Inquinamento acustico. Il Comune di Torino risarcisce i danni ai residenti
Potrebbe costituire un precedente per tutti i comuni italiani, la sentenza definitiva che condanna l’amministrazione di Torino a risarcire i residenti del quartiere San Salvario del capoluogo piemontese per i danni d’inquinamento acustico provocati dagli schiamazzi serali e notturni della movida.
E il Consiglio comunale di Torino ha deciso che le somme necessarie per la copertura dei risarcimenti proverranno dal fondo di accantonamento già stanziato nel bilancio previsione 2021.
La somma complessiva supera il milione di euro corrispondente, complessivamente, 40mila euro per ciascun residente (29 in tutto) che si è rivolto al tribunale, con i dati dell’Arpa che dimostravano ampiamente il superamento dei 60 decibel previsti dalla normativa nel periodo 10 aprile 2013 al 9 marzo 2020.
Nel settembre scorso la sentenza esecutiva del giudice della Corte d’Appello di Torino, dopo aver respinto la richiesta di sospensiva presentata dalla Città, che già condannata, cercava almeno di rimandare i risarcimenti.
Il sindaco Stefano Lo Russo preoccupato per la sentenza ha ricordato l’istituzione del coordinamento inter assessorile che dovrebbe permettere sia di preservare il diritto legittimo al riposo sia salvaguardare il divertimento sia, equivale a dire salvaguardare il lavoro delle attività commerciali attinenti. Una task force, riferisce torinotopnews.it formata da alcuni assessori comunali che dovrebbero individuare le misure idonee per corrette “politiche della notte” per Torino.
Le ragioni dei residenti
I 29 cittadini ricorrenti del quartiere San Salvario hanno contestato al Comune di non aver adottato negli anni i provvedimenti efficaci per contrastare i rumori e gli schiamazzi della movida del quartiere.
Dal 2006, in occasione dei lavori realizzati per le Olimpiadi invernali d Torino, il quartiere è andando man mano trasformandosi in uno dei luoghi prediletti dal popolo della movida torinese con la graduale apertura di ristoranti, wine e cocktail bar, enoteche e di conseguenza i minimarket che vendono le bevande ad asporto e le rivendite di street food, venditori ambulanti e i dehors che vanno estendendosi dai marciapiedi alle strade.
Il danno per inquinamento acustico, con le citate misurazioni compiute dall’Arpa anche in assenza di danno biologico, è stato riconosciuto ai ricorrenti che hanno chiesto:
– di ordinare al Sindaco, in base a quanto previsto dall’art. 844 c.c., di far cessare le immissioni sonore eccessive o di adottare le misure necessarie per riportare i rumori nei limiti della normale tollerabilità;
– di ordinare al Comune, ai sensi dell’art. 614 bis c.p.c., di pagare una penale in favore di ciascun attore di 48,00 euro per ogni giorno di ritardo dell’adempimento suddetto;
– di condannare il Comune a risarcire a ciascuno un danno non patrimoniale da liquidarsi in via equitativa in misura non inferiore a 62.400 euro in relazione al periodo di danno precisato nel ricorso introduttivo o nella maggiore o minore somma ritenuta di giustizia (oltre interessi e rivalutazione monetaria). Risarcimento che in ogni caso non può essere inferiore a 12.480,00 euro ciascuno o parte di questo, pari a 48 euro giornalieri per il periodo di danno indicato nel ricorso o nella maggiore o minore somma ritenuta di giustizia.
Il richiamo alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali
Inoltre, riferisce studiocataldi.it, i ricorrenti hanno richiamato anche l’artico 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, che “tutela il diritto di ciascuno al rispetto della propria vita privata e familiare”.
Infine hanno rammentato “gli effetti negativi dell’inquinamento acustico attraverso richiami a leggi nazionali ed europee e ricordando che il Comune, come qualsiasi proprietario, deve rispettare i limiti sanciti dell’art.844 c.c. in materia d’immissioni”.