Qualche riflessione sulla riforma Gelmini a dieci anni dalla sua introduzione
Le riforme universitarie e scolastiche rappresentano la costante di un sistema educativo sempre in affanno verso ri-soluzioni che generano spesso ulteriori nodi da scegliere. abbanews.eu, attenta al mondo della formazione e della cultura, propone la riflessione dei professori Michele Ciavarella e Vincenzo Barone a 10 anni dalla introduzione della riforma Gelmini con l’intento di aprire un dibattito in un’ottica di confronto e di discussione volta al miglioramento dell’Accademia in senso lato.
Luci ed ombre del sistema universitario dopo 10 anni di riforma Gelmini
Michele Ciavarella (Politecnico di BARI) e Vincenzo Barone (Scuola Normale Superiore di Pisa)
La Riforma Gelmini ha introdotto per la prima volta i concetti di merito ed internazionalizzazione in una legge italiana ed è stata ispirata da criteri generali condivisibili, quali la razionalizzazione delle spese universitarie, una maggiore efficienza della governance ed un incentivo all’ingresso di giovani nelle carriere universitarie. Dopo dieci anni dalla sua introduzione, è forse opportuna qualche riflessione sui risultati ottenuti e sulla loro coerenza con i presupposti.
Se l’obiettivo generale era quello di contemperare il miglioramento di un livello medio di buona qualità con il rafforzamento dell’eccellenza, bisogna purtroppo osservare che troppo spesso il risultato è stato invece quello di privilegiare una aurea mediocritas sotto la guida benevola di potentati politici, che poco hanno a che fare con l’eccellenza. Appare dunque improcrastinabile l’individuazione di strade diverse in cui sia premiato il miglioramento contemporaneo del livello medio e delle punte di eccellenza.
Particolarmente grave quindi, il perdurante equivoco sulla valutazione della qualità della ricerca (VQR) e l’abilitazione scientifica nazionale (ASN). Entrambi gli esercizi, che utilizzano criteri statistici, sono appropriati solo per analizzare e, possibilmente, incentivare il miglioramento del livello medio, sono stati indebitamente utilizzati per definire l’eccellenza individuale, anche nel contesto internazionale
. L’effetto perverso di questo equivoco è stato quello di incoraggiare politiche di basso profilo e corto respiro, ulteriormente aggravate dalla fondazione di istituti pubblico-privati abbondantemente finanziati e non soggetti alle stesse regole delle istituzioni pubbliche. Ovviamente, tali istituti, che si sono peraltro concentrati sull’aspetto tecnologico e non su quello scientifico, si sono presto trasformati in enti finanziatori indipendenti piuttosto che in istituti di ricerca. Ancora una volta, l’equivoco tra trasferimento tecnologico e ricerca indipendente è stato utilizzato per penalizzare la seconda a discapito di un malinteso rafforzamento del primo.
Altro aspetto centrale è quello dell’equilibrio tra democrazia e competenza. Una carica di Rettore non elettiva (come avviene in UK e USA), indipendente dalla base elettorale, ma legata alla formulazione ed alla realizzazione di programmi strategici di ampio respiro, potrebbe essere una strada percorribile.
Ovviamente, una realizzazione efficace di tale strategia richiede la definizione di obiettivi generali di sviluppo dell’Università e della ricerca e l’utilizzo di efficaci meccanismi di premialità legati al conseguimento di tali obiettivi. In assenza di tali obiettivi, la situazione generale è stata ulteriormente aggravata dalla coincidenza della Riforma con un lungo periodo di tagli all’Università, mentre ogni eventuale aumento dei finanziamenti rischia di riprodurre un ennesimo ciclo di brevi fasi di ingressi ‘facili’ all’Università, seguite da lunghe fasi di severe restrizioni, senza nessuna possibilità di programmazione di medio e lungo periodo.
In conclusione, la scelta di procedure elettive per la governance, la mancanza di premialità per politiche di incentivo all’eccellenza, la sempre maggiore marginalità dei finanziamenti per la ricerca ‘curiosity driven’, l’inesistente mobilità dei docenti, il perdurante equivoco tra qualità media ed eccellenza appaiono in palese contrasto con gli obiettivi dichiarati della Riforma Gelmini. Sarebbe dunque importante sviluppare un ampio dibattito su questi temi per individuare gli opportuni correttivi ad un progetto i cui obiettivi dichiarati erano e rimangono ampiamente condivisibili.