Robert Pruett. La 20° esecuzione di pena di morte negli Stati Uniti del 2017
A 2 giorni dalla Giornata mondiale contro la pena di morte, lo Stato del Texas (USA) ha eseguito la 6° condanna a morte – 20° negli Stati Uniti – del 2017.
L’esecuzione è avvenuta il 12 ottobre 2017, a distanza di un’ora dalla sentenza negativa della Corte Suprema alla sospensione della condanna. Il detenuto, Robert Pruett (nella foto a lato) è stato sottoposto all’iniezione letale alle h. 18,46 ora locale. Era stato condannato con l’accusa di aver ucciso, nel 1999, il poliziotto penitenziario Daniel Nagle, presso la prigione di San Antonio, dove Pruett stava scontando la pena di 99 anni, per supposta complicità, dell’omicidio compiuto dal padre, di un vicino di casa; una controversa legge texana vuole, infatti, che il complice abbia la stessa condanna dell’autore del reato. Allora Pruett aveva 15 anni, la sua condanna a 99 anni, pari a un ergastolo, fu molto critica: era giusto punire, senza dare nessuna speranza a un adolescente? E, ancora, era giusto che un minorenne fosse condannato a un carcere per adulti?
La seconda condanna, quella a morte, priva di prova certe
Anche la colpevolezza della seconda condanna – la morte del poliziotto penitenziario che l’ha portato all’iniezione letale – non è stata correlata da prove certe. Contro di lui ci furono soprattutto le testimonianze degli altri detenuti. La vittima, Daniel Nagle fu trovata priva di vita in una pozza di sangue. Aveva appena scritto una nota disciplinare contro Robert Pruett: il motivo, secondo gli investigatore che aveva portato Robert a colpire il poliziotto.
Pruett, invece, si è sempre dichiarato innocente, sostenendo di essere vittima di una trappola tesagli dagli altri detenuti in combutta con agenti corrotti, che ottennero dei benefici per aver testimoniato contro di lui.
Nel 2013 Pruett, alla prima programmazione dell’esecuzione, ottenne che fossero effettuate le analisi del DNA degli abiti che indossava nel momento della morte dell’agente, sull’arma dell’omicidio e sulla nota disciplinare. Le analisi non furono esaurienti, ma non provarono la presenza di Pruett sulla scena del delitto. Tuttavia quest’ultimo elemento non venne considerato sufficiente per impugnare il verdetto della pena di morte.
In carcere a 15 anni. Non ha vissuto in solo giorno da adulto, libero
Robert Pruett era figlio di una madre tossi dipendente e di un padre che viveva di espedienti e che spesso finiva in carcere. Storia di ‘ordinaria povertà statunitense’, a sette anni iniziò ad assumere narcotici e a spacciarli nella scuola primaria.
In prigione ha scritto la sua autobiografia, stralci della quale sono stati pubblicati dalla rivista Current Affairs. Scrive Robert: “Se a 15 anni, per legge, non potevo uscire dopo le 23, vedere film per adulti, né fumare, né bere, né possedere un’arma, né portare la macchina e tantomeno farmi un tatuaggio, perché allora sono stato ritenuto in grado di prendere decisioni che avrebbero segnato il resto della mia vita? Avevo l’età per trascorrere il resto della mia vita in carcere?” contraddizioni, aggiungeva che gli risultavano inspiegabili.
Le ultime parole, prima dell’esecuzione della pena di morte, così come sono state trascritte e consegnata alla stampa dal dipartimento di Giustizia criminale del Texas sono state: “Ho fatto del male a molte persone e altrettante persone lo hanno fatto a me. Ma la vita non termina qui, continua per sempre. Ho dovuto conoscere la vita in un modo molto duro. Un giorno non ci sarà bisogno di fare del male alle persone”.
Robert Pruett aveva 38 anni. Finito in carcere a 15 anni, non ha trascorso un solo giorno da adulto in libertà.