Nobel per la Pace. Tra Covid19 e diritti dell’uomo
Il 4 ottobre 2021 è iniziata l’assegnazione dei premi Nobel. Il giorno dopo la piacevole sorpresa del riconoscimento per la Fisica al nostro Giorgio Parisi che lo condivide con il giapponese Syukuro Manabe e il tedesco Klaus Hasselmann per i contributi “alla comprensione dei sistemi fisici complessi”.
Ma, come ogni anno, tra i più attesi c’è il Nobel per la pace.
Sapremo chi lo riceverà il prossimo 8 ottobre; sapremo quale persona o organizzazione, “ha fatto di più o meglio, per promuovere la comunione tra nazioni, l’abolizione o la riduzione di eserciti permanenti e l’istituzione e la promozione di congressi per la pace” come disse Alfred Nobel quando lo istituì all’inizio del secolo scorso.
La candidatura italiana
In lizza 329 tra persone o organizzazioni. Tra questi la candidatura per gli operatori sanitari italiani, che si sono distinti durante la fase acuta del Covid-19. Una’autentica novità la candidatura del personale sanitario di un paese.
Il comitato per il premio norvegese ha accolto la proposta della Fondazione Gorbachev di Piacenza:“Essendo stato il personale socio-sanitario il primo nel mondo occidentale a dover affrontare una gravissima emergenza sanitaria, durante la quale ha fatto ricorso ai rimedi della medicina di guerra, combattendo in trincea per salvare vite e spesso perdendo le loro”.
Per il portale della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici (FNOMCeO – fnomceo.it) dall’11 marzo 2020 al 22 settembre 2021 sono 363 i medici deceduti per curare i pazienti con il Covid19, tra cui , alcuni medici pensionati ritornati in campo per l’emergenza; oltre agli 83 infermi a marzo 2021, secondo la Federazione professionale di riferimento FNOPI.
La shortlist di Oslo
Se prestiamo attenzione alle previsioni, il corpo sanitario nazionale non è tra i favoriti. Non figura nella shortlist che il direttore dell’Istituto di Ricerca per la Pace di Oslo, Henrik Urdal, pubblica ogni anno, dall’assunzione della carica nel 2017, come è tradizione dell’Istituto.
Affidabilità delle notizie. Protezione per la stampa seria e libera
Per l’esimio professore il Nobel dovrebbe essere assegnato a quelle organizzazioni giornalistiche che garantiscono l’accesso del pubblico alle informazioni affidabili; sarebbe quindi un premio a chi è di fatto una “pietra angolare della risoluzione pacifica dei conflitti” come:
Reporter Senza Frontiere (Reporter senza frontiere – RSF), International Fact-Checking Network (IFCN) e il Comitato per la protezione dei giornalisti (CPJ) gruppo di controllo che “protegge i giornalisti in crisi e raccoglie i dati sui quelli attaccati o uccisi”.
In nome della democrazia e dei diritti umani
Bielorussa
Svetlana Tikhanovskaya, leader dell’opposizione bielorussa (attualmente in esilio), meriterebbe il Nobel per il suo “ruolo concreto nella campagna per la democrazia in Bielorussia sia come figura di spicco del movimento pro-democrazia in Bielorussia”.
Così come Maria Kalesnikava, attivista e membro del presidium del Consiglio di coordinamento, attualmente detenuta e Veranika Tsapkala, attivista e membro di spicco della campagna presidenziale della Tsikhanouskaya;
Contro i regimi autocratici e a favore degli Uiguri e Hong Kong
Ilham Tohti. È importante che l’Accademia di Oslo “contribuisca a un discorso pubblico e informato sulle ramificazioni dei regimi autocratici e dell’ingiustizia etnica per la pace e il conflitto”.
Un premio Nobel per la pace per un attivista cinese, quale è lo studioso Ilham Tohti, che fa campagna contro la repressione degli uiguri in Cina, aiuterebbe “a evidenziare ulteriormente la situazione in corso di questa minoranza etnica oppressa e invierebbe un segnale alle autorità cinesi che la comunità internazionale sta osservando”.
Lo studioso è in carcere dal 2014; la figlia Jewher Ilham in nome del padre “continua a sostenere le questioni uigure: è la voce di Tohti che in tal modo resta un “potente simbolo e motivatore per gli uiguri e coloro che li sostengono”.
Hong Kong
“Assegnare un premio per la pace ai sostenitori della democrazia a Hong Kong – prosegue il professore Henrik Urdal – sarebbe opportuno per la rapida erosione dello status semi-autonomo della regione, compresa l’adozione della legge sulla sicurezza nazionale di Hong Kong nel giugno 2020.
Un candidato degno sarebbe Nathan Law Kwun-chun, leader di quella che è diventata nota come la Rivoluzione degli ombrelli nel 2014. “Eletto al Consiglio legislativo di Hong Kong nel 2016 come il suo più giovane legislatore di sempre e attualmente in esilio nel Regno Unito. Law e i suoi compagni attivisti Agnes Chow Ting e Joshua Wong Chi-fung sono diventati figure di spicco nel movimento pro-democrazia a Hong Kong.”
Per il Medio-Oriente: una soluzione pacifica e giusta
B’Tselem e il Centro palestinese per i diritti umani (PCHR). “Il dialogo politico tra le due parti (Palestina e Israele, ndr) è di fatto crollato. Queste organizzazioni hanno svolto un lavoro importante documentando e diffondendo informazioni sulle violazioni dei diritti umani nei territori palestinesi occupati, contribuendo a sensibilizzare in Israele e altrove sulla necessità di raggiungere una soluzione pacifica e giusta”.
Unità fra le nazione per affrontare la crisi climatica: minaccia globale
Candidati idonei, infine, la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) e il suo segretario esecutivo, Patricia Espinosa.
“L’UNFCCC è il trattato madre del Protocollo di Kyoto del 1997 e dell’Accordo di Parigi del 2015 e ha un’adesione quasi universale con oltre 190 parti – conclude il professore -. Il suo segretariato svolge un ruolo essenziale nel coordinare la risposta globale ai cambiamenti climatici. Insieme stanno dando un contributo inestimabile alla costruzione della fraternità tra le nazioni di fronte a una pressante minaccia globale”.
Immagini: 1)Nobel per la Fisica 2021: Giorgio Parisi. Nobel per la Pace, candidati: 2) sanitari italiani,; 3) Henrik Urdal, direttore dell’Istituto di Ricerca per la Pace di Oslo che assegna il premio, pubblica ogni anno la shortlist; 4 e 5) altri candidati: i leader della Rivoluzione degli ombrelli di Hong Kong e Patricia Espinosa segretaria esecutivo della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC)