Alberto Angela, la Circolare del Viminale, noi e il caso
Nella puntata di Ulisse (Rai1) dedicata al rastrellamento del quartiere ebraico di Roma – avvenuto il 16 ottobre 1943 – e ripercorrendo la storia della Shoa, Alberto Angela ha parlato spesso del caso. È soltanto un caso se alcuni, pochissimi, tra i milioni di vittime ne siano usciti vivi. “La sopravvivenza nei campi di sterminio” ricorda Angela – non era prevista”.
Ed è sicuramente un caso che la puntata di Alberto Angela, seguitissima dai telespettatori, sia andata in onda solo poche ore dopo la diramazione della Circolare del Viminale che dispone il trasferimento dei migranti accolti nei centri del Comune calabrese di Riace, modello mondiale d’integrazione e di accoglienza e il giorno dopo del grave episodio di Lodi, il cui regolamento comunale impone ai cittadini stranieri una burocrazia che allontana l’accesso ai figli degli stranieri alle agevolazioni per la mensa e i trasporti scolastici.
La scansione temporale tra la circolare del Viminale e la trasmissione di Angela è casuale, ma sta risvegliando le coscienze: inevitabilmente immediata la riflessione sul passato che ci riporta al presente, paragonare il primo con l’attualità.
A 80 anni dalla promulgazione delle leggi razziali del 1938, a 70 dalla pubblicazione del Manifesto dei Diritti dell’Uomo, conseguente agli orrori prodotti dai regimi nazifascisti e dalle macerie della Seconda Guerra Mondiale, noi figli della democrazia e della pace, abbiamo il diritto-dovere di preservare sia l’una sia l’altra, di dimostrare di aver appreso la lezione della storia.
“Dobbiamo parlare di queste cose – ha detto Angela – perché non vengano dimenticate. Dall’ex Yugoslavia al Ruanda i genocidi hanno continuato a esistere. Chi si occupa di Storia sa che con il passare delle generazioni i fatti si stemperano ma non deve succedere. Quel che è accaduto ai tempi dei nostri nonni, non lontanissimi, può accadere di nuovo. Ricordare è un vaccino, significa creare anticorpi affinché non accada mai più.”.
Brava!