1883 – 2023. Donne e diritto in Italia

Tre date che diventano anniversari nel 2023, segnano l’accesso e l’emancipazione delle donne negli ambiti legale e giuridico .

Nel 1883 la piemontese Lidia Poët, dopo essersi laureata in giurisprudenza due anni prima, otteneva dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati – con 8 voti favorevoli e 4 contrari – l’iscrizione all’albo professionale. Durò poco: su ricorso del Procuratore Generale del Re, l’iscrizione venne annullata e Lidia Poët dovette attendere 36 anni prima di riottenerla.

Ma il dato era tratto e la stessa Lidia contribuì a cambiare lo status quo, non solo continuando ad esercitare nello studio legale del fratello ma anche battendosi tenacemente per i diritti dei minori e delle donne.

Avvocatura: la legge del 1919

E proprio grazie al movimento delle donne che nel 1919 il Parlamento italiano approvava la legge che apriva le porte al lavoro femminile nei pubblici uffici, tranne che in magistratura. Recitava il provvedimento regio: “Le donne sono ammesse, a pari titolo degli uomini, ad esercitare tutte le professioni e a coprire tutti gli impieghi pubblici, esclusi quelli che implicano poteri pubblici giurisdizionali o l’esercizio di diritti e di potestà politiche, o che attengano alla difesa militare dello Stato”.

Magistratura: la legge del 1963

Soltanto il 9 febbraio 1963, la legge 66/63 dettò che “le donne possono accedere a tutte le cariche professioni ed impieghi pubblici compresa la Magistratura, nei vari ruoli, carriere e categorie, senza limitazione di mansioni e di svolgimento della carriera, salvi i requisiti stabiliti dalla legge”.

La contraddizione di chi elaborò l’articolo 3 della Costituzione. Tra il dire e il fare…

Quindici anni prima, durante l’elaborazione della Costituzione le donne in commissione si erano battute inutilmente per affermare il principio di uguaglianza fra i sessi anche in magistratura, fosse altro per coerenza con l’artico 3 della stessa che vorrebbe tutti “i cittadini con pari dignità sociale e eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali e che assegnerebbe  alla Repubblica il compito di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

L’apporto delle magistrate che ha cambiato il diritto

Il primo concorso per magistrati si svolse a pochi mesi dall’approvazione della legge, il 3 maggio del 1963. A vincerlo 8 donne che entrarono in servizio il 5 aprile 1965.

Le pioniere erano Letizia De Martino, Ada Lepore, Maria Gabriella Luccioli, Graziana Calcagno Pini, Raffaella D’Antonio, Annunziata Izzo, Giulia De Marco, Emilia Capelli.

Maria Gabriella Luccioli, depositaria del duplice primato di giudice e giudice in Cassazione, racconterà poi come le donne, con l’apporto delle proprie differenze, hanno cambiato il diritto.  “La sensibilità, il linguaggio, il modo di gestire i rapporti umani, di interpretare la norma e darne concretezza hanno vivificato la giurisdizione. Nel farsi diritto vivente le donne hanno contribuito a profonde innovazioni nel campo del diritto di famiglia, della tutela dei soggetti deboli, del concetto di tollerabilità della convivenza matrimoniale, della attribuzione del cognome dei figli, della ridefinizione del concetto di violenza”.

Il sorpasso in magistratura. La quasi parità in avvocatura ma non per il reddito

Nel 2023 Margherita Cassano è diventa la prima donna al vertice della Corte di Cassazione, dopo essere stata la prima ad essere presidente aggiunto della Corte Suprema.

Nel 2019 il primato raggiunto dal giudice Marta Cartabia con la sua elezione a presidente della Corte costituzionale.

Oggi in magistratura si è verificato il sorpasso con 4952 donne che costituiscono il 55% del totale (dati del Mistero di Giustizia – 2022).

Mentre la popolazione forense vede soltanto una lieve prevalenza maschile su quella femminile pari al 52,3%, che in termini assoluti indica 126mila avvocati uomini e 115mila donne (dati Censis – 2022).  Ma nell’avvocatura rimane la differenza – elevata dei redditi: per cfnews.it ci vuole il reddito di “due donne per sfiorare (e non raggiungere) il livello medio percepito da un uomo”.

 

 

Immagini: 1) Lidia Poët, prima donna avvocato nel 1883; 2) Maria Gabriella Luccioli, tra il gruppo delle 8 prime donne a vincere il primo concorso paritario in magistratura nel 1965, dopo la legge del 1963 e fu anche prima giudice in Cassazione; Margherita Cassano è diventa la prima donna al vertice della Corte di Cassazione

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