Bioeconomia e l’Italia va
Buone notizie per l’Italia dal comporto della bioeconomia. Secondo il IV Rapporto sulla Bioeconomia in Europa, presentato a Palermo il 16 marzo 2018, il Bel Paese occupa il 3° posto, dopo la Germania e la Francia e il settore vale 260 miliardi di euro.
La bioeconomia racchiude i settori che trattano materie prime rinnovabili di origine biologica.
Il Rapporto rileva la tendenza italiana in crescita grazie ai mercati esteri e alle “componenti più innovative”, come testimonia il buon numero delle start-up operative nel settore. Per la prima volta censite, le start-up innovative nell’ambito della bioeconomia sono 576, pari al 7% del totale delle start-up iscritte nell’apposito Registro, ed operano nel settore alimentare, agricolo, acqua, energia, rifiuti e chimica bio-based.
Bio-based: soluzioni per la chimica verde e opportunità di lavoro
L’economia bio based (che introduce nuove sostanze chimiche e/o nuovi processi tecnologici), oltre a offrire soluzioni per la chimica verde e per l’economia circolare, fornisce opportunità di lavoro nelle aree rurali. Infatti, il Rapporto segnala la presenza di start-up specializzate in bioeconomia nel Mezzogiorno, in particolare in Puglia, Sicilia e Sardegna.
Lo sviluppo della componente bio-based si registra nel comparto dell’energia e idrico.
Il bio-based dell’energia (biocarburanti e produzione di energia elettrica da fonti biologiche, rientra nell’espansione generale delle fonti rinnovabili (fotovoltaico, idrico, eolico e geotermico) che in Italia, dal 2008, ha subito un’accelerazione tale da arrivare a coprire il 7% della produzione nazionale.
Nel settore idrico, lo studio evidenzia la tecnologia che permette la depurazione delle acque e la conseguente produzione dei fanghi, i quali rappresentano una fonte importante di biomassa. Dai fanghi, infatti, si può ricavare energia (biogas e biometano), singoli nutrienti (come il fosforo) e biomateriali (bioplastiche). Tecnologia finora sottoutilizzata, ma che, secondo lo studio, riceverà presto nuovo impulso dal recente decreto sul biometano.
Da segnalare poi le attività legate alle risorse biologiche marine. Riferisce il Rapporto che l’Italia si posiziona al 3° posto (preceduta dalla Norvegia e dalla Spagna) per il “valore aggiunto nel settore della pesca e acquacoltura con una occupazione di circa 20 mila addetti, mentre interessanti sviluppi sono attesi dallo sfruttamento delle alghe e dei batteri marini”.
Il settore più importante
Infine, il settore più importante della bioeconomia italiana “in termini di valore di produzione”: l’industria alimentare, delle bevande e del tabacco che copre il 51% pari a un valore di 132 miliardi di euro, in crescita rispetto al 2015 di 2 miliardi”.
“I dati – conclude il Rapporto – confermano l’importanza e le potenzialità della bioeconomia italiana, che negli ultimi anni ha saputo fornire modelli fortemente innovativi, sistemici, sostenibili e, al tempo stesso, competitivi”.
Il Rapporto è stato elaborato dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, Cluster della Chimica verde Spring, da Assobiotec, l’Associazione Nazionale per lo Sviluppo delle Biotecnologie, in collaborazione con l’Università degli Studi di Palermo.