Arolsen Archives. Per restituire la memoria rubata
A Bad Arolsen, in Germania, si trova l’archivio più grande al mondo sulla persecuzione nazista. Tra le tante testimonianze sono conservati anche gli oggetti personali che i nazisti hanno confiscato agli ebrei, ai sinti, agli omosessuali e ai prigionieri politici durante gli anni della feroce persecuzione della prima metà del Novecento che trovò il suo culmine nei campi di sterminio nel corso della Seconda guerra mondiale. Orologi, gioielli, documenti, lettere, foto: sono milioni gli effetti personali che i nazisti hanno sottratto ai deportati nei campi di concentramento e che, in buona parte, sono stati rubati persi o distrutti.
Ma i quasi 3mila ancora custoditi presso il Bad Arolsen sono in attesa di essere restituiti alle famiglie di oltre 30 Paesi, principalmente della Polonia, Germania e dell’ex Unione Sovietica. Per le famiglie ritornarne in possesso è un atto prezioso, perché spesso quegli effetti rappresentano l’ultima traccia dei loro cari – mai tornati dai campi – e ritrovarli rende tangibile il loro ricordo e contribuisce a ricostruire la memoria familiare. Ma, ci dice arolsenarchives. org, rappresentano un bene importante anche per i parenti dei sopravissuti dei campi, soprattutto se il deportato non voleva – o non riusciva – a parlare della propria tragica esperienza.
Per raggiungere tale obiettivo, nel 2016 l’associazione Arolsen Archives – International Center on Nazi Persecution ha lanciato la campagna #StolenMemory promotrice di varie iniziative grazie alle quali varie centinaia di famiglie sono state già rintracciate, spesso con l’aiuto di volontari che effettuano le ricerche nei diversi Paesi.
In occasione della Giornata della memoria 2020, Stolen Memory giunge per la prima volta in Italia con la mostra fotografica degli oggetti custoditi nell’importante archivio, allestita presso la sede di San Sebastiano dell’Università Ca’Foscari di Venezia.
Aperta fino al 7 febbraio 2020, l’esposizione Stolen Memory è costituita da immagini di oggetti che provengono dai campi di Neuengamme (vicino ad Amburgo) e di Dachau e si arricchisce di 3 pannelli che illustrano i campi di concentramento e transito operativi in Italia.
I pannelli, così come la traduzione in svariate lingue dei testi che raffigurano, sono stati realizzati da Iveser (Istituto Veneziano per la Storia della Resistenza) con l’aiuto delle studentesse e studenti dell’ateneo e di un istituto d’istruzione superiore del capoluogo veneto.
Fotografie tratte dall’archivio Arolsen: effetti personali confiscati dai nazisti ai deportati nei campi di sterminio
Mi piacerebbe trovare in che campo era mio padre Bortolotti Carlo fu Giovanni nato a Piacenza nel 29/10/1912
Gent.ma Danila, le consigliamo di scrivere direttamente all’archivio Arolsen, https://arolsen-archives.org/en/
Rimaniamo a disposizione, per supportarla nella ricerca, scrivendo anche noi all’archivio.
Salve, da tanto tempo sto cercando di rintracciare documentazione attestante l’internamento in un campo tedesco in Serbia di mio zio Valeri Aurelio fu Crespino nato a s.Sofia di Forlì il 25 aprile 1920. Fatto prigioniero in egeo a Coo dopo l’8 settembre 1943 dai tedeschi e poi deportato in Russia a Rostov dal campo in Serbia di cui non abbiamo tracce nel FM. Sul FM c’e riportato solo il periodo della prigionia ma non i campi e i luoghi dell’internamento e nemmeno è nominata la Russia. Chiedo se posso scrivere in italiano al link di arolsen o se è d’obbligo la lingua inglese. Grazie
Gentile Signora Salvadori, sicuramente può scrivere all’ente usando la lingua italiana. Nel caso non avesse riscontro può ricontattarci e vedremo come aiutarla. Buona giornata