorazioni sia dei bracci che per la linea lignea della croce che termina alla base nel crocco, chiamato anche pessin; celano quel qualcosa di incredibile che si riesce solo a vedere dopo un esame attento, perché la testa reclinata del Cristo è sempre posta al lato opposto rispetto al nodo del mantello e, se ben si guarda, sono pochi i Cristi agonizzanti ma “vivi” col il capo ancora sollevato che sembra che respiri; che ci sia in lui ancora il gaibo, parola intimamente genovese, che rende possibile immaginare il petto che si solleva come in un ultimo respiro.
Quello dei Cristi processionali è un mondo che non deve rimanere chiuso dentro le chiese, gli oratori o i conventi perché sono interpreti di fatti devozionali che hanno tracciato, anche attraverso i percorsi iniziali delle confraternite, i messaggi più belli del Vangelo.
Papa Francesco, vedendoli sfilare a San Pietro si è emozionato, ricordandosi di averli visti in Argentina a Rosario e Arrojo Seco – dove i genovesi emigrati abbondano – quando da arcivescovo di Buenos Aires visitò quelle città.
Quest’ arte è frutto di un periodo fiorente: gli autori di questi capolavori hanno rappresentato la religione in modo eccezionale con il volto e il corpo di Cristo di tale intensità espressiva da lasciarci sempre sconvolti.