Allo scrittore algerino Kamel Daoud il Premio Goncourt 2024

La protagonista femminile di Houris, di nome Aube, è l’incarnazione di “tutte le donne, compresa la donna che si è spogliata ieri in un’università in Iran e che da allora è stata arrestata dalle autorità” ha specificato lo scrittore algerino Kamel Daoud, fresco vincitore del prestigioso Premio Goncourt 2024, la cui cerimonia si è svolta nel salone omonimo di Parigi.

Così come qualsiasi algerino avrebbe potuto scrivere Houris, ha aggiunto Daoud, il suo libro triofatore edito da Gallimard, dove analizza il conflitto tra il governo e gli islamisti, la guerra civile che si consumò in Algeria negli anni ’90 del Novecento; il cosiddetto “decennio nero” del quale nel Paese nord-africano è proibito parlare.

Kamel Daoud ha potuto scrivere questo libro perché vive in esilio, in Francia,  che ha ringraziato in quanto “paese che protegge gli scrittori”.

Il romanzo è stato eletto al primo scrutinio con sei voti, innanzi ai romanzi di Hélène Gaudy, con Archipels (L’Olivier), con due voti, Gaël Faye, con Jacaranda (Grasset), e Sandrine Colette, con Madelaine avant l’aube (JC Lattès), con un voto ciascuno.

Inoltre, Houris è stato anche selezionato per il Grand Prix du roman de l’Académie française, per il Prix Interallié e per il Prix Renaudot.

In Italia si potrà leggerlo dal maggio 2025, pubblicato dalla Nave di Teseo.

Perché scrive in francese

Nato a Mesra (Algeria) nel 1970, Daoud, dopo aver conseguito la maturità scientifica, ha studiato letteratura francese e scelto di scrivere in questa lingua invece che in arabo, perché quest’ultima, sembra aver dichiarato, “è intrappolata dal sacro, dalle ideologie dominanti. L’abbiamo feticizzata, politicizzata e ideologizzata”.

La fatwa 

Islamista negli anni dell’adolescenza, a 18 anni Daoud  prese le distanze da ogni forma di governo teocratico.

Giornalista in Algeria, nel 2011 venne arrestato nel corso di una manifestazione. E nel 2014 fu colpito da una fatwa da parte dell’ imam salafita, Abdelfattah Hamadache Zeraoui, del canale Tv algerino, Echourouk News. Dalla propria pagina Facebook l’iman invitava all’ esecuzione dello scrittore, giudicandolo eretico e apostata. “Se la sharia Islam fosse applicata in Algeria, la sanzione sarebbe la morte […] – scriveva l’iman -. Ha messo in dubbio il Corano e il sacro Islam; ha ferito la dignità dei musulmani e lodato l’Occidente e i sionisti. Ha attaccato la lingua araba […]. Chiediamo al regime algerino di condannarlo pubblicamente a morte, a causa della sua guerra contro Dio, il suo Profeta, il suo libro, i musulmani e i loro paesi”.

A scatenare la fatwa era stato l’intervento dello scrittore in una trasmissione su France 2 dove, riguardo al suo rapporto con l’Islam dichiarò: “Se non risolviamo la questione di Dio nel cosiddetto mondo arabo, non riabiliteremo l’uomo, non andremo avanti. La questione religiosa sta diventando vitale nel mondo arabo. Dobbiamo deciderlo, dobbiamo pensarci per andare avanti”.

La fatwa cadde nel 2016, con la condanna di un tribunale algerino dell’iman, dopo il ricorso dello scrittore, che comunque non scontò la pena, annullata dalla Corte d’Appello di Oristano per incompatibilità territoriale. Consolatorio fu per Daoud il Premio Jean-Luc Lagardère come giornalista dell’anno, che Daoud vinse nello stesso anno.

L’accusa di islamofobia

In merito al famoso fatto delle violenze sessuali di massa avvenute in Germania nel Capodanno 2016, Daoud  rifletté sul quotidiano francese Le Monde, con l’artico Colonia, luogo di fantasie (31 gennaio 2016)  di come, a suo avviso, l’interpretazione radicale dell’islamismo sia la causa principale del “rapporto malato con le donne, con il corpo e con il desiderio nel mondo arabo”.

L’articolo sollevò aspre polemiche. Si formò un collettivo di antropologi, sociologi, giornalisti e storici che lo accusarono di islamofobia riproponendo  “i cliché orientalisti più triti”,  quando gli occidentalisti sono “massa malata” alla quale  bisogna “imporre i valori” a cominciare dal “rispetto delle donne”, interrompendo “il progetto scandaloso” e non soltanto “per l’insopportabile routine della missione civilizzatrice e per la superiorità dei valori occidentali che egli evoca”.

Lo scrittore rispose: “Penso che sia immorale offrirmi come foraggio per l’odio locale sotto il verdetto di islamofobia che oggi funge anche da inquisizione”.

Di contro si formò anche un sostanzioso gruppo di supporto per Doaoud di intellettuali, giornalisti, scrittori e personalità pubbliche fino all’allora primo ministro francese Manuel Valls.

Aggiungerà poi lo scrittore: “ L’incontro o meno con Dio è una questione intima, è un’esperienza che non possiamo condividere”, (v. Kamel Doaoud – fr.wikipedia).

La letteratura e i titoli più famosi

Kamel Daoud ha iniziato a pubblicare romanzi in Algeria all’inizio del nuovo Millennio. Il primo riconoscimento, il Premio Mohammed Dib risale al 2008. Il primo in Francia, invece è stato il  Premio François-Mauriac dell’Aquitania, nel 2014, seguito dal Goncourt Per il Primo Romanzo, nel 2015.

Tra i titoli più famosi della sua produzione letteraria ricordiamo: Meursault, contre-investigation 2013 , Zabor ou Les psaumes (2017), Le Peintre dévorant la femme (2018) e Houris (2024).

Dal 2020 Kamel Daoud è naturalizzato francese ed è il primo titolare della cattedra di scrittore residente presso l’ Istituto di studi politici di Parigi, con la scrittrice e psichiatra, Marie Darrieussecq.

 

Immagine:  il giornalista – scrittore Kamel Daoud; foto tratta  dalla pagina Facebook Groupe de soutien à Kamel Daoud

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