Italiani popolo di scrittori che non leggono

Tanti scrittori e pochi lettori. Con indici di lettura di nuovo in pesante calo. E con il digitale che non sfonda.

Eccola qua l’Italia vista dalla prospettiva che si può assumere sedendosi su un libro. Un punto di vista dal quale si possono avere un sacco di sorprese, non molte belle, in verità. Perché, occorre premetterlo, noi di AbbaNews non siamo neutrali su questo argomento: siamo accaniti lettori, ferventi sostenitori di una (quasi) ideologia pro-scrittura-lettura. Per questo, abbiamo raccolto qualche dato sul mondo dell’editoria proprio per scrivere questo articolo-richiesta di lettura.

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VIVA I GIOVANI – Partiamo dal primo dato veramente positivo: l’età della lettura. Gli italiani che leggono di più hanno tra i 15 e i 17 anni. Poi, il crollo. Dai 19 anni in poi la quota dei lettori cala cala cala, in modo più o meno drastico. Il che condensa in sé due tratti diversi. Il primo, tendenzialmente ottimistico: in effetti potrebbe anche darsi che stiamo assistendo alla nascita di una generazione di lettori. Il secondo, tendenzialmente pessimistico: non sarà che la scuola e il sistema educativo in genere non insegnino abbastanza a leggere, e quindi, in definitiva, “stanchino” gli italiani a tal punto da indurli poi ad abbandonare la lettura? Vedremo…

POCHI SOLDI, POCHI LETTORI – Gli italiani investono piuttosto poco in lettura. La spesa media che le famiglie dedicano all’approvvigionamento di libri – siano essi cartacei o digitali – è uno striminzitissimo 0.4% del totale. Che, detto in euro, fa circa 11 euro al mese procapite per famiglia. Un’inezia. Che però ben si accompagna con un altro dato capace di raccontare una penetrazione della lettura piuttosto scarsa: solo 14 italiani su 100 leggono almeno un libro al mese. Numero che va a braccetto con un altro, fornito dall’Istat: un italiano su due dice di non leggere più di tre libri in un anno.

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POCHI LETTORI, MA TANTI SCRITTORI – Eppure, la scrittura è invece un’attività che agli italiani piace tantissimo, quasi fosse un’ossessione cultural-narcisistica. Nel nostro Paese si pubblicano in media circa 164 libri al giorno, domeniche e festività comprese, ovvero circa 60mila titoli all’anno. Uno ogni mille abitanti. Se la scrittura fosse una malattia – e meno male che non lo è – grideremmo alla pandemia. E questo sfasamento tra scrittura e lettura, attività che verrebbe automatico immaginare di pari passo, è parecchio incentivata dalla rivoluzione digitale.

IL DIGITALE NON CI STA AIUTANDO – Perché ovviamente l’editoria digitale, con l’abbattimento sistematico e costante delle spese di pubblicazione, sta abbassando notevolmente le soglie di ingresso nel mondo editoriale visto dalla prospettiva di chi scrive (tanto da rappresentare il 91% delle novità pubblicate). Ma, stranamente, non fa lo stesso guardando il medesimo mondo dalla prospettiva di chi legge. Ovvero: pubblicare un libro digitale costa poco e, contemporaneamente, costa poco anche comprarlo. Ma, mentre i digital-scrittori aumentano, non fanno altrettanto i digital-lettori (anzi, stanno diminuendo: nel 2015 sono calati del 5.6%). In questo modo, l’editoria digitale aumenta l’offerta, ma non la domanda. Altro controsenso di non facile lettura…

IL COMPITO DEI GENITORI – “I genitori ti insegnano ad amare, ridere e correre. Ma solo entrando in contatto con i libri, si scopre di avere le ali” scriveva Helen Hayes. Ma non aveva molta ragione. Perché i genitori sono soprattutto proprio quelli che insegnano a leggere. Il dato è incontrovertibile osservando le abitudini di lettura dei ragazzi tra i 6 e i 14 anni. Ebbene, in quella sensibilissima fascia di età legge il 66.8% dei ragazzi che hanno entrambi i genitori lettori, contro un misero 30.9% di quelli che non hanno genitori appassionati di letture. Insomma: i genitori insegneranno anche ad amare, ridere e correre. Ma è fondamentale che insegnino anche a leggere…

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CONCLUDENDO – Gli italiani hanno ancora molto da fare per diventare un auspicabile popolo di lettori. Eppure, siamo un popolo di scrittori. E ne abbiamo avuti anche tanti meravigliosi. Diremmo, immortali. Come Umberto Eco. Che, proprio su questo, folgorò con uno dei suoi tantissimi aforismi, che scegliamo per concludere questo pezzo che – come abbiamo onestamente preannunciato in incipit – non è neutro né neutrale: “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria! Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’Infinito… perché la lettura è una immortalità all’indietro”. Quindi, viva la lettura.

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Una risposta

  1. Paola ha detto:

    Interessante ! Da ex-docente, l’articolo è anche un atto di accusa: se i ragazzi leggono fino al termine della scuola primaria, (probabilmente indotti dai prof), vuol dire che il modo in cui si cerca di indurre alla lettura è sbagliato ! Ho sempre creduto che potrebbe essere interessante dedicare alla lettura, in classe, un certo tempo : le ore di sostituzione per esempio. Quando un docente è assente, di solito si manda nelle classi dei docenti di altre discipline e spesso anche di altre classi, col risultato che sono ore “perse”. Un mio Preside, anni fa, aveva comprato dei libri e preparato un’aula allo scopo: aveva scelto libri di racconti, quindi leggibili in poco tempo ….. poi con la riduzione degli spazi, la sperimentazione finì, senza aver dato risultati statistici di un qualche valore. Potrebbe forse essere da ritentare ….

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